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Intervento dell’On. Alessandro Pagano alla 68^ Assemblea Generale AssoDistil. Roma 26 Giugno 2014.

 

 

 

 

 

Il mercato italiano delle bevande alcoliche: un settore industriale da tutelare


Il patrimonio economico, sociale e culturale rappresentato dal settore delle bevande alcoliche è a rischio, anche alla luce di alcune criticità che impongono riflessioni adeguate:

a)        I consumi di bevande alcoliche sono strutturalmente in calo a partire dal 1975, basti pensare che la categoria liquori ha registrato un calo superiore al 60%;

b)        L’incremento ravvicinato dell’IVA dal 20 al 22% impatta sul prezzo dei prodotti destinati al consumatore finale contribuendo a determinare un ulteriore calo delle vendite;

c)         L’aumento progressivo delle accise – previsto dal 10 ottobre 2013 e che, al 1° gennaio 2015, arriverà a un incremento complessivo di circa il 30% – rischia di provocare pesanti ripercussioni sia in termini di vendite che di sostenibilità del comparto.

d)        Il contesto economico e sociale – sempre più preoccupante in tutto il mondo e in particolare in Italia – aumenta le difficoltà e le problematiche del comparto. Inoltre, la contrazione del credito alle imprese applicata dagli istituti bancari italiani si attesta tra le più rigide in tutta Europa.

•          Un aumento delle accise sui liquori, seguito, in particolare, dall’effetto a cascata di un aumento dell’IVA, comporterà un aumento dei prezzi.

•          Data l’attuale situazione economica, in un mercato italiano particolarmente sensibile alla variazione dei prezzi, ciò porterà i consumatori a rivolgersi verso prodotti più economici.

•          In caso di spostamento dei consumatori verso prodotti economicamente più convenienti, l’imponibile IVA diminuirebbe, riducendo complessivamente il gettito atteso.

•          I consumatori potrebbero sostituire il consumo di alcolici pesantemente tassati a favore della birra (che ha una tassazione inferiore) o del vino (non soggetto a tassazione), erodendo ulteriormente le basi imponibili delle accise e dell’IVA.

•          I consumatori potrebbero rivolgersi verso prodotti illeciti più economici, non solo privando lo Stato delle sue entrate e incrementando l’economia sommersa, ma rappresenterebbe altresì un aumento dei rischi per la salute.

•          La diminuzione del consumo di liquori si ripercuoterà sull’economia del settore direttamente (fornitori di beni e servizi per la produzione e commercializzazione delle bevande alcoliche) e indirettamente collegata all’industria degli alcolici (Ho.Re.Ca.).

•          Nessuna misura impositiva rivolta a discriminare una categoria di bevande alcoliche rispetto ad un'altra con motivazioni legate alla salute dei consumatori può trovare giustificazione: l’alcol è alcol, in qualunque forma esso si presenti. Ciò che differisce è la concentrazione presente nelle diverse tipologie di bevande alcoliche.

SEZIONE I – IL MERCATO DELLE BEVANDE ALCOLICHE E GLI EFFETTI DELLA LORO TASSAZIONE

1. I consumi di bevande alcoliche in Italia

Anche nel 2012 si è confermato, con particolare riferimento al segmento degli spirits, il trend negativo del consumo di bevande alcoliche.

Le accise e l’IVA sulle bevande alcoliche

In Italia le due principali categorie interessate sono quelle dei liquori e della birra; come noto, infatti, il vino è esentato da qualunque tassazione.

Sul settore delle bevande alcoliche pesano le recenti disposizioni introdotte con il c.d. “Decreto Cultura”  e il c.d. “Decreto Scuola”  che definiscono nuovi livelli di accisa per di diversi segmenti:

Imposizione fiscale: da ottobre 2013 a gennaio 2015 +30 %

Gettito:  -18 % a regime (-22 %) gennaio 2015

Tali nuovi livelli, con particolare riferimento al segmento liquori, rappresentano un significativo incremento di tassazione, il cui effetto complessivo, a gennaio 2015, si avvicina a +30%. Già oggi l’incremento sfiora il +19%-

Tali incrementi, secondo le relazioni tecniche dei due decreti, dovrebbero produrre i seguenti effetti di maggior gettito erariale:

Rispetto al gettito erariale accertato derivante dalle accise gravanti sul segmento liquori, è opportuno evidenziare:

- un calo strutturale del gettito nel periodo 2006-2013 con una riduzione dello stesso pari a 145 milioni di euro;

- un evidente crollo del gettito nel periodo 2012–2013, negli ultimi mesi del 2013 (-7,26%) nonostante l’aumento dell’aliquota di accisa entrata in vigore dal 10 ottobre 2013.

Anche l’analisi puntuale dell’andamento del gettito mensile evidenzia come, nonostante l’incremento dell’aliquota di accisa dal 10 ottobre 2013, non si sono prodotti gli effetti attesi sul gettito.

Sebbene i mesi di Ottobre e Novembre 2013 abbiamo registrato un gettito leggermente superiore a quello relativo agli stessi mesi del 2012, nel mese di Dicembre 2013 si è assistito a un crollo del gettito rispetto a Dicembre 2012: -28 milioni (-26,9%). Questi dati dimostrano i comportamenti di stoccaggio da parte dei clienti spirits che hanno aumentato gli ordini precedentemente all’aumento di accisa: esaurito il vantaggio speculativo (prevalentemente riconducibile al primo aumento di Ottobre 2013 perché più impattante in termini percentuali) il mercato è crollato e, di conseguenza, anche il gettito.

Complessivamente l’ultimo trimestre 2013 ha evidenziato una riduzione del gettito pari a 11 milioni di Euro rispetto allo stesso periodo 2012: non solo, quindi, non sono stati raggiunti gli obiettivi di maggior gettito attesi dai provvedimenti che hanno portato all’incremento delle accise ma, addirittura, si è verificata una riduzione del gettito stesso.

I dati disponibili sul settore della birra, invece, evidenziano una sostanziale tenuta del gettito 2013.

Da un raffronto complessivo tra le quote di mercato e il contributo in termini di gettito relative all’anno 2013 emerge come il settore dei liquori, pur essendo di gran lunga la categoria con la quota di mercato inferiore (3,6% dell’intero settore degli alcolici), è quella che offre – da sola – oltre la metà del gettito delle accise (51,5%).

4. Gli effetti della tassazione sul settore delle bevande alcoliche

a. Effetti sull’industria

In questo momento lo spropositato aumento delle accise sull’alcol (che va a impattare sul prezzo finale del prodotto e, pertanto, anche sul consumatore) danneggia ulteriormente il settore, incidendo negativamente sulle vendite.

In più occasioni – nel ribadire il parere contrario per qualunque copertura economica da raggiungere attraverso un aumento delle accise sulle bevande alcoliche – il Ministero dell’Economia e delle Finanze e la Ragioneria dello Stato avevano evidenziato come l’elasticità della domanda relativa a tali beni provocherebbe una drammatica contrazione delle vendite e dei consumi totali e, di conseguenza, minori entrate per l’Erario:

   - “sul criterio di copertura proposto, si esprime parere contrario”;

   - l’incremento consistente della tassazione “determina […] sicuri effetti regressivi”;

       1 - “diminuzione dei consumi”;

       2 - “conseguente aumento del consumo illegale”.

Da considerare, inoltre, che qualsiasi aumento della tassazione determina anche un rilevante incremento di altri oneri a carico delle imprese. Come noto, infatti, le aziende del settore si avvalgono di cauzioni o fidejussioni per l’importo dell’accisa gravante sulle loro produzioni: va da sé che un suo eventuale aumento determinerebbe automaticamente l’obbligo di aumentare anche l’entità della stessa fidejussione o cauzione – con oneri assicurativi e bancari rilevanti – o di ridurre la capacità produttiva. Altri oneri, infine, sono determinati dall’anticipazione dell’accisa dovuta rispetto ai termini di pagamento dei prodotti: ancora una volta, le aziende dovrebbero far fronte all’esigenza di una maggiore liquidità per il versamento dell’accisa il cui importo verrebbe rimborsato nei pagamenti delle fatture in un periodo ben successivo.

b. Conseguenze sull’indotto

Inoltre, tra i sicuri effetti negativi derivanti dal calo delle vendite a seguito dell’innalzamento delle accise, si segnala l’inevitabile contrazione di tutte le economie legate al comparto in un contesto dove le aziende (e le supply chain che per esse lavorano) – già provate dalla crisi – sarebbero costrette a ridurre proporzionalmente produzione, investimenti e posti di lavoro.

c. Alimentazione di un mercato illecito (contraffazione e contrabbando)

Un ulteriore rischio collegato ad un aumento del prezzo attraverso l’innalzamento della tassazione è quello di facilitare la pratica della contraffazione delle bevande alcoliche. Infatti, laddove i prezzi fossero ancora innalzati dalla tassazione, si agevolerebbe l’operato di organizzazioni criminali con il duplice effetto di danneggiare non solo il bilancio dello Stato (eludendo ogni forma di tassazione), ma, cosa ancora più grave, la salute stessa dei cittadini, considerato il fatto che i prodotti immessi illegalmente sul mercato non prevedono, giocoforza, alcun controllo di qualità.

Sezione II – Alcol e Salute

L’Italia presenta il valore di consumo annuo pro capite di alcol più basso della UE; questi dati trovano conferma anche nella più importanti e recenti relazioni del Ministero della Salute (“Relazione per l’Anno 2013 sugli interventi realizzati ai sensi della legge in materia di alcool” e “Relazione sullo Stato Sanitario del Paese - 2009-2010”).

“Tra i Paesi dell’Unione Europea l’Italia occupa il posto più basso nella graduatoria relativa al consumo annuo pro capite di alcol puro, cioè di alcol consumato tramite tutti i tipi di bevande alcoliche […]: tale parametro nel 2009 ha raggiunto i 6,94 litri, valore che si presenta in costante calo - molto maggiore di quello registrato dalla media dei Paesi dell’Unione Europea - e consentirà presumibilmente all’Italia di raggiungere il livello di consumo raccomandato dall’OMS per l’anno 2015 (6 litri l’anno per la popolazione al di sopra dei 15 anni e 0 litri per quella di età inferiore).”

(dalla Presentazione alla Relazione, Ministro della Salute, On. Beatrice Lorenzin)

Qualora i consumi di alcol in Italia mantenessero lo stesso trend regressivo, entro 30 anni il consumo di Alcol nel nostro paese sarebbe pari a 0.

Fonte: WHO/Europe, European HFA Database, Luglio 2012

* La fonte non riporta i valori di Belgio, Lettonia e Portogallo

Il quadro d’insieme che emerge dalla Relazione del Ministero della Salute per l’Anno 2013 evidenzia come siano stati compiuti significativi passi avanti sia in termini di contrasto dei fenomeni di abuso e consumo scorretto di bevande alcoliche, che di prevenzione ed educazione verso un consumo generalmente più moderato e responsabile.

Secondo la Relazione del Ministero della Salute, nel 2012 la quota complessiva di consumatori a rischio  (13,8%) appare notevolmente ridotta rispetto a quella rilevata dall’ISTAT nel 2011 (15,2%) e conferma l’andamento discendente dei consumi a rischio in atto dal 2010.

Queste evidenze sono state confermate da una minor incidenza non solo dei fenomeni di guida sotto l’effetto dell’alcol ma, soprattutto, dai segnali concreti di una diminuzione tra i più giovani del fenomeno tipicamente nord-europeo del c.d. “binge drinking” , la cui incidenza evidenzia un sensibile decremento.

Nel 2012, tra gli uomini, il valore di prevalenza ha raggiunto il minimo storico (11,1%) rispetto a tutte le rilevazioni precedenti ed è diminuito rispetto al 2011 (-1,1%); tra le donne invece non si registrano variazioni statisticamente significative rispetto ai precedenti anni in cui è stata condotta l’indagine.

1. I rischi derivanti dalla tassazione: a rischio la salute e la legalità

Spesso, per far fronte ai problemi c.d. “alcol-correlati”, si identificano misure impositive – addizionali rispetto all’accisa e all’IVA – finalizzate a perseguire obiettivi di “salute pubblica” al fine di limitare il consumo di alcol.

Agire sulla sola leva del prezzo per diminuire i consumi presso i target “critici”, come ad esempio i bevitori seriali, non si è mai dimostrata, sulla base delle evidenze disponibili, una scelta sostenibile:

-           i consumatori passeranno da prodotti di maggiore qualità ma più costosi a prodotti più economici ma qualitativamente inferiori;

-           si ridurrà il consumo effettuato fuori casa (pub e bar) mentre aumenterà l'acquisto di alcolici al supermercato;

-           aumenterà l’acquisto di bevande alcoliche illegali con il conseguente aumento dei rischi per la salute oltre che il crollo del gettito erariale;

-           in alcune Zone di Confine, aumenterà il numero di persone che acquisteranno prodotti a minor costo in nazioni limitrofe;

In estrema sintesi, alzare i prezzi - attraverso misure impositive volte alla tutela della salute pubblica - provoca degli “effetti collaterali” non solo all’interno del mercato ma, soprattutto, sulla salute dei consumatori e sul gettito fiscale.

Un alto livello di tassazione può incoraggiare, inoltre, attività illegali come il contrabbando, la produzione illegale, la contraffazione e l'introduzione di prodotti adulterati sul mercato.

Diversi studi dimostrano, ad esempio, che i consumatori a basso reddito tendono a passare a bevande prodotte illegalmente con conseguenze pericolose per la salute.

Alcuni di questi “sostituti meno costosi” sono, infatti, prodotti a base di metanolo ed altre sostanze nocive. Nel settembre 2012, ad esempio, si è assistito ad una serie di decessi nella Repubblica Ceca proprio a causa del consumo di alcol illegale prodotto contaminato con il metanolo (circa 30 persone sono morte e decine di altri hanno subito gravi malattie).

2. L’alcol è alcol, non va discriminato.

Importante, infine, ricordare il principio di non discriminazione tra le bevande alcoliche (vino, birra e spirits): l’alcol è alcol a prescindere dalla bevanda alcolica nella quale è contenuto. Ciò che differisce è solo la concentrazione di alcol che varia a seconda della tipologia di bevanda alcolica. È tuttavia importante ricordare che in determinate quantità le bevande alcoliche contengono la stessa quantità di alcol.

Tutta la letteratura medica “concorda”, al contrario, sul principio di non discriminazione e le Istituzioni sanitarie, sia a livello nazionale che sovranazionale, lo hanno a più riprese ribadito.

La “Relazione annuale sull’alcol e i problemi alcol-correlati” del Ministero della Salute, peraltro, ha evidenziato come nel 2011 la bevanda alcolica maggiormente consumata dai soggetti presi in carico presso i Servizi per le tossicodipendenze (Sert) o i gruppi di lavoro è il vino (53,2%), seguito dalla birra (25,8%), dai superalcolici (11,8%) e dagli aperitivi, amari e digestivi (5%). Appare ingiustificata, quindi, la volontà di incrementare la tassazione su alcuni segmenti di bevande alcoliche (v. spirits) perché considerata funzionale alle politiche di contenimento dei problemi alcol-correlati.

Sezione III – Il fattore Italia: il “made in Italy” da tutelare

 1.         L’italianità del settore

Appare opportuno evidenziare come – all’interno dell’intera filiera alimentare italiana – il settore vitivinicolo rappresenta il principale esportatore di prodotti: vini, mosti, acquaviti e liquori, rappresentano circa 1/4 delle esportazioni alimentari.

 

 

 

 

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