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Pillola RU 486

 INTERROGAZIONE A RISPOSTA URGENTE

Al Ministro del Lavoro, Salute e Politiche Sociali

Premesso che:

- la pillola abortiva Ru486 è conosciuta negli Usa con l'appellativo di kill pill e questo perché ha provocato la morte di numerose donne a causa della sua alta pericolosità, troppo spesso sottovalutata sia dai medici che la consigliano e sia dalle donne che l'assumono quasi come se fosse un normale contraccettivo;

 

- si è potuto verificare, negli Stati in cui tale farmaco viene utilizzato ormai da anni, che il rischio di morte dopo l'aborto provocato con la somministrazione della pillola RU486 è di 10 volte maggiore rispetto a quello che si può avere con un'interruzione di gravidanza eseguita chirurgicamente;

- questa settimana il Consiglio di amministrazione dell'Aifa, l'Agenzia del farmaco, potrebbe dare il definitivo via libera alla somministrazione della RU486, avendo già espresso parere tecnico scientifico positivo sull'utilizzo della stessa. Questo comporterebbe che anche all'interno delle nostre strutture sanitarie si possa procedere ad affiancare all'interruzione volontaria di gravidanza eseguita chirurgicamente anche questa del tutto chimica, e non più solo in via sperimentale;

- alcune Aziende ospedaliere, già in passato, hanno utilizzato questo farmaco secondo criteri "fai da te" non rispettando la legge 194/1978, la quale impone che l’interruzione della gravidanza avvenga all’interno di strutture sanitarie pubbliche;

- durante l’aborto con la pillola Ru 486 avviene che quasi sempre le donne possono vedere l’embrione abortito: sono loro, infatti, a dover controllare personalmente il flusso emorragico, in ospedale o anche a casa. Questo traumatico particolare non viene quasi mai detto alle donne che si sottopongono all’aborto chimico, così come non viene detto anche a quelle che scelgono il metodo chirurgico, che l’interruzione di gravidanza può provocare danni psicologici di lunga durata;

- mai come in questo caso, quindi, risulta fondamentale che vi sia un consenso informato da parte della paziente, che non si può limitare ad una pura formalità, ma occorre per chi si sottopone a un intervento di questo tipo che le informazioni fornitegli dal medico siano le più esaustive possibili rispetto ai rischi sia per la propria vita, a seguito dell’assunzione della RU486 e dell’associato misoprostolo sia della necessità - in alcuni casi – di dover ricorrere anche all’aborto chirurgico, sia rispetto alle possibili conseguenze psicologiche;

- considerando le modalità con cui avviene l'aborto chimico, è molto probabile che abortirà spesso a casa o comunque fuori dalla struttura sanitaria. Questo perché attualmente il ricovero della paziente è previsto solo dopo la somministrazione della Ru486 e non anche del misoprostolo dopo 36- 48 ore. Nella maggior parte dei casi, come è emerso anche dal periodo di sperimentazione presso l'ospedale di Torino, dopo aver preso la prima pillola il 90% delle donne ha chiesto di essere dimessa. Quindi, quando spesso l'aborto non è ancora avvenuto, potendo avere luogo tra le 36 e le 48 ore successive alla seconda somministrazione;

- gli ospedali, il più delle volte, seguono regole proprie anche relativamente alla fase successiva all’utilizzo del farmaco non solo dimettendo, come si è visto in fase di sperimentazione, le pazienti senza dare loro adeguate informazioni circa le conseguenze anche di un potenziale fallimento dell’aborto chimico. Conseguenza che comporterebbe la necessità di procedere ad un successivo aborto chirurgico, contravvenendo così anche alle regole concordate con il Ministero della salute;

si chiede di sapere:

se il Ministro interrogato ritiene che le donne dovrebbero essere portate a conoscenza dei possibili danni psicologici legati ad un aborto – vista l’ampia documentazione scientifica a riguardo –, a maggior ragione nel momento in cui verrà, con troppa facilità, permesso loro di scegliere di abortire anche chimicamente. Questo in considerazione anche del fatto che solitamente l’aborto con la pillola Ru486 dura tre giorni, ma può prolungarsi per una settimana e oltre, con i noti effetti collaterali di dolori addominali, nausea, vomito, diarrea, perdite di sangue abbondanti e prolungate: l’impatto psicologico di tutto questo può essere molto più pesante rispetto a quello legato a una procedura chirurgica, perché è inevitabile che il più delle volte utilizzando la Ru 486 si può vedere il sacco gestazionale con l’embrione rifiutato e abortito;

se non si ritiene che nel testo del consenso informato debba essere fatto esplicito riferimento ai maggiori rischi per la vita e la salute della donna e al fatto che si potrebbe vedere, come viene tragicamente chiamato l'embrione, il "prodotto dell’espulsione" e quindi non si consigli il ricovero della paziente fino al momento in cui l'aborto è compiuto completamente e non vi sono più conseguenze per la sua sicurezza;

se il Ministro in indirizzo non ritenga opportuno verificare che le competenze regionali in materia sanitaria non travalichino il campo delle competenze statali in materia di livelli essenziali di assistenza ed, inoltre, abbia previsto come salvaguardare il medico obiettore di coscienza, dando indicazioni precise in conseguenza alla possibilità che - a differenza di quello praticato chirurgicamente - nel momento in cui si inizia e si svolge una procedura abortiva di tipo chimico, la cui durata non è prevedibile, potrebbe essere di turno un medico obiettore.

Roma, 15 dicembre 2008

Alessandro Pagano, Massimo Polledri, Luca Volontè, Isabella Bertolini, Laura Molteni

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