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Il Femminismo radicale spiana la strada all'Eurabia

Forse ho capito perché non c’è stata reazione popolare quando l’anno scorso Hina Salem, ragazza pakistana, fu sgozzata dal padre e dai suoi zii perché faceva una vita troppo occidentale. E perché ad un anno di distanza, al processo di Brescia c’erano poche donne a protestare, Daniela Santanché e uno sparuto gruppo di donne marocchine.

L’ho capito leggendo l’articolo, due paginate di facile lettura, di Guglielmo Piombini su Il Domenicale del 28.7.07. L’autore rileva come da decenni gli uomini occidentali hanno perso il coraggio di rispondere alle critiche delle femministe, che a sua volta nonostante tutto hanno guadagnato una gran libertà di scelta nel campo dell’istruzione, del lavoro e della famiglia.

Le femministe invece di celebrare questi progressi, continuano a presentare le donne come vittime della discriminazione e a pretendere dallo Stato trattamenti privilegiati.

A difendere il maschio occidentale ci pensa un ex femminista Alessandra Nucci, con un libro, La donna a una dimensione, (Marietti, Genova, 2006). La Nucci documenta come le femministe sono riuscite con successo ad imporre in ogni sede l’ideologia di ‘genere’, una dottrina che si basa sulla convinzione che tutte le differenze fra gli uomini e le donne, a parte quelle fisiche, siano frutto di indebiti condizionamenti e di stereotipi sociali, e che quindi siano modificabili.

Il femminismo di genere incoraggia "nuovi stereotipi, inculcati con l’educazione a scuola e con le immagini nei media, in cui la donna è conformata a un modello per il quale la carriera e il lavoro fuori casa non sono più una scelta, ma l’esigenza unica per realizzarsi nella vita, l’uomo non è più tanto da eguagliare quanto da soppiantare, e la maternità diventa un’operazione residuale di second’ordine". (Guglielmo Piombini, Jihad? Merito delle femministe, 28.7.07 Il Domenicale).

Il femminismo con la rivoluzione sessuale dopo aver distrutto la famiglia monogamica, ha diffuso con successo una cultura che disprezza il maschio e tutti i caratteri solitamente associati alla mascolinità.

Esistono università, ma anche scuole nel Nord Europa, dove i giovani sono attaccati sistematicamente per la loro identità e denigrati dalle insegnanti, che arrivano a provocare le femmine affinché contrastino il sesso maschile. L’ideologia femminista mette sotto accusa solo i maschi occidentali, in particolare la figura paterna. Le femministe non spendono una parola di critica nei confronti degli uomini che appartengono a culture molto più oppressive e ‘patriarcali’ di quella occidentale.

In Svezia qualche anno fa le femministe avevano proposto una tassazione collettiva per legge a carico degli uomini svedesi, considerati come i talebani, in riparazione delle loro presunte violenze sulle donne. L’attacco al maschio occidentale – scrive Piombini - potrebbe produrre però un inatteso effetto boomerang: la progressiva islamizzazione culturale e demografica del continente europeo. In pratica le femministe distruggendo la famiglia e la figura paterna, stanno spianando la strada alla penetrazione indisturbata dell’islam nelle società occidentali, preparando così un futuro da incubo per le prossime generazioni di donne.

La vittoria della cultura femminista potrebbe paradossalmente favorire l’avvento dell’Eurabia. Anche se le più coraggiose e indomite avversarie dell’Islam in Occidente siano donne come Oriana Fallaci, Bat Ye’Or e Ayaan Hirsi Ali, è fuori dubbio che le donne occidentali siano più favorevoli al multiculturalismo e all’immigrazione islamica rispetto ai maschi occidentali.

Secondo il movimento femminista tutti i mali del mondo provengono dall’uomo occidentale, che opprime sia le donne sia gli uomini non occidentali. Gli immigrati musulmani sono anche loro vittime, al massimo hanno qualche pregiudizio patriarcale, ma comunque sempre meglio degli uomini occidentali.

Il femminismo radicale, contribuisce alla diffusione del vittimismo in Occidente e alla riscrittura dei libri di storia che facesse giustizia dei ‘pregiudizi’ maschilisti ed eurocentrici. Sono ormai l’avanguardia del "politicamente corretto" in tutto l’Occidente. In pratica quando i musulmani arrivano da noi portandosi quella mentalità vittimista si trovano il lavoro già preparato su un piatto d’argento.

Così l’utopia femminista si trasforma nel suo opposto, la legge coranica. Una situazione evidente nei Paesi Scandinavi, dove l’applicazione dell’ideologia femminista e multiculturalista ha raggiunto le punte più avanzate. Negli ultimi anni si è verificato un aumento degli stupri e delle violenze sulle donne, per opera nella quasi totalità dei casi di giovani immigrati islamici. Qualcuno insinua che la colpa è delle donne norvegesi che si vestono in modo provocante.

Di fronte a queste continue aggressioni, la reazione degli uomini scandinavi è quasi inesistente. L’istinto protettivo maschile non si manifesta perché le donne nordiche hanno lavorato senza sosta per sradicarlo, scrive Piombini. In questo modo il femminismo radicale ha indebolito mortalmente la Scandinavia, e probabilmente l’intera società occidentale.

Così dopo aver reso impotenti e ridicolizzati i maschi occidentali, colpevoli di tutta l’oppressione del mondo, il femminismo radicale non sta conducendo al paradiso femminista, ma all’inferno islamista. Si finisce così per giustificare la schiavitù in cui è costretta la donna musulmana.

Del resto una società in cui gli uomini sono stati ‘femminilizzati’, scrive Piombini è destinata a cadere preda delle più aggressive civiltà tradizionali. Così invece di ‘avere tutto’, le femministe rischiano di perdere tutto, e la crescente violenza degli immigrati contro le donne occidentali è un sintomo del crollo dell’utopia femminista.

Perché le donne progressiste occidentali hanno tutta quest’ammirazione per l’Islam, quando non esiste un solo paese musulmano in cui le donne godano di diritti lontanamente paragonabili a quelli dell’uomo?

Tra l’altro a casa nostra le attiviste femministe attaccano duramente l’arretratezza e la mentalità patriarcale della Chiesa Cattolica, poi quando si recano nei paesi musulmani, come ha fatto recentemente Lilli Gruber o Gianna Nannini, ostentano con orgoglio le loro foto con il chador.

Qualche malizioso commentatore ha scritto che si comportano così perché molte di queste donne trovano sessualmente attraente la sottomissione, mentre poco seducenti e noiosi gli uomini femminilizzati dell’Europa Occidentale, rispetto ai virili sceicchi del deserto. Paradossalmente anche gli uomini occidentali preferiscono una moglie che proviene da culture più tradizionali. Sembra che le donne nordiche convertite trovano appagamento nel ruolo ben definito di cura della casa e dei figli che l’Islam assegna loro. Queste donne hanno scoperto un senso da dare alla propria vita che non trovano nella cultura secolare o nell’insipido e succube Cristianesimo modernista.

Un comportamento che interpella la psichiatria, spesso la psiche femminile, adotta comportamenti autodistruttivi. L’Occidente femminilizzato dopo decenni di propaganda antimaschile, sembra che abbia adottato quest’atteggiamento autodistruttivo delle donne. In pratica siamo alla sindrome di Stoccolma, dove ci s’innamora del proprio carceriere.

Il nostro Occidente é quotidianamente minacciato, insultato e aggredito con prepotenza dal mondo musulmano, ma reagisce – come la moglie abusata – incolpando se stesso, come se fosse in qualche modo affascinato dai suoi aguzzini.

Il femminismo che sembrava morto, oggi a trent’anni di distanza si sono avverati oltre le più rosee previsioni quei desideri degli anni Sessanta e Settanta: in Occidente i divorzi hanno avuto una crescita esplosiva mentre il numero dei matrimoni e delle nascite è crollato, determinando un vuoto culturale e demografico che ci ha resi vulnerabili all’irruzione dell’Islam.

Il femminismo radicale, rappresenta una delle più importanti cause dell’attuale indebolimento della civiltà occidentale, sia dal punto di vista culturale che dal punto di vista demografico. Distruggendo la famiglia attraverso il divorzio e l’aborto, le femministe hanno contribuito a rendere la nostra civiltà incapace di reggere l’assalto di società prolifiche e patriarcali come quella islamica.

Domenico Bonvegna

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