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Matrimoni gay no della consulta - Pagano: la decisione della consulta salvagurada il principio del diritto naturale




ROMA (14 aprile) - La Corte costituzionale dice no ai matrimoni gay. La Consulta ha rigettato infatti i ricorsi sulle nozze omosessuali presentati dal Tribunale di Venezia e dalla Corte di appello di Trento per chiedere l'illegittimità di una serie di articoli del codice civile che impediscono le nozze tra persone dello stesso sesso.


A portare la questione all'attenzione della Corte erano stati il tribunale di Venezia e la Corte di Appello di Trento chiamati a dirimere le vicende di tre coppie gay alle quali l'ufficiale giudiziario aveva impedito di procedere alle pubblicazioni di matrimonio. La Consulta - ha reso noto Palazzo della Consulta - ha rigettato i ricorsi dichiarando inammissibili le questioni sollevate in relazione all'ipotizzata violazione degli articoli 2 (diritti inviolabili dell'uomo) e 117 primo comma (ordinamento comunitario e obblighi internazionali) della Costituzione. I ricorsi sono stati invece dichiarati infondati in relazione agli articoli 3 (principio di uguaglianza) e 29 (diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio). Le motivazioni della decisione si conosceranno nei prossimi giorni e saranno scritte dal giudice costituzionale Alessandro Criscuolo.

I ricorrenti, in sostanza, affermavano la non esistenza nell'ordinamento di un espresso divieto al matrimonio tra persone dello stesso sesso e lamentavano l'ingiustificata compromissione di un diritto fondamentale (quello di contrarre matrimonio) oltre che la lesione di una serie di diritti sanciti a livello comunitario. Per non parlare poi - veniva fatto notare - della disparità di trattamento tra omosessuali e transessuali, visto che a questi ultimi, dopo il cambiamento di sesso, è consentito il matrimonio tra persone del loro sesso originario.

Nel corso dell'udienza pubblica a palazzo della Consulta, lo scorso 23 marzo, i legali delle coppie gay avevano sollecitato la Corte a dare una «risposta coraggiosa» che, anticipando l'intervento del legislatore, consentisse il via libera ai matrimoni omosessuali. Dal canto suo, invece, l'avvocato dello Stato Gabriella Palmieri, per conto della presidenza del consiglio, aveva ribadito che il matrimonio si basa sulla differenza tra sessi e aveva rivendicato il primato del legislatore a decidere su una materia tanto delicata.

La Corte, nel dichiarare inammissibili e infondati i ricorsi, fa poi intendere ciò che metterà nero su bianco tra qualche settimana e cioè che non è sua competenza stabilire le modalità più opportune per regolamentare le relazioni tra persone dello stesso sesso. Resta da vedere - ma questo si comprenderà solo dalla lettura delle motivazioni della sentenza che sarà scritta dal giudice Alessandro Criscuolo - se la Corte coglierà l'occasione o meno per sollecitare il legislatore a provvedere.

Il dibattito nel Pdl. Per Maurizio Lupi si tratta di una decisione che non lascia margini di incertezza. La nostra è una società basata sul matrimonio e il matrimonio è tra uomini e donne. Punto e basta». «Le persone dello stesso sesso che volessero riconoscersi reciprocamente diritti e doveri possono sempre siglare degli accordi privati» afferma la senatrice del Pdl Ombretta Colli. «La decisione della Consulta salvaguarda quel principio, tanto laico quanto cattolico, secondo cui la famiglia composta da due individui di sesso opposto, così come il diritto naturale da cui noi deriviamo ci ha insegnato» sottolinea Alessandro Pagano, deputato del Pdl,


Pd: la parola la Parlamento. «La Corte Costituzionale ha affermato un principio di fondamentale importanza: la Consulta ha stabilito senza possibilità di equivoco che la Costituzione italiana non vieta i matrimoni tra persone dello stesso sesso», afferma Anna Paola Concia deputata del Partito Democratico. «Fermo restando che aspettiamo di leggere nel dettaglio le motivazioni della Corte - aggiunge - questa pronuncia deve ora diventare la pietra miliare da cui ripartire nell'attività legislativa. La Corte, infatti, nel riconoscere la potestà del legislatore sull'argomento, ha passato la palla ai corpi legislativi, che non possono più eludere la questione. Alle Camere sono già 5 le proposte di regolamentazione delle unioni omosessuali, tre delle quali presentate da me. Mi appello a tutti i colleghi parlamentari affinchè, sotto lo stimolo e il pungolo della Corte, si calendarizzi la discussione e si cominci a lavorare per il riconoscimento dei diritti di tantissimi cittadini, avendo l'intelligenza e il cuore per affrontare la questione senza pregiudizi ideologici».

«È una sentenza che responsabilizza il Parlamento nel suo compito di legislatore» afferma Barbara Pollastrini (Pd).

Associazione omosessuali: continueremo la lotta. «Andremo avanti, sia nelle aule giudiziarie che nella società perchè sia riconosciuta la piena parità delle persone omosessuali di fronte al diritto al matrimonio civile» sostiene il Comitato nazionale Sì, lo voglio di cui fanno parte Imma Battaglia (Dgaiproject), Enzo Cucco (Associazione radicale Certi diritti), Maurizio Cecconi (Rete Laica Bologna),Paolo Patanè (Arcigay), Francesca Polo (Arcilesbica). In attesa di leggere le motivazioni del pronunciamento della Corte costituzionale, il Comitato «nel rispetto dovuto alla Corte, ritiene un grande risultato che si sia riusciti ad arrivare ad una prima discussione presso la Corte, e ringrazia di cuore tutte le coppie italiane che hanno partecipato ad Affermazione civile (l'azione di singole coppie che ha reso possibili i ricorsi e i pronunciamenti dei Tribunali) e l'intero Collegio di Avvocati che hanno sostenuto le nostre ragioni presso la Corte». «Insieme a loro - conclude il Comitato - decideremo, dopo la lettura della sentenza, le ulteriori iniziative da costruire. Ma da subito possiamo annunciare che andremo avanti, nelle aule di Tribunale e nella società, per riaffermare il diritto alla piena uguaglianza delle persone omosessuali anche di fronte all'istituto del matrimonio».


Udc: da consulta giudizio chiaro. «La Consulta ha ribadito che il diritto alla famiglia implica doveri tra genitori eterosessuali. Ogni altra pretesa è stata giudicata correttamente dalla Consulta come assolutamente priva di ogni fondamento. Un giudizio chiaro che condividiamo e del quale prendiamo atto con soddisfazione» afferma il deputato dell'Udc Luca Volontè.

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