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Intervento in Aula dell’On. Alessandro Pagano sulla legge sull’omofobia e transfobia del 5 agosto 2013, ore 23.15

 

 

 

 

Signor Presidente, l'omofobia è un atteggiamento odioso e che non appartiene a chi parla, così come non appartiene alla stragrande maggioranza di questo Paese visto che in tutti i campi, moda, cultura, televisione, politica, esiste la piena parità e le uguali opportunità.


 

Pur nondimeno, chi ha fortemente insistito per l'approvazione di tale legge – e quindi funzionale a tale obiettivo l'inserimento nel calendario dell'Aula, nonostante il periodo e nonostante tanti provvedimenti, anche formalmente urgenti, a cominciare dai decreti-legge necessari per rilanciare l'economia – dovrebbe poi spiegare perché la discussione stia avvenendo con tali modalità, in ora notturna e in margine ai lavori.

È cosa assai strana, rispetto alla quale non esistono, almeno a mia memoria, precedenti, in concomitanza con i lavori di Commissione, almeno fino ad un'ora e mezza fa, due.

A ciò deve, inoltre, aggiungersi quanto è accaduto lo scorso 21 luglio, quando in Commissione giustizia, convocata anche in quel caso in seduta notturna, si procedette al contingentamento dei centinaia di emendamenti presentati, riducendoli ad una decina solamente e mortificando così il ruolo e la funzione della rappresentanza parlamentare. Questi atti che ho appena spiegato, signor Presidente, rappresentano i primi episodi di grave discriminazione rispetto a chi volesse portare avanti tesi diverse rispetto a quelle oggi culturalmente dominanti.

Quindi, delle due l'una: o il provvedimento non era più importante, visto che lo stiamo portando in discussione in notturna e, allora, non è il caso nemmeno di impiegare questo tempo per la discussione in questa nottata mitica del 5 agosto, oppure continua ad esserlo, ma lo si vuol far passare senza un effettivo approfondimento. Ed è questo l'aspetto che io voglio sottolineare stasera, perché tanto, a settembre, avremo modo di dibattere su tante altre cose.

Perché discuterlo adesso    significa una serie di cose. Primo: un disprezzo per la dialettica democratica, riducendo l'esposizione della ragione «contro» – lo dico tra virgolette – tale legge a mero esercizio verbale, confinandolo alle ore notturne, senza quel confronto che in una materia così delicata è essenziale. Secondo: un timore che le ragioni espresse da chi si oppone a tale legge vengano ascoltate da qualcuno in più rispetto ai pochi intimi che sono presenti qui questa sera e che possa far sorgere qualche dubbio anche a chi ascolta. È la convenzione – terzo – che si debba arrivare al risultato «a prescindere», perché così impone l'ideologia del culturalmente corretto e dei più forti. Quarto: non tenere in alcun conto i rilievi non già confessionali verso questa legge, bensì di difesa della libertà di espressione, di insegnamento e di ricerca scientifica. Sottolineo «non confessionali», perché lei avrà notato, signor Presidente, come in questo dibattito non se sia avuto nessun tipo di rilievo di questo genere, per fortuna.

Il fatto che una parte della sinistra, su pressione di  determinate lobby, abbia così insistito perché questo provvedimento venisse approvato con modalità tali da non garantire il normale confronto democratico, soffocandolo nella discussione in una maniera a dir poco inquietante e che sembra evocare scenari politici stile «ventennio», in una situazione oltretutto complicata da un ingorgo istituzionale senza precedenti, conferma il sospetto che vogliono far passare, comunque e in qualunque caso, questa legge, nonostante i numerosi vizi di incostituzionalità di cui è affetta. Naturalmente, queste argomentazioni liberticide intrise di incostituzionalità – sottolineiamo che è stata presentata una questione pregiudiziale a firma di parlamentari del PdL – saranno oggetto di approfondimento e di denunce non solo in quest'Aula, ma anche nel Paese.

Quello che noi oggi abbiamo qui portato  all'attenzione dell'opinione pubblica, quindi, comincia a trasparire in tutta la sua drammatica evidenza e l'aver limitato a pochi minuti l'intervento in Aula di ciascun oratore – come questo di fatto è avvenuto con il timing che è stato stabilito –, non è che l'ulteriore tentativo di censura: meno si parla di questa legge, infatti, tanto più velocemente si riuscirà ad approvarla, anche se si tratta di una legge «bavaglio», che limiterà fortemente la libertà di opinione e di espressione.

Su questo, con tutti i mezzi democratici che ci sono dati, proseguiremo la battaglia – mi avvio alla conclusione signor Presidente –, a maggior ragione, dopo le cose che abbiamo sentito in Aula.

Che conclusioni fare rispetto al ragionamento appena sentito, in maniera sintetica, signor Presidente  ?.

Primo: abbiamo evidenziato quello che ha detto testé il Governo.

Il sottosegretario Cosimo Ferri che, fra l'altro, è un addetto ai lavori, è un magistrato, ha sottolineato che deve essere una legge di tutto il Parlamento. Ha rifatto in questo le parole di uno dei due relatori, l'onorevole Scalfarotto.

Ma qui c’è già un secondo problema che dobbiamo evidenziare e che ci lascia inquieti, perché, anche in questo caso, c’è stato un elemento fondamentale, dibattuto in Commissione affari costituzionali, che non è stato assolutamente ripreso dalla Commissione giustizia. Sempre il relatore, onorevole Scalfarotto, sottolineava che è stato – virgolettato – «uno sgarbo istituzionale non recepire le osservazioni della Commissione affari costituzionali». Ma io mi consento di dissentire, con grande rispetto, onorevole Scalfarotto, perché non penso che questo sia uno sgarbo ma sia senz'altro qualcosa di importante, e anche che il Governo abbia ribadito, qui, che il dettame degli affari costituzionali deve essere ripreso; ritengo che sia fondamentale, così com’è fondamentale trovare una convergenza come quella che è stata trovata, per esempio, nel provvedimento sul femminicidio, che ci dimostra concretamente che questo Parlamento, in questo momento storico, sa trovare punti di convergenza. Per quanto mi riguarda per la nostra parte politica la buona volontà c’è tutta, ci aspettiamo, naturalmente, analogo comportamento e analogo rispetto democratico.

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