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Atto Camera su #IMUagricola. 17 dicembre 2014, seduta n°351

 

 

 

 

Risoluzione in commissione 7-00547 presentata da PAGANO Alessandro.


 La VI Commissione,

   premesso che:

    l'articolo 22, comma 2, del decreto-legge n. 66 del 2014 ha modificato in termini riduttivi il regime di esenzione IMU dei terreni agricoli, demandando a un decreto di natura non regolamentare del Ministro dell'economia e delle finanze l'individuazione dei comuni nei quali applicare le nuove regole sulla base dell'altitudine riportata nell'elenco dei comuni italiani predisposto dall'ISTAT e diversificando tra terreni posseduti da coltivatori diretti e imprenditori agricoli professionali e gli altri;

    la disposizione ha incontrato l'immediata opposizione di tutto il mondo agricolo e di parte delle forze politiche della stessa maggioranza per i seguenti motivi:

     in primo luogo la norma demanda a una classificazione dei comuni montani fissata dall'ISTAT, diversa da quelle precedenti e a forte contenuto di arbitrarietà; le leggi sulla montagna (dalla legge n. 991 del 1952 alla legge n. 97 del 1994), consideravano invece montani i comuni situati per almeno l'80 per cento della loro superficie al di sopra di 600 metri di altitudine sul livello del mare e quelli nei quali il dislivello tra la quota altimetrica inferiore e la superiore del territorio comunale non fosse minore di 600 metri;

    tale metodologia era stata mantenuta nella riclassificazione del 1993 (Circolare del 14 giugno 1993 n. 9 del Ministero delle finanze), che faceva riferimento alla legge n. 984 del 1977; di tutela dei territori montani e collinari: sulla base di tale precedente normativa erano considerati totalmente montani 3.533 comuni, e parzialmente montani 655 comuni;

    sulla base invece del criterio adottato dall'ISTAT, fondato sull'altitudine del «centro» del comune (cioè della casa comunale), i comuni montani con un'altezza di più di 600 metri sono 1.578, quelli collinari, posti tra 281 e 600 metri sono 2.568, i comuni con altitudine fino a 280 sono 3.911: pertanto, rispetto alla precedente classificazione oltre 4.000 comuni vedono ora modificata la tassazione IMU dei rispettivi terreni agricoli;

    nella maggior parte dei comuni di montagna la casa comunale è posta a fondovalle; pertanto, la sua altitudine — assunta dall'ISTAT a riferimento per la classificazione statistica dei comuni — non può costituire un indice idoneo a definire la natura «montana» di un comune, a maggior ragione se tale definizione è posta a fondamento di un trattamento fiscale differenziato per i contribuenti; l'unilateralità di tale criterio, oltre ad aver escluso ingiustificatamente un gran numero di comuni montani, ha prodotto anche il paradosso per cui comuni limitrofi, situati alla stessa altitudine, si trovano a dover applicare un regime di tassazione diverso;

    oltre a ciò, il nuovo criterio, basato esclusivamente sul valore altimetrico, non tiene in alcun conto (come invece era stato correttamente stabilito dall'articolo 29 della legge n. 142 del 1990, che demandava alle regioni la definizione di aree montane) le specificità dei diversi territori, la redditività delle colture, l'isolamento e del ritardo di sviluppo di talune aree del Paese;

    in secondo luogo, per quanto riguarda l'impatto della revisione del regime di esenzione dall'IMU sul comparto agricolo, la norma del decreto-legge n. 66 del 2014 ha previsto un maggior gettito di 350 milioni di euro a decorrere dal 2014, con corrispondente riduzione dei trasferimenti ai comuni del Fondo di solidarietà comunale 2014;

    ciò determina pertanto una stortura di fondo, in quanto l'esenzione IMU non è più commisurata alla realtà economica, ma alle esigenze di maggior gettito: per tali motivi sia l'ANCI e le principali organizzazioni agricole, sia esponenti del Governo, hanno espresso la loro forte contrarietà a una disposizione che già precedentemente, per volontà del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali pro tempore, era stata soppressa dalla legge di stabilità per il 2014;

    in tale contesto di criticità appare ulteriormente grave il ritardo con cui è stato emanato il decreto interministeriale applicativo del citato articolo 22, comma 2, del decreto-legge n. 66 del 2014: infatti tale decreto è datato 28 novembre ed è stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 284 del 6 dicembre 2014, cioè a distanza di soli 10 giorni dalla data entro la quale i contribuenti erano tenuti a effettuare il versamento, laddove l'articolo 3 dello Statuto del contribuente (legge n. 212 del 2000) prevede non solo che le disposizioni tributarie si dovrebbero applicare a partire dal periodo d'imposta successivo a quello in corso alla data di entrata in vigore delle disposizioni che le prevedono, ma anche che non si dovrebbero prevedere adempimenti a carico dei contribuenti la cui scadenza sia fissata anteriormente al sessantesimo giorno dalla data dell'adozione dei provvedimenti di attuazione in esse espressamente previsti;

    tali previsioni a tutela del contribuente assumono assai maggior rilievo ove si consideri che le basi di calcolo dell'IMU agricola dipendono non solo dalla consistenza complessiva della base imponibile di ciascun comune, ma anche dalle caratteristiche soggettive del possessore e dell'utilizzatore e dalla dimensione delle proprietà;

    con il decreto-legge 16 dicembre 2014, n. 185, recante «Disposizioni urgenti in materia di proroga dei termini di pagamento IMU per i terreni agricoli montani», i termini per il versamento dell'IMU 2014 sui terreni agricoli sono stati spostati dal 16 dicembre 2014 al 26 gennaio 2015: l'originaria intenzione di spostare il pagamento al giugno 2015 è stata frustrata dalle regole contabili comunitarie, che dettano limiti in materia di accertamento di entrate e di effettivo incasso in corso d'anno;

    le previsioni del citato decreto-legge n. 185 appaiono tuttavia del tutto insufficienti a risolvere le problematiche esposte;

    l'agricoltura italiana è uno dei comparti più dinamici dell'economia nazionale e la sua vitalità sta avendo effetti estremamente positivi sulla bilancia commerciale e sull'occupazione; nell'attuale fase economica depressiva il comparto agricolo nazionale sta quindi svolgendo una rilevante funzione anticiclica;

    in agricoltura i terreni sono un mezzo di produzione e una bassa tassazione di questi ha effetti moltiplicativi in termini di PIL e di crescita dei livelli occupazionali; l'IMU agricola, in relazione alla quale è stato iscritto a bilancio un maggior gettito di 350 milioni di euro, si configura invece come una sorta di patrimoniale applicata, con effetti distorsivi e depressivi, a un comparto produttivo;

    il quadro appena esposto dimostra pertanto l'esigenza di procedere in tempi rapidi e certi a una complessiva rivisitazione della normativa fiscale sui terreni agricoli; le vicende connesse alla modifica dei criteri di calcolo dell'IMU sui terreni agricoli è indicativa di come la tassazione possa essere utilizzata alternativamente per deprimere il comparto agricolo o per favorirne lo sviluppo,

impegna il Governo:

   ad assumere con la massima sollecitudine iniziative volte ad abrogare l'articolo 22, comma 2, del decreto-legge n. 66 del 2014, individuando nell'ambito dei risparmi di bilancio o mediante nuove diverse entrate, le necessarie misure di compensazione volte a coprire il minor gettito, pari a 350 milioni di euro a decorrere dal 2014, determinato dalla soppressione di tale previsione e ripristinando i trasferimenti precedentemente previsti in favore dei comuni oggetto di riduzione;

   ad assumere iniziative, ivi compresa la convocazione di un «tavolo tecnico», al fine di procedere all'individuazione di modalità di tassazione dei terreni agricoli, impostata su criteri premiali quali:

    a) un regime di esenzione IMU che consideri come montani i comuni situati per almeno l'80 per cento della loro superficie al di sopra di 600 metri di altitudine sul livello del mare e quelli nei quali il dislivello tra la quota altimetrica inferiore e la superiore del territorio comunale non è minore di 600 metri; tale soglia dovrà essere ridotta a 500 metri nelle aree meridionali ricomprese nell'Obiettivo convergenza comunitario e l'esenzione dovrà in ogni caso applicarsi ai terreni che singolarmente superino le suddette soglie;

    b) la possibilità, per le regioni, come precedentemente previsto dall'articolo 29 della legge n. 142 del 1990, di individuare ulteriori aree nelle quali applicare esenzioni o riduzioni dell'imposta, in funzione delle specificità dei diversi territori, della redditività delle colture, dell'isolamento e del ritardo di sviluppo;

    c) la previsione che l'esenzione IMU spettante ai coltivatori diretti e imprenditori agricoli professionali di cui all'articolo 1 del decreto legislativo 29 marzo 2004, n. 99, iscritti nella previdenza agricola, si applichi ai terreni da essi regolarmente condotti, purché in attualità di coltivazione, e non solo ai terreni «posseduti»;

    d) la previsione, nel caso in cui l'IMU sia dovuta, di un'aliquota ridotta per i primi anni di insediamento in favore dei giovani imprenditori agricoli;

    e) la possibilità che i comuni, sia montani sia non, con propri regolamenti possano modificare in termini premiali o sanzionatori le aliquote dell'IMU, introducendo o incrementando l'imposta a carico dei terreni agricoli lasciati incolti, fatti salvi i riposi colturali, o i terreni abbandonati, anche sotto il profilo della mancata esecuzione delle opere di tutela della pubblica incolumità o di sicurezza idrogeologica posti dalla legge a carico dei proprietari, ovvero introducendo nuove o ulteriori riduzioni in favore dei terreni in attualità di coltura o dei terreni non coltivati, ma la cui corretta conduzione costituisca presidio contro il dissesto idrogeologico.

(7-00547) «Pagano».

@alepaganotwit

 

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