Venerdì, 19 Aprile 2024


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Demografia e immigrazione. Quantità e qualità. Problematiche familiari e socio-politiche della presenza islamica.

Demografia e immigrazione. Quantità e qualità. Problematiche familiari e socio-politiche della presenza islamica.

(Convegno oganizzato da: IDIS Istituto per la Dottrina e l’Informazione Sociale)

Fra gli intervenuti: Prof. Giovanni Cantoni (Direttore di "Cristianità" e fondatore di Alleanza Cattolica); Prof.ssa Silvia Scaranari Introvigne (Centro "Federico Peirone" per lo Studio e l’Informazione sull’Islam di Torino); Dott. Piermarco Ferraresi (Ricercatore CERP e consulente della Banca Mondiale); Altri.

Sintesi della relazione dell’On.le Alessandro Pagano – Assessore Regionale al Bilancio e Finanze.

 

Il suicidio demografico

L’antefatto sconcertante è il seguente: da circa 25 anni sta crollando la natalità in Italia. È ormai una vera emergenza: siamo, infatti il Paese più vecchio dell’Unione Europea (nel 2000 i cittadini con più di 65 anni erano il 18 per cento del totale, mentre nel resto d’Europa solo il 16,2). Abbiamo un tasso di natalità fra i più bassi del mondo: solo 1,26 figli per donna contro un valore di 1,47 nel resto d’Europa che pure è essa stessa in grave declino demografico.

Fra il 1988 e il 2001 il numero medio di componenti di ogni nucleo familiare in Italia è sceso da 2,9 a 2,6. Sono aumentate le famiglie composte da una sola persona (dal 19,3 al 23.9 per cento), le coppie senza figli (dal 18,6 al 49,9 per cento) èd è crollata la percentuale delle coppie con figli (dal 52,1 al 44,5 per cento).

Dietro questi freddi numeri c’è una prospettiva chiara: il suicidio demografico. Ma la lenta estinzione del popolo italiano significa già ora - a breve scadenza - il collasso del sistema economico poiché non ci sono lavoratori sufficienti a mantenere (...)(...) un sistema previdenziale e assistenziale che già oggi eroga circa 22 milioni di prestazioni. E che sempre più avrà bisogno di finanziare anche strutture di assistenza ai tantissimi anziani. Bisogna dunque riformare la previdenza e realizzare una vera politica demografica.

L’esatto opposto della politica realizzata dalla sinistra (partiti e sindacati). Questo blocco ha fatto una precisa scelta strategica: punire la famiglia e chi decide di fare figli, quindi conservare il sistema previdenziale spendaccione delle baby-pensioni fino al collasso.

Affermando assurdamente che a salvarci penseranno gli extracomunitari ai quali dunque bisognerebbe spalancare le frontiere (con diritto di voto e quant’altro): tesi non solo infondata dal punto di vista finanziarlo (è stato dimostrato che non potranno affatto salvare loro le nostre pensioni), ma anche involontariamente discriminatoria la dove prefigura un Paese in cui milioni di vecchi italiani sarebbero mantenuti da altrettanti milioni di giovani extracomunitari. Prospettiva oltretutto devastante sul piano civile. E' suicida. Si dirà ma è proprio vero che il centrosinistra ha deliberatamente scelto questa politica?

In effetti ci sono state alcune iniziative sul part-time e sui servizi per opera di Livia Turco, ad esempio - che andavano in direzione diversa. In realtà erano finalizzate piuttosto alle "parità" fra uomo e donna e quindi al sostegno alle donne lavoratrici. Tuttavia erano pur sempre scelte che aiutavano anche la maternità. Quel poco che è stato fatto va riconosciuto senza pregiudizi settari. Anzi saremmo lieti di abbondare in altri riconoscimenti. Se ce ne fosse materia (Antonio Socci).

Ma le scelte del centrosinistra sono di solito andate nella direzione opposta. Perché nell’ideologia di derivazione marxista che domina nei sindacati e nei partiti di sinistra, il soggetto è sempre e solo il lavoratore e mai la famiglia. Ma anche perché spesso sembra essersi affermata una cultura addirittura ed esplicitamente nemica della famiglia e della vita.

Si ha questa impressione scorrendo un lucido testo di Luisa Santolini presidente del Forum delle Associazioni Familiari, pubblicato su un quadrimestrale cattolico. Trascrivo: "Questo è uno strano Paese. L’aborto è gratis. Una ecografia di controllo all’embrione no. Si vota a 18 anni, si abortisce a 16 (il Norlevo non ha età). Se ci si separa, gli alimenti al coniuge sono detratti dalle tasse: se si trasferisce la stessa cifra all’interno della stessa famiglia non si hanno detrazioni. Se una Colf viene assunta aumenta il valore del Pil; se la Colf si sposa e continua a fare le stesse cose si abbassa il valore del Pil. Novanta metri cubi di acqua consumati da 6 persone con 6 contatori diversi non raggiungono in totale 40 mila lire di tariffe; gli stessi metri cubi di acqua consumati da 6 persone di una stessa famiglia arrivano a costare 137 mila lire. Se si tratta di rottamazioni, tasse di successione, ticket sanitari o ristrutturazioni edilizie, le agevolazioni sono senza limiti di reddito; se si tratta di sostegni alla maternità o detrazioni fiscali per figli a carico le agevolazioni sono sempre con limiti di reddito.

Se si fa il sindacalista si hanno permessi e distacchi; se si deve andare a parlare con gli insegnanti dei propri figli si devono chiedere le ferie. Se si iscrivono i figli all’asilo, i separati hanno un punteggio superiore alle famiglie regolari lo Stato da gli assegni familiari fino a 26 anni, ma impone di mantenere i figli sine die.

Se si assume una baby sitter si hanno contributi; se una nonna fa la baby sitter no. L’integrazione al minimo nel trattamento previdenziale delle donne casalinghe tocca alle separate e alle divorziate; non spetta alle donne regolarmente sposate.

Un professionista che assume la moglie non può scaricare dalle tasse, il costo vivo delle retribuzioni e dei contributi; se assume l’amante si. Sì detraggono i soldi per le spese veterinarie non si detraggono le spese di cura per gli anziani e i soggetti deboli".

In realtà si potrebbe continuare (per esempio con la libertà di educazione) e anche se alcuni di questi flash possono essere opinabili, il quadro complessivo è avvilente. Il recentissimo rapporto Istat sulla povertà (quello che ha visto scendere il numero delle famiglie povere) svela tuttavia che gran parte dei nuclei familiari indigenti sono quelli con più di due figli e con anziani. Ciò significa che in Italia è fare figli la scelta che porta alla povertà.

Nella precedente Finanziaria sono state aiutate le famiglie giovani e quelle poverissime. Quest’anno ha fatto scalpore l’idea dell’assegno di 800 euro per ogni nuovo nato che f dovrebbe essere previsto nella prossima Finanziaria: è importante se non altro come segnale culturale, ma non solo. Poi - più sostanzialmente - si spera che venga resa esecutiva la già concordata equità fiscale orizzontale (le altre famiglie europee hanno detrazioni e assegni familiari che non sono neanche paragonabili all’Italia).Altre idee sono in cantiere.

Le politiche migratorie

Le politiche migratorie, devono avere un respiro più ampio; guardare tanto ai bisogni delle persone, quanto alle condizioni della società che accoglie e a quella da cui la persona emigra.

Vanno perciò chiariti alcuni criteri di fondo.

  1. Il primo diritto di ogni persona è quello di risiedere nel proprio Paese. È ovvio che qui parliamo di coloro che emigrano per dolorosa necessità, soprattutto economica. È perciò assolutamente ingiusta una politica migratoria o un atteggiamento che favorisca la migrazione, sia essa per buonismo o per tornaconto socio-economico (necessità di manodopera e rimedio al calo demografico). La permissività è nemica della giustizia. Se è vero che la migrazione è un fenomeno naturale - tanto più in questa epoca di globalizzazione - ciò non toglie che parte integrante di una politica migratoria deve essere quella di eliminare o ridurre le cause che stanno all’origine della migrazione: siano esse cause di sottosviluppo o di atteggiamenti criminali di singoli governi o tutte e due le cose insieme (ricordiamo quando Turchia e Albania incoraggiavano l’afflusso dì clandestini sulle coste italiane). In diversi
    modi, perciò, la politica estera, quella di Difesa e la cooperazione internazionale sono tutti strumenti importanti anche in chiave di politica migratoria.
  2. È necessaria l’integrazione dell’immigrato nella società in cui arriva. Il che non vuol dire omologazione culturale, ma accettazione di regole comuni di convivenza basate sulla storia e sulla tradizione del Paese che accoglie. L’immigrato perciò non ha soltanto diritti da far valere, ma anche dei doveri da rispettare.

A questo scopo, è allora importante che:

  • Il Paese di accoglienza sia chiaro nella sua identità, o la riscopra, facendo rispettare con decisione i valori - culturali, spirituali-sociali- giuridici - che lo fondano.
  • Vengano stabiliti con chiarezza anche i reali bisogni e le capacità del Paese che accoglie, in modo da favorire l’inserimento nella società e nel mondo del lavoro.
  • Privilegiare, con "corsie preferenziali", l’immigrazione da Paesi culturalmente affini, come l’anno scorso aveva efficacemente richiamato il cardinale Biffi. Non si può i chiudere gli occhi di fronte al fatto che alcune comunità per principio rifiutano l’integrazione.

In conclusione, un corretto affronto della questione immigrazione deve rendere giustizia al migrante, ma anche al Paese che lo accoglie e a quello da cui proviene.

"[...] Il comportamento auspicabile dallo Stato e di tutti le autorità civili. I criteri per ammettere gli immigrati non possono essere solamente economici e previdenziali (che pure hanno il loro peso). Occorre che ci si preoccupi seriamente di salvare l’identità propria della nazione. L’Italia non è una landa deserta o semidisabitata, senza storia, senza tradizioni vive e vitali, senza una inconfondibile fisionomia culturale e spirituale, da popolare indiscriminatamente, come se non ci fosse un patrimonio tipico di umanesimo e di civiltà che non deve andare perduto. In vista di una pacifica e fruttuosa convivenza, se non di una possibile e auspicabile integrazione, le condizioni di partenza dei nuovi arrivati non sono ugualmente propizie. E le autorità civili non dovrebbero trascurare questo dato della questione. In ogni casi, occorre che chi intende risiedere stabilmente da noi sia facilitato a e concretamente sollecitato a conoscere al meglio le tradizionale l’identità della peculiare umanità della quale egli chiede di far parte". (Cardinale Giacomo Biffi, nota pastorale "La città di San Petronio nel terzo millennio"’. Edizioni Dehoniane Bologna, 2000).

Il problema Islam

Dice Biffi: "Gli islamici nella stragrande maggioranza e con qualche eccezione vengono da noi risoluti a restare estranei alla nostra ‘umanità’, individuale associata, in ciò che ha di più essenziale, di più prezioso, di più ‘laicamente irrinunciabile’: (...) essi vengono a noi ben decisi a rimanere sostanzialmente ‘diversi’, in attesa di farci diventare tutti sostanzialmente come loro".

C’è qualcuno che, dati alla mano, può smentire questa affermazione? Bisognerebbe guardare a cosa sta accadendo nel mondo per rendersi conto di quanto realiste siano le parole dell’arcivescovo di Bologna. Ad esempio, alcuni anni fa una serie di incidenti nelle periferie parigine dove gli immigrati islamici sono praticamente i padroni aveva fatto emergere con chiarezza il sentimento di quella comunità: "Non siamo islamici francesi, ma islamici in Francia", ripetevano con chiarezza i leader. Vale a dire: non abbiamo alcuna intenzione di integrarci, ma vogliamo che le leggi cambino a nostra misura. Giustamente il cardinale Biffi fa notare che con questa impostazione ci si troverà ben presto davanti a laceranti battaglie (il giorno festivo, il diritto di famiglia, la concezione dello Stato e della giustizia).

E chi pensa che_ una pacifica convivenza possa essere possibile una volta che gli islamici raggiungano un numero significativo, dovrebbe guardare a ciò che sta avvenendo nelle isole Molucche: la causa principale del massacro che va avanti da due anni è il tentativo di islamizzazione di un arcipelago che a causa del passato coloniale fino a pochi anni fa era a maggioranza cristiana, è giusto ritenere che, anche in questo caso, molti dei musulmani arrivati nelle Molucche siano persone pacifiche alla sola ricerca di un terreno da coltivare, ma non si può ignorare che chi ha favorito tale migrazione aveva anche altro in mente. Così quelli che nel gennaio ‘99 sono iniziati come scontri interetnici, si sono trasformati con l’arrivo dei volontari per la "guerra santa" in una vera e propria "pulizia etnica" a danno dei cristiani, costretti a fuggire e disperdersi in altre isole dell’Indonesia. Un esempio troppo lontano?

E allora guardiamo a cosa è successo in due Paesi più vicini, esempi di pacifica convivenza interreligiosa: in Libano la guerra è scoppiata a metà degli anni 70 come conseguenza dell’arrivo massiccio di profughi palestinesi (musulmani in stragrande maggioranza).

Certamente c’erano motivi politici e militari per questo improvviso afflusso e per la successiva guerra civile, ma è un fatto che alla fine della guerra i cattolici che prima erano maggioranza si sono ritrovati in minoranza in un Paese che da indipendente è passato sotto tutela siriana.

Di fronte agli immigrati, dice il cardinale, il primo compito è evangelizzare e riguarda ciascun cattolico. L’azione di assistenza sociale può coadiuvare questo compito, ma non lo può sostituire. Come cattolici siamo chiamati a testimoniare Cristo, non a fare gli assistenti sociali. Consentire perciò l’uso delle chiese per la preghiera islamica, tanto per fare un esempio, è un grave errore.

Ecco perciò a cosa ci deve stimolare il doppio intervento del cardinale Biffi: a vivere maggiormente la fede e a testimoniarla a tutti. Altro che razzismo e intolleranza: una fede cattolica forte è antidoto a ogni futura violenza.

Nell’ultimo mezzo secolo è cresciuta una forte avversione_contro l’Occidente. Il mondo moderno (Tv, consumismo, femminismo, ecc.) scardina la fede, i musulmani ci vedono come popoli atei, immorali.

Il sentimento ostile verso l’Occidente e il Cristianesimo

Il nostro orientamento di cristiani è chiaro e richiamato con forza dal Papa: dialogo, incontro fraterno, accoglienza, solidarietà, integrazione di vita, anche annuncio di Cristo nelle debite forme possibili; Ma noi occidentali dobbiamo essere disposti a rimettere in causa i nostri interessi (es. commerciali), il nostro benessere, per assicurare a tutti i popoli il necessario alla vita.

L’incontro con l’islam è il "segno dei tempi" che ci provoca alla conversione ("Convertitevi e credete al Vangelo"): dobbiamo tornare a Gesù Cristo, se vogliamo avere, come europei, una precisa identità e forza religioso-morale. Un’Europa scristianizzata è facile preda di una pacifica invasione islamica. II problema del quale ci stiamo occupando è di una complessità e articolazione che non tollera sconti. Non è semplificando o banalizzando o peggio ancora chiudendo gli occhi che si risolvono i problemi.

Ne sottolineo solo qualcuno :

  1. Le dichiarazioni musulmane sui diritti dell’Uomo - 1981 (confronta: Questo indirizzo e-mail è protetto dallo spam bot. Abilita Javascript per vederlo. )
  2. Dichiarazione dei diritti dell’uomo nell’Islam - 1990 (confronta: Questo indirizzo e-mail è protetto dallo spam bot. Abilita Javascript per vederlo. )
  3. Carta Araba Diritti dell’uomo – 1994 (confronta: Questo indirizzo e-mail è protetto dallo spam bot. Abilita Javascript per vederlo. ).

Oggi non si volevano risolvere i problemi. Sarebbe impossibile e ridicolo il solo pensarlo. Ma sollevare questioni della massima urgenza e, sulle quali siamo in terribile ritardo.

Mi pregio portare il plauso e il saluto del Governo Regionale a tutti ed in modo particolare ai relatori qualificatissimi e alla realtà associativa che ha voluto proporre questo momento di riflessione.

BIBLIOGRAFIA

  • "Immigrati ed Immigrazione", Riccardo Calcioli – Il Timone n° 19 Maggio/Luglio 2002;
  • "Problema Islam", Riccardo Calcioli – Il Timone n° 10 Novembre/Dicembre 2002;
  • "Quale atteggiamento di fronte all’Islam", Piero Gheddo Il Timone n° 25 Maggio/Giugno 2003;
  • "Famiglia alla riscossa contro il suicidio demografico", Antonio Socci – Il Giornale 26/07/2003.

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