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I cattolici, La Sicilia, il 18 aprile 1948

Convegno di Studi Storici: I cattolici, La Sicilia, il 18 aprile 1948

(Organizzato da: Assessorato Regionale ai Beni Culturali, Ambientali e alla Pubblica Istruzione)

Relazione dell’On.le Alessandro Pagano – Assessore Regionale ai Beni Culturali e Ambientali e alla Pubblica Istruzione

Da pochi mesi (5.04.2005) è legge dello stato – che il 9 di novembre sia festa nazionale, in memoria del giorno in cui crollò il muro di Berlino. Ora la legge che si è riusciti a far passare – non senza opposizione- è costituita praticamente da un articolo solo, che dice:

ART. 1. La Repubblica italiana riconosce il giorno 9 novembre, data storica che segnala ricorrenza dell’anniversario della caduta del muro di Berlino, «Giorno della libertà e dell’indipendenza dei Popoli europei » al fine di ricordare le barbarie di tutti regimi dittatoriali che hanno caratterizzato negativamente il nostro continente, come monito di garanzia per la libertà e la convivenza pacifica dei Popoli europei nel rispetto della democrazia e dei diritti fondamentali dell’uomo.

In occasione del « Giorno della libertà e dell’indipendenza dei Popoli europei» sono organizzati cerimonie, iniziative,incontri e momenti di riflessione, in particolare nelle scuole di ogni ordine e rado, sui valori della democrazia e della libertà nel rispetto dei diritti fondamentali dell’uomo in un’ottica di pacifica convivenza tra le varie identità nazionali che caratterizzano il nostro continente, troppo spesso ferito da barbare e cieche ideologie che hanno dato vita a regimi dittatoriali e totalizzanti.

ART. 2.(Entrata in vigore). La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

Guarda caso, proprio oggi il 9 novembre siamo qui a studiare la vicenda del 18 aprile 1948, dei Comitati Civici e della splendida figura del prof. Luigi Gedda, che fanno relazione proprio con quel maledetto Muro della morte, della miseria e del totalitarismo.

Dobbiamo acquisire una consapevolezza definitiva: senza la vittoria dei Comitati Civici sul Fronte Popolare il 18 aprile 1948, senza Luigi Gedda, noi avremmo trascorso il quarantennio 1948-1989 come l’hanno vissuto tutti i paesi dell’Est europeo: col mitra puntato dietro la schiena, nella più nera miseria, in mezzo ad abbondante mole di filo spinato, nei gulag, nella collettivizzazione, all’interno di uno stato totalitario. Sì, perché avrebbero vinto i padri politico-culturali di coloro che hanno imbrattato, qualche giorno fa, i muri di una chiesa di Torino con la scritta : "Con le budella dei preti impiccheremo Pisanu". Perché questo era il clima nel 1948.

Ed oggi ci dibatteremmo tra le immani difficoltà che i regimi dell’Est hanno lasciato come eredità alle care popolazioni di quei paesi.

L’artefice di quella vittoria di libertà è senz’altro il popolo italiano, ma la mente, la guida è stato il grande prof. Luigi Gedda – padre della libertà italiana - sul quale vorrei spendere qualche parola, mentre invito amministratori a tutti i livelli a dedicargli vie e piazze, aule universitarie e scolastiche, palestre, scuole.

Il professor Luigi Gedda nasce a Venezia nel 1902. Ha attraversato la storia di tutto il secolo XX militando fin dalla giovinezza nel movimento cattolico italiano. Presidente centrale della Gioventù Italiana di Azione Cattolica, dal 1934 al 1946, presidente degli Uomini di Azione Cattolica dal 1946 al 1949, e quindi presidente generale di tutta l’associazione dal 1952 al 1959, viene soprattutto ricordato per aver fondato i Comitati Civici, in vista delle elezioni del 1948 e su mandato di Papa Pio XII, ossia quel movimento civico-culturale di cattolici che Paolo VI in un’udienza del 1965 definirà come un’associazione "non partitica", che però si occupava di politica, e "non strettamente religiosa", che però curava la formazione spirituale e dottrinale dei suoi membri. Unico esempio nella storia dei cattolici in Italia, accanto all’Unione Elettorale Cattolica Italiana, d’impegno politico non partitico, i Comitati Civici verranno demonizzati per il loro impegno anticomunista e con essi il loro leader e fondatore.

La vita pubblica di Luigi Gedda non è però riducibile al, pur importante, aspetto politico-sociale. Medico, genetista di fama internazionale, studioso di gemellologia, fonda nel 1952 la rivista Acta Geneticae Medicacae et Gemellologiae e quindi, due anni dopo, l’Istituto di Genetica Medica e Gemellologia Gregorio Mendel, che dirige e frequenta fino al 1999. Nel 1961 vince il concorso bandito per la prima cattedra italiana di Genetica Medica, all’università di Roma.

Ma la realizzazione che più testimonia la fecondità spirituale della vita di Luigi Gedda è la Società Operaia, un’associazione laicale da lui fondata a Roma nel 1942, e tuttora operante, allo scopo di "raccogliere quanti 'laici come laici' volevano consacrare la vita a diffondere nel mondo presente il messaggio di Gesù", seguendo una spiritualità incentrata nel Mistero dell’agonia di Cristo nel Getsemani. La Società Operaia è stata eretta in associazione di diritto pontificio dal Pontificium Consilium pro laicis nel 1981.

Indubbiamente Luigi Gedda non ha ricevuto tanto quanto ha dato. Indicato — come si può leggere anche nel ricordo dell’Azione Cattolica Italiana in occasione della sua morte su L’Osservatore Romano del 29 settembre 2000 — come esempio di "cattolico pre-conciliare", senza precisazioni di sorta e senza attenzione per la cronologia, da quanti usano il Concilio Ecumenico Vaticano II per dialettizzare la storia della Chiesa, trasmette piuttosto un esempio di grande fedeltà alla Chiesa di sempre, che ha servito e insegnato a servire, con passione e con dedizione, spesso nel silenzio, imitando Gesù nel Getsemani e così vivendo il Mistero che più amava. Il 26 settembre 2000, all’età di 98 anni, il professor Luigi Gedda,è stato chiamato alla casa del Padre.

Si, dobbiamo riparare e subito, qualche nostro peccato. Abbiamo dedicato piazze e vie a Palmiro Togliatti, amico della Russia dei gulag e ci siamo dimenticati dei padri di quella libertà della quale abbiamo fruito e fruiamo.

Facendo un bilancio degli effetti visibili prodotti dall’edizioni di queste memorie si può ragionevolmente sostenere che esse abbiano sostanzialmente contribuito a riportare in auge la tesi secondo cui nel 1948 vi è stata una vittoria della Democrazia Cristiana, e di Alcide De Gasperi in particolare, contro il PCI di Palmiro Togliatti, con il contributo certamente importante, ma sostanzialmente episodico, dei CC di Luigi Gedda.

In realtà, la lettura della memorie e una riflessione un poco più meditata portano oltre questa interpretazione, fornendo elementi per cogliere nella storia del cattolicesimo italiano elementi di un malessere del quale i Papi erano a conoscenza, malessere precedente e successivo all’episodio del 18 aprile.

Le novanta udienze concesse a Luigi Gedda, ventisei da Pio XI e sessantaquattro da Pio XII, hanno naturalmente come soggetto principale l’ACI, cui Gedda ha dedicato tanta parte della vita.

Luigi Gedda capisce che l’ACI "[…] avrebbe perciò potuto fornire i quadri dirigenti, come di fatto avvenne, per la ricostruzione politica della nazione". Nel 1946 viene nominato Presidente degli Uomini di Azione Cattolica e in questa veste, nell’udienza che ha per oggetto l’adunata nazionale degli uomini di AC dal 6 all’8 settembre 1947, affronta il tema del "[…] piano di azione per la prossima consultazione elettorale della Repubblica Italiana e di come superare gli oltre quattro milioni di voti raccolti dai comunisti alle elezioni per l’Assemblea Costituente. Poiché sembra che i comunisti vogliano "bloccare" con i socialisti, si potrebbe indurre la Democrazia Cristiana a fare blocco con altri partiti e a utilizzare candidature significative come quella del conte Dalla Torre, che potrebbe temporaneamente dimettersi dalla direzione dell’Osservatore Romano. Il Santo Padre menziona "Civiltà Italica", una iniziativa politica di monsignor Ronca, ed io obietto che meglio sarebbe riprendere l’Unione Elettorale Cattolica nominata dai Vescovi, che aveva bene funzionato in altri tempi ed Egli approva".

In un’altra udienza del 1947 il Papa è "[…] addolorato per il comportamento della Democrazia Cristiana e della Seconda Sezione della Segreteria di Stato a proposito dei rapporti con il Fronte dell’Uomo qualunque", a conferma della preoccupazione del Papa circa la possibilità che il PCI conquistasse la maggioranza relativa alle elezioni.

Questa scadenza elettorale ebbe anche un riflesso sulla vita dell’ACI, come ricorda lo stesso Gedda, perché l’associazione si trovava divisa fra chi voleva affiancare la DC nella lotta elettorale, come l’allora Presidente Generale avvocato Vittorino Veronese, e chi invece, come Gedda, promuovendo i CC forniva "[…] un insegnamento fondamentale ai cattolici italiani impegnati ad assolvere un dovere elettorale: non è sufficiente l’esistenza di uno o più partiti di ispirazione cristiana, ma è necessario che esista una struttura politica non partitica in ogni diocesi, cioè che esistano un Comitato nazionale e dei Comitati diocesani composti da cattolici autentici e non interessati a una candidatura personale", come farà lo stesso Gedda rifiutando la candidatura al collegio senatoriale di Viterbo offertagli dalla DC in occasione delle elezioni del 18 aprile.

Il fondatore dei DC aggiunge poi, riferendosi a quanto successivamente accaduto nella storia del paese e del mondo cattolico, che la validità dell’esperienza unitaria provata allora con i CC per volontà del Papa Pio XII e confermata dal "[…] tristissime vicende della prigionia e morte di Aldo Moro e dell’uccisione di Antonio Bachelet, nonché la trasformazione degli statuti dell’azione cattolica di Pio XI operata dai monsignori Costa e Guano", che hanno provocato l’attuale disorientamento degli elettori cattolici, la loro divisione e l’impossibilità così di "imporre il pensiero cristiano alla politica italiana".

"Una struttura analoga a quella dei Comitati Civici – conclude Gedda – dovrebbe però avere, a differenza di quanto avvenne nel 1948, una vita permanente, in modo che essa possa garantire un’efficiente presenza e controllo dei cattolici sulla moralità della vita politica".

Un certo rilievo merita la 47a udienza, avvenuta il 17 giugno 1952, di poco successiva al fallimento dell'Operazione Sturzo, quando il Papa avrebbe voluto la costituzione di un'unica lista per le elezioni comunali romane fra tutti i partiti anticomunisti, e incaricò don Luigi Sturzo di condurre appunto l'operazione. Ma Papa Pio XII e Gedda, che nel frattempo era diventato Presidente Generale dell’ACI dovette subire il rifiuto di tutti i presidenti dei rami dell’ACI, e cioè "[...] Carretto (Giac), Badaloni (maestri cattolici), Miceli (Gioventù Femminile) e Carmela Rossi (Donne Cattoliche), come pure la Fuci e i Laureati Cattolici; e questo perché l'operazione Sturzo coinvolgeva l’elettorato di destra. Soltanto Maltarello, presidente degli Uomini di A.C., si dichiarò favorevole".

Gedda trova il Papa "molto triste", che "[...] osserva che l'Azione Cattolica collabora non con la Chiesa ma con la Democrazia Cristiana", che gli parla di "amare scoperte", arrivando ad affermare che "l’Azione Cattolica, per la quale sono stati fatti tanti sacrifici, non è più nostra". In questo periodo matura il "ribaltamento" del pensiero di Carlo Carretto — che il 17 ottobre 1952 rassegna le dimissioni — la cui trasformazione si deve soprattutto "[...] all'influenza degli uomini della Democrazia Cristiana che lavoravano per un'intesa con i comunisti, e in particolare a Giuseppe Dossetti". A Carretto succede Mario Rossi, che "[…] portò nella Giac la tendenza a considerare la politica estranea alla disciplina ecclesiale dell'Azione Cattolica, conferendole invece un'impronta di tipo marxista conforme al socialismo sopravvissuto al fascismo nel suo Polesine"; anche lui, nel giro di due anni, viene costretto alle dimissioni con quasi tutti i dirigenti centrali della GIAC.

"La confusione non si manifestò soltanto ai vertici del partito, ma si estese anche alle organizzazioni cattoliche, per cui alla linea dell’ortodossia assoluta che aveva caratterizzato l’Azione Cattolica durante il fascismo e l’azione dei Comitati Civici, successe un periodo nel quale a causa del cattivo esempio della Democrazia Cristiana prevalse la linea di rispettare la democrazia qualunque essa fosse".

Esse ricalcano al denuncia di Papa Giovanni Paolo II nelle encicliche Centesimus Annus ed Evangelium Vitae a proposito della democrazia senza valori, dal relativismo che porta all’autodistruzione dello Stato e della stessa convivenza nazionale. Queste parole descrivono anche le difficoltà dei cattolici italiani negli anni 1950, immersi in una situazione di apparente grande consenso e forza, ma in una nazione che andava secolarizzandosi nella cultura e nel costume e nella quale stava guadagnando consensi una risposta sbagliata a problemi reali, quella che già allora assumeva i connotati del progressismo e che, nella ricostruzione di Luigi Gedda, aveva una posizione di forza e di grande influenza nella sinistra democristiana guidata da Giuseppe Dossetti.

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