Giovedì, 28 Marzo 2024


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Il pluralismo religioso in Sicilia

Il pluralismo religioso in Sicilia

Organizzato da: Assessorato Regionale ai Beni Culturali, Cesnur e Arcidiocesi di Monreale

Relazione dell’On.le Alessandro Pagano – Assessore Regionale ai Beni Culturali e Ambientali e alla Pubblica Istruzione

Nell’anno 2004 il nostro Assessorato aveva sostenuto con convinzione il CESNUR in un’ambiziosa ricerca sul pluralismo religioso nei comuni che costituiscono l’Arcidiocesi di Monreale attraverso una fase di somministrazione di questionari e una di identificazione delle minoranze religiose presenti sul territorio. Questa indagine aveva permesso quindi generalizzazioni di valore regionale e nazionale.

Inserendosi nelle linee-guida del progetto regionale "Identità è futuro" un nuovo progetto di ricerca del CESNUR, sempre concordato con l’Assessorato e che si esprime ora nel volume che sono lieto di presentare, ha inteso nell’anno 2005 continuare la riflessione concentrandosi principalmente su due concetti: l’identità, o meglio le diverse identità religiose siciliane (perché non ce n’è una sola) e il futuro della religione nella Regione, con riflessi e confronti nazionali e anche internazionali, nell’attuale quadro della globalizzazione che investe anche le identità e i valori religiosi.

La pubblicazione del volume, cui si aggiunge in questi giorni un sito Internet specificamente dedicato a questa indagine, permetterà di portare i risultati della ricerca su identità religiose e futuro del pluralismo alla fruizione del maggior numero possibile di cittadini siciliani (e non solo) – a partire dagli operatori della cultura e dell’informazione, degli insegnanti e degli studenti.

Ma questi risultati sono interessanti e meritevoli di riflessione anche da parte dei politici, tanto più di chi – come me – ha voluto caratterizzare il suo percorso di amministratore con una particolare attenzione alla religione, né ha mai voluto nascondere le sue convinzioni di cattolico ispirato dalla dottrina sociale della Chiesa.

Si conferma anzitutto che, contrariamente a quanto ci si potrebbe attendere, la Sicilia ormai non presenta variazioni significative rispetto ad altre regioni italiane, almeno con riguardo al campione esaminato, su temi come la magia, il malocchio, le fatture. Ormai si può parlare – anche se certe specificità restano – di un panorama sostanzialmente unitario che smentisce certe mitologie sulla presunta "Sicilia profonda". O, forse, l’"Italia profonda" non è (più) così diversa dalla Sicilia.

In secondo luogo, in generale le credenze alternative, soprattutto quelle legate a quanto più o meno propriamente era definito "New Age", pur essendo ancora vive e presenti, a partire da quella cruciale nella reincarnazione, non sono in aumento ma in diminuzione, a conferma che la cosiddetta "crisi del New Age" è un fenomeno reale e non inventato dai sociologi. Anche nella promozione e nel sostegno pubblico di iniziative culturali, puntare su manifestazioni ed eventi New Age – come avviene ancora in alcune regioni italiane – significa, magari per mero gusto di polemica contro la Chiesa cattolica che sul New Age ha una posizione critica, inseguire una moda che in realtà è in declino e interessa oggi un numero minore di persone rispetto a ieri.

L’adesione al cristianesimo (che nella ricerca è stato esaminato solo sotto il profilo delle credenze, così che il discorso potrebbe essere diverso quanto alla partecipazione e alla pratica) rimane, comunque si interpretino i dati, molto alta in Sicilia rispetto ad altre regioni d’Italia per non parlare dell’Europa comunitaria, e presenta sotto alcuni aspetti perfino profili di crescita.

Crescono sia l’interesse per le altre religioni, sia la consapevolezza che di alcune – in particolare dell’islam – non si conosce abbastanza, e c’è desiderio di saperne di più: un altro segnale e una sfida che il mio Assessorato è pronto a raccogliere, con iniziative che porteranno la conoscenza del pluralismo religioso nelle scuole e nelle biblioteche di tutta la Regione.

Con qualche avvisaglia anche precedente, dall’11 settembre 2001 il panorama è cambiato. Quando si parla di "pluralismo religioso" oggi l’attenzione prioritaria è rivolta all’islam. Il risultato è una evidente sovraesposizione di tutto quanto riguarda l’islam, mentre diminuiscono le possibilità di ricerca – quindi le ricerche – su altri aspetti del pluralismo religioso. Si rischia di ripetere la situazione degli anni 1970 quando i pentecostali moltiplicano per quattro il numero dei loro aderenti del mondo e diventano la seconda presenza mondiale all’interno del cristianesimo dopo quella cattolica, ma quasi nessuno studioso se ne accorge perché altre sono le priorità (all’epoca, non si trattava dell’islam, ma della "teologia della liberazione" e dei rapporti fra cristianesimo e marxismo).

Ma neppure questa considerazione è sufficiente. Non si tratta, infatti, di trascurare l’islam, il fondamentalismo islamico o il terrorismo, ma di mostrarne gli effetti anche nel nuovo modo di vivere il pluralismo religioso in aree, come quella dell’entroterra palermitano di cui si è occupata la ricerca, dove la presenza islamica è relativamente limitata. Infatti gli effetti dell’11 settembre non esplicano i loro effetti solo nei confronti degli studiosi, e di quelle amministrazioni pubbliche che finanziano esclusivamente ricerche (certo importanti, ma che non devono escluderne altre) sull’islam e le moschee. Interessano tutti.

Fanno diminuire la "nuova religiosità" e le credenze alternative, aggravando la crisi del New Age e concentrando di nuovo l’attenzione sulle grandi religioni, da una parte perché interessano i loro conflitti (cristianesimo/islam, islam/ebraismo), dall’altra perché nei momenti di crisi percepite come dotate di una forte componente religiosa (e la percezione davvero qui conta più di ogni possibile realtà) ciascuno riscopre e si attacca alla sua identità tradizionale e profonda e lì vede il suo futuro – anche se identità, come spiega il volume, non vuole dire necessariamente identificazione, concetto diverso che implica non solo un’adesione di principio ma anche comportamenti e pratiche coerenti.

Gli effetti dell’11 settembre non creano obbligatoriamente identificazione, non riempiono necessariamente le chiese, non trasformano come per incanto tutti i siciliani in cattolici fedeli ai Dieci Comandamenti. Pur tuttavia, fanno sì che un numero maggiore di siciliani rivendichi la propria identità cristiana e anche cattolica, che avverte come portatrice di sicurezza rispetto a minacce di cui si teme tra l’altro di sapere troppo poco.

La ricerca porta a concludere che un’identificazione, anche se talora resta debole e parziale e fatica a tradursi in comportamenti, con il cristianesimo e la Chiesa cattolica, è diventata la trincea dell’identità dove, inseguiti dagli effetti dell’11 settembre, sempre più spesso si finisce faticosamente per rifugiarsi.

Sono questi parametri, credo, che fanno della ricerca un aiuto a definire meglio l’aspetto religioso del progetto culturale della Sicilia che mira non solo a indagare, ma a promuovere, relazioni significative fra identità e futuro. In questa identità e questo futuro, nell’Europa di Benedetto XVI e del dopo-11 settembre, l’eredità cattolica continua a rappresentare per la Sicilia – pur nel doveroso e imprescindibile rispetto delle minoranze religiose – il punto di riferimento principale, il porto in cui noi siciliani ci rifugiamo ogni volta che, come in tempi lontani, ci sentiamo attaccati da pirati che purtroppo anche oggi non mancano. Per noi amministratori e politici cattolici si tratta di una conferma che non ci illude – proprio perché la ricerca mostra anche i limiti di questa identificazione – ma in più di un senso ci rassicura e ci conforta. Ma anche chi cattolico non è dovrà farsene una ragione e tenerne conto, perché solo chi rispetta i diritti delle maggioranze ha titolo a essere preso sul serio quando parla di diritti delle minoranze.

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