Mercoledì, 24 Aprile 2024


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Cessione Quote Srl, alta tensione tra notai e dottori commercialisti

Come tutti i lettori, nei giorni scorsi mi è caduto l’occhio sulle inserzioni pubblicitarie a pagamento del Consiglio Nazionale del Notariato sulla questione delle modalità di trasferimento delle quote di srl, la cui disciplina è stata appena innovata dalla legge di conversione del DL 112/2008.

Trattandosi di una innovazione normativa di cui sono stato (durante l’iter parlamentare) e sono convintissimo sostenitore, sento il dovere di formulare alcune considerazioni a fronte di un episodio che fatico a non definire increscioso dal punto di vista istituzionale.

La novità normativa, come credo sia ormai noto a tutti, consiste nel prevedere una modalità di deposito semplificata degli atti presso il registro imprese, mediante la valorizzazione di un importante strumento di modernizzazione dei rapporti tra cittadini e pubblica amministrazione, quale è e sempre più sarà la firma digitale.

Nel prevedere tale novità, si è comunque inteso salvaguardare le esigenze di tutela della fede pubblica ed il corretto funzionamento del registro delle imprese, prevedendo in via obbligatoria l’intervento di una figura professionale (il commercialista, ma in futuro potrebbe essere previsto anche l’avvocato) che, analogamente al notaio, coniuga la competenza per materia e lo status giuridico di professionista riconosciuto dallo Stato, soggetto ad obblighi deontologici che gli impongono di tutelare il proprio cliente nel rispetto però del pubblico interesse.

In altre parole, partendo dal presupposto empirico che assai spesso per questi atti interviene la figura professionale del commercialista, si è ritenuto opportuno consentire in questi casi a cittadini e ad imprese di non sobbarcarsi l’onere di un ulteriore passaggio dal notaio, fermo restando che, se il commercialista non interviene (perché naturalmente il suo intervento rimane nell’alveo delle scelte discrezionali delle parti), rimane ovviamente necessario transitare per il notaio.

La logica della norma è dunque quella di operare una riduzione di oneri per imprese e cittadini, snellendo le sovrastrutture dei controlli e valorizzando lo strumento della firma digitale, senza tuttavia esporre la tutela della pubblica fede a un meccanismo che possa prescindere dalla opportuna azione di filtro di categorie professionali al servizio del pubblico interesse.

Non sta a me entrare nel merito della diatriba che l’inserzione pubblicitaria del Consiglio Nazionale del Notariato ha innestato con il Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili, così come non entrerò nel merito di eventuali diatribe con gli avvocati qualora fosse anche a questi ultimi estesa in condominio la funzione di cui si discute.

Si tratta di professioni ordinistiche di grande tradizione e di pari dignità nel nostro ordinamento giuridico, ragione per cui posso solo esprimere il mio rammarico nel vedere tanta animosità.

Dal mio punto di vista di legislatore (nel mio piccolissimo, s’intende), devo però rilevare il mio sconcerto di fronte all’atteggiamento di una Istituzione pubblica (perché tale è il Consiglio Nazionale del Notariato) che discetta con toni accesi sull’opportunità di una legge appena votata e approvata dal Parlamento.

Niente da dire durante la fase progettuale ed il dibattito parlamentare, ma una volta che una norma è legge dello Stato, chi ha senso istituzionale del proprio ruolo ha di fronte solo due alternative: accettare la scelta del Parlamento e discutere poi alla luce dei risultati che verranno, oppure impugnare il provvedimento nelle opportune sedi, ove si riscontrassero vizi di legittimità.

Se questi vizi di legittimità non vi sono, la valutazione finale di opportunità compete al legislatore, ferma restando la possibilità di ridiscutere i provvedimenti assunti, non prima però che vi sia un arco temporale sufficientemente ampio che consenta di fare valutazioni su esiti concreti, piuttosto che su presagi di sventura.

Anche l’iniziativa del Notariato di cui ho letto in questi giorni, volta a seminare il panico tra banche e cittadini, in relazione ai presunti rischi che si correrebbero nel concedere e ottenere finanziamenti su quote i cui passaggi non siano avvenuti per il tramite di un notaio, mi sembra una iniziativa assolutamente estemporanea per una Professione dalla quale il Paese non si aspetta una operatività di stampo ottocentesco bensì una signorilità di stile e alto profilo istituzionale. Il Paese, infatti, ormai si aspetta innovazione e semplificazione.

Alessandro Pagano
Deputato PDL
Componente Commissione Finanze

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