

In risposta all’articolo: “perché va combattuto l’uso del contante” di Milena Gabanelli
Martedì 29 Gennaio 2013 10:25
Nota: questo articolo è stato scritto in risposta alla proposta Gabanelli, avanzata il 22 agosto 2012 sulle colonne del Corsera, ma non è stato pubblicato. Ritorna attuale in quanto il segretario del Pd, Bersani ha fatto propria la proposta della tracciabilità di ogni transazione economica, limitando l’uso del contante alle sole transazioni di infimo valore.
Una mia amica tedesca, si sentì rispondere di “no” da un direttore di banca tedesco ad una richiesta di prestito, con la seguente motivazione: “Perché lei fa un po’ troppe spese in profumeria…”.
Ovviamente il suo conto non era tanto per la quale, ma lei, come succede in molti Paesi del nord Europa, faceva tranquillamente uso della carta di credito per pagare ogni sua spesa. Mai avrebbe immaginato che la tracciabilità delle spese l’avrebbe condannata a rimanere senza prestito e nemmeno, cosa assai peggiore, che un direttore di banca potesse sindacare sui suoi comportamenti privati.
Tanto dovrebbe bastar per capire che le proposte della Gabanelli (ridurre al minimo l’uso del denaro contante, tracciare, tramite banca, ogni spesa possibile, tassare al 33% ogni prelievo e versamento in contati, salvo recupero, bontà sua, di una quota minimale per pagarsi il caffè o il giornale) sono fuor di luogo. Purtroppo il candidato premier del Pd, Bersani le riprende come obiettivi nel suo programma elettorale per le elezioni del 2013.
Bisognerà stabilire prima o poi Costituzione, oltre alla inviolabilità del domicilio e la riservatezza delle comunicazioni, il diritto di ogni cittadino di non essere né seguito, né tracciato, se non per ordine del Magistrato.
Ma la proposta Gabanelli-Bersani contiene ben di più e ben di peggio di quanto già detto. Quindi sarà il caso di essere più precisi.
1) innanzitutto nasconde la pretesa sinistrorsa (ma di questi tempi potremmo dire: cattocomunistoide) di controllare ogni movimento della società. Nasconde la spocchia di considerarsi superiore agli imprenditori, agli artigiani, ai commercianti, ai professionisti (la vera ricchezza della Nazione), tutti aprioristicamente considerati alla stregua di potenziali evasori. Le tasse per questi non sono mai abbastanza e quest’abito mentale giustifica l’ulteriore tassazione al 33% per il prelievo di soldi che hanno già pagato le loro tasse in quanto già tracciati.
La Milena dice che da 20 anni si occupa dei problemi dei cittadini. Gestisca lei allora per un anno un piccolo commercio in tempi di crisi, ne rediga, a fine anno, il bilancio non come andrebbe scritto, ma come Equitalia vuole che vada scritto, si giostri con una Pubblica amministrazione pletorica, petulante, invadente, ignorante, arrogante, inefficiente e pessima pagatrice, subisca un’ulteriore tassazione del 33% sui già stratassati incassi contanti che versa in banca e poi dopo ne riparliamo. I finanzieri –dice la Gabanelli – son troppo pochi. Forse loro sì, e sono anche mal pagati, ma è la restante parte della baracca fiscale che è eccessiva. E ogni lira spesa in controlli è una lira sottratta a produzione e servizi; Equitalia si vanta di aver recuperato 15 miliardi l’anno alle Casse dello Stato. Soldi che poi però vengono buttati in un calderone inefficiente. Soldi di cui, se fossero rimasti in circolazione, si sarebbe fatto altro uso. Di conseguenza quel che dice Equitalia sarà vero solo dopo che si sarà fatto il confronto della produttività dei due diversi utilizzi. Confronto che ci si guarda bene dal fare. Equitalia quindi facesse il suo lavoro, che pure serve, senza starcela a menare.
Noterete che si parla assai male di Equitalia, ma nessuno ce l’ha con la Guardia di Finanza. Eppure fanno lo stesso lavoro. La differenza sta nel fatto che mentre i finanzieri si muovono sul territorio e rilevano infrazioni reali, Equitalia se ne sta chiusa in ufficio e si muove nel regno delle presunzioni, degli algoritmi. Invia ai contribuenti lettere che non contestano fatti reali, ma lo informano che non risulta “congruo” a determinati parametri.
E’ possibile che tra la Destra che impreca contro lo Stato di polizia fiscale, che equipara, non senza qualche ragione, Equitalia alla Stasi (la polizia politica della Germania comunista) e una Sinistra che pretende un controllore ad ogni angolo di strada, non si riesca ad organizzare una società che si controlli da sola? E cioè che quel famoso 33% sia la quota di deducibilità dalle imposte di ogni servizio prestato da professionisti, artigiani, e autonomi vari? Allora sì che vedremmo una gigantesca riemersione, perché ogni transazione, come sia sia, avrebbe come controllore il soggetto interessato alla deduzione.
Col metodo Gabanelli-Bersani avremmo invece due circolazioni monetarie nettamente separate: una elettronica stracontrollata e una per contante, libera e felice. Cosa che peraltro già si verifica: avete notizia di qualche imprenditore cinese che si suicida o avete mai visto qualche bancarellaro del Bangladesh con la mascella tirata? Si rende conto la Gabanelli che esiste già una gigantesca circolazione in nero e per contanti?
2) l’ingiustificato attacco denaro contante, una delle più grandi invenzioni dell’umanità. Non ci si pensa più, ma il denaro fa tanti servizi, tutti assieme: mezzo di scambio e misura di valore dei beni; deposito di valore. L’unica vera preoccupazione che dobbiamo avere nei riguardi del denaro contante (a parte le banconote false) è che rischia di non essere più un deposito di valore. Un tempo quando gli Stati stampavano denaro, c’era l’inflazione. Ora questo fenomeno è sparito, anzi più d’uno chiede alla BCE di stampare Euro per finanziare la ripresa. Ciò vuol dire che il valore odierno del denaro è totalmente fiduciario, non più legato ad una riserva aurea o di altro bene. E se si perde la fiducia?
Ma per tornare a bomba: il denaro fa il suo lavoro. Se chi lo maneggia è pulito, sarà pulito; se invece è un evasore, sarà sporco. Ma basta che costui paghi una regolare fattura ed il denaro usato a tale scopo tornerà, in un baleno, meravigliosamente pulito. Allora perché tormentare la gente per bene con tonnellate di scartoffie, di estratti conto, di missive incomprensibili ai più o esporla al patema d’animo che le transazioni elettroniche possano essere craccate o che si blocchino, se i terminali non funzionano? Ma soprattutto:
3) perché mettere i cittadini nelle mani delle banche? Perché metterli nella condizione di dover trattare obbligatoriamente con le banche? Come se queste non ne avessero già fatti abbastanza di casini. E anche quando non ne fanno, è un’invenzione continua di nuovi oneri, di interpretazioni unilaterali delle norme. Come diceva Ken Lay, uno dei protagonisti della mega truffa della Enron, parlando delle regole federali americane sulla distribuzione dell’energia: “Il Governo può fare tutte le regole che vuole, ma io qui pago un esercito di furbacchioni che hanno come unico scopo quello di aggirarle.”.
Si è resa conto la Gabanelli che i più accaniti fautori della soppressione del contante sono proprio gli istituti di credito, non fosse altro per il fatto che così non sono più tenuti a spendere miliardi per maneggiare tutta quella carta? O che gli istituti tendono a lucrare sul lavoro altrui, semplicemente ritardando l’accredito della transazione sul conto del beneficiario? Basta qualche ora e sul monte delle transazioni sono miliardi. In tempi di crisi già si verifica il paradosso che si viene chiamati dalla banca per coprire una scopertura di conto, nonostante i soldi ci siano, a causa del fatto che gli istituti ci mettono fino a 5 giorni per accreditare i pagamenti tramite carta.
A qualcuno viene in mente quanti miliardi il Governo Monti ha già regalato alle banche con la sola norma che riduce a 1000 euro prelievi e pagamenti?
Ma la sinistra non era quella che ce l’aveva con le banche quale espressione suprema dell’oppressione borghese sul popolo? Quale stupefacente inversione di tendenza culturale ed ideologica è avvenuta nelle teste della Milena, di Bersani e di tutti i loro adepti?
Autocritica, compagni, in sezione e autocritica !
Corriere della Sera > Archivio > Perché va combattuto l' uso del contante
LA CRISI I CONTI PUBBLICI CONTRO IL SOMMERSO TUTTO VA TRACCIATO. COME? AD ESEMPIO COL POS OBBLIGATORIO E UNA TASSA SU PRELIEVI E DEPOSITI
Perché va combattuto l' uso del contante
Il governo può imporre alle banche di ridurre il costo delle transazioni
V ent' anni passati dentro i problemi dei cittadini comuni mi hanno insegnato che un Paese cambia quando loro, i cittadini, comprendono le ragioni di ciò che gli viene chiesto di fare. L' azienda chiude, il negozio non vende, una generazione non trova lavoro, un' altra non incassa né pensione né stipendio. Forse crollerà l' euro, ma loro non comprendono dove hanno sbagliato e non hanno gli strumenti per scegliere una classe dirigente che metta il cittadino al centro del processo economico. Sappiamo di avere la pressione fiscale più alta del mondo (per alcuni imprenditori onesti arriva al 70%), e la nostra economia sommersa comporta un' evasione annua di 154 miliardi di euro. Qualche mese fa un alto funzionario dell' Agenzia delle Entrate mi disse: «Se il commerciante o il piccolo imprenditore dovesse pagare per intero il dovuto, sarebbe costretto a chiudere». Quindi se non si abbassano le tasse non se ne esce, ma come fai a diminuirle con il debito che ci troviamo sulla testa? La riduzione degli sprechi e la razionalizzazione della spesa dovrebbero procedere parallelamente ad un piano di crescita, che non c' è, sulla quale il ministro dello Sviluppo Passera sembra piuttosto attivo; ma farebbe bene ad evitare possibili conflitti di interesse con attività detenute dai propri parenti. In sostanza per sfuggire alla morsa della speculazione e creare posti di lavoro ci servono tanti soldi! Le soluzioni finora individuate porteranno alle casse dello Stato 2,5 miliardi qui, 4 miliardi là... il resto è tutto da vedere e i tempi sono lunghi. I posti di lavoro saltano fuori investendo e abbassando le tasse, ma il premier Monti ha detto «non se ne parla», ovvero: la copertura non c' è. Secondo la Banca d' Italia l' evasione è il principale freno alla crescita poiché i mancati introiti impediscono al Tesoro di pagare tassi d' interesse dimezzati rispetto al 5,8% medio, distorcono la competitività del mercato e ci fanno rischiare il default. Befera ha precisato che la maggior parte dell' evasione avviene grazie all' uso del contante e che la microevasione ha grandi dimensioni. Allora forse si può aggredire il problema rendendo sconveniente l' uso del denaro! E attorno a questa possibilità sto da tempo portando avanti una proposta che potrebbe portare in tempi rapidi al recupero di quei 154 miliardi di sommerso. La strada sarebbe quella dell' eliminazione dell' uso eccessivo del contante. Un suggerimento che il premier Monti qualche mese fa aveva trovato degno di considerazione, ma poi è finita lì. I soli rilievi a me noti, sono quelli inviati da Francesco Lippi, professor of Economics all' Università di Sassari & EIEF, al governatore Visco. A parte l' errato paragone con l' inflazione, Lippi sostiene che il problema dell' evasione non deve ricadere sul comportamento dei cittadini; «la Guardia di Finanza faccia più controlli!». Giusto, ma basta documentarsi sul numero di persone che lavorano alla Guardia di Finanza, per capire l' esiguità dei controlli che possono fare. Evidente poi è l' iniquità degli studi di settore. Incrociare gli archivi dati dei beni posseduti con quelli dei redditi è utile, ma può essere fatto solo sulle grandi incongruenze, negli altri casi genera perlopiù ingiustizie e gravi distorsioni economiche. Viste le scarse risorse, sarebbe forse più opportuno concentrarle sul riciclaggio, sulle false fatturazioni, sull' elusione, insomma sulla faccia più organizzata della piaga. È vero che le carte di pagamento a debito, credito e smartphone sono meno diffusi in Italia che in altri Paesi, ma per il 15% delle famiglie che ancora non hanno un conto corrente cosa facciamo? Le lasciamo senza? Oppure diamo a queste persone accesso ad un conto corrente allo stesso costo che viene sostenuto per l' utilizzo del contante? Se per molti cittadini è insormontabile la scarsa dimestichezza con l' uso delle carte, come faranno ad affrontare le nuove regole della Pubblica amministrazione che prevede ogni comunicazione con i cittadini solo tramite e-mail? Tre anni fa, mezzo milione di poveri hanno avuto la «Social card»: il problema era procurarsela, non come usarla. Il professore di Economia ricorda che in quasi tutta Europa l' evasione fiscale è più bassa nonostante l' alto utilizzo di contante. Questo prova che in Italia abbiamo un problema molto grave e di massa. Sostiene che il pagamento tutto tracciabile comporta un incremento di costi e burocrazia per banche, imprese e famiglie. Per quel che riguarda le banche né il deposito, né il prelievo procurerebbero alcun aumento di burocrazia, ma solo più bit da archiviare in hard disk acquistabili a 100 euro al terabyte. Per quel che riguarda le imprese è incontestabile che sia più comodo ed efficiente, se non intendano evadere, pagare con assegni, bonifici o carte piuttosto che in contanti. Lo stesso vale per la Pubblica amministrazione. Il punto nodale è il costo delle transazioni, oggi troppo alto, ma il governo ha il potere (e il dovere) di imporre alle banche di ridurre il costo dell' utilizzo di mezzi tracciabili, fino a renderlo equivalente a quello del contante. E sarebbe ora visto che paghiamo le commissioni interbancarie fra le più alte d' Europa. La mia proposta prevede che venga resa obbligatoria per chi svolge attività commerciale la postazione pos per accettare bancomat e carte di credito. Ma come fare a rendere preferibile un pagamento tracciabile? Applicando a tutti i prelievi e depositi di contante una tassa del 33%, che però viene contemporaneamente restituita sotto forma di sgravio fiscale, per i primi 150 euro al mese a testa, quello che serve cash per le piccole spese quotidiane, come l' autobus, il giornale o il parcheggio. Sono 50 euro che ogni cittadino, ogni mese, ha in più se è stato così bravo da pagare tutto in modo tracciabile. Una tassa quindi che nasce per essere evitata, la cui ricaduta non può che essere l' emersione del sommerso. È ragionevole supporre che dei 154 miliardi evasi, lo Stato possa incassarne un centinaio entro i primi 12 mesi. Risorse con le quali abbassare subito l' Irpef, eliminare un tassa ingiusta come l' Irap e saldare i conti con le migliaia di aziende che stanno fallendo perché la Pubblica amministrazione non le paga, oltre ad abbassare il debito ben più che con le pianificate dismissioni. Tutto questo potrebbe essere possibile senza togliere servizi o inventarsi altre tasse, alle quali il popolo degli onesti e meno abbienti non potrà sfuggire, come ora sta avvenendo. Si innescherebbe il meccanismo virtuoso della concorrenza leale, e per gli evasori incalliti sarebbe più complicato aggirare i controlli sui depositi. Il farmacista o il dentista può anche continuare a non darti lo scontrino o la fattura, ma se a fine anno dichiara 100 euro e in banca ne sono transitati 1.000, l' Agenzia delle Entrate gli può dire «spiegami». Il professor Lippi, nelle sue considerazioni inviate al governatore della Banca d' Italia, usa parole generose per qualificare la mia dedizione al lavoro, però mi invita a non occuparmi di macroeconomia perché non ci capisco niente. È vero, non ho nessuna competenza specifica, ma non vedo proposte che vadano oltre i proclami. Le menti aperte e prive di pregiudizi, dovrebbero cogliere gli spunti che provengono anche da altri ambienti, ed entrare nel merito, prima di decidere se val la pena di considerarli o buttarli via. Non c' è dubbio che una svolta del genere presuppone un cambiamento culturale, ma la cultura è un concetto molto ampio. Per anni si è detto che l' India avesse una cultura incompatibile col successo economico, oggi la cultura probabilmente è rimasta la stessa, ma è cambiata la politica economica, e non si può più dire, riferendosi agli indiani: «Tasso di crescita indù». Monti invita i giornalisti a non chiamare «furbi» gli evasori. Li chiameremo più propriamente «ladri», o ancor meglio «criminali», perché portano un Paese intero al fallimento. Criminali però non si nasce, è facile diventarlo se ti ritrovi con la più alta pressione fiscale al mondo. «La principale verità liberale è che la politica può cambiare la cultura e salvarla da se stessa», scrive Daniel Patrick Moynihan. Cosa impedisce quindi di ragionare attorno alla possibilità che il cittadino, messo di fronte ad una scelta che gli porta solo vantaggi, non possa essere in grado di cambiare le proprie abitudini? Ricordo che solo tre categorie umane non possono fare a meno del contante: lo spacciatore, il delinquente, l' evasore. Categorie alle quali non sta certamente a cuore il futuro del Paese nel quale vivono, ma che sono evidentemente molto ben protette. Certo il rimedio è estremo, ma anche la situazione lo è. RIPRODUZIONE RISERVATA **** 154 55 miliardi di euro È il valore dell' economia sommersa in Italia secondo il rapporto di Confcommercio: un dato pari al 17,5% del Pil dal 2008 ad oggi. La stima è comunque in riduzione dopo il picco, raggiunto nel 2001, del 19,7% del Pil La percentuale della pressione fiscale effettiva nel nostro Paese secondo le analisi di Confcommercio, mentre quella apparente è ferma al 42,5%. Il balzo del 2012, si legge nel rapporto, è dovuto alla strategia di restrizione fiscale
Gabanelli Milena
Pagina 6 (22 agosto 2012) - Corriere della Sera
«Sono nulle tutte le clausole comunque denominate che prevedono commissioni a favore delle banche a fronte della concessione di linee di credito, della loro messa a disposizione, del loro mantenimento in essere, del loro utilizzo anche nel caso di sconfinamenti in assenza di affidamento ovvero oltre il limite del fido. La norma si applica alle banche che non si adeguano alle norme sulla trasparenza ai sensi della delibera del Comitato Interministeriale per il Credito e il Risparmio, adottata ai sensi dell' art. 117/bis del Codice bancario»
sabato 3 marzo 2012
Emendamento zero commissioni: il vertice ABI si dimette. Anche il mercato?
Pubblicato da Luca Erzegovesi - 11:42
Come racconta questo articolo del Corriere, l'Associazione Bancaria Italiana ha reagito clamorosamente all'emendamento del decreto liberalizzazioni che azzera le commissioni di ogni genere sulle linee di credito bancarie. Il Presidente Mussari e il Comitato direttivo si sono dimessi in segno di protesta. Ecco il testo incriminato dell'articolo 27-bis, come riportato dal Corriere:
«Sono nulle tutte le clausole comunque denominate che prevedono commissioni a favore delle banche a fronte della concessione di linee di credito, della loro messa a disposizione, del loro mantenimento in essere, del loro utilizzo anche nel caso di sconfinamenti in assenza di affidamento ovvero oltre il limite del fido. La norma si applica alle banche che non si adeguano alle norme sulla trasparenza ai sensi della delibera del Comitato Interministeriale per il Credito e il Risparmio, adottata ai sensi dell' art. 117/bis del Codice bancario»
Questo il testo della prima formulazione dell'emendamento. La frase finale (in corsivo qui sopra) è stata rimossa dal testo approvato (vedi versione sul sito del Senato).
Confindustria ha espresso solidarietà all'ABI, temendo effetti non trasparenti sul livello dei tassi di interesse. Gli artigiani di CNA hanno invece apprezzato la norma.
Il fatto è preoccupante. Rivela un disagio profondo nei rapporti tra le banche e i loro clienti, un disagio sfruttato e amplificato dalla politica.
Nessuno pare fidarsi del buon funzionamento del mercato bancario. Un mercato che funziona dovrebbe soddisfare i bisogni dell'economia reale con servizi di pagamento, strumenti di raccolta e di finanziamento, offerti a condizioni accessibili e competitive. Invece no, secondo i loro numerosi accusatori, le banche chiudono i rubinetti del credito, ritoccano all'insù gli spread creditizi, applicano commissioni e balzelli arbitrari ed esosi. Di qui la necessità di intervenire con blocchi amministrativi dei prezzi. E' davvero così?
L'emendamento zero-commissioni non ha nessuna logica economica. Se scelgo una linea di credito, e non un prestito ad ammortamento prefissato, vuol dire che mi serve una flessibilità finanziaria. E' un optional (letteralmente, un'opzione finanziaria) che si paga. Se non esistessero le aperture di credito, le imprese dovrebbero tenere scorte di cassa in eccesso, chiaramente ad un costo (opportunità) sulla parte non utilizzata.
L'articolo 27-bis non era nato monco, la frase finale semplicemente puniva le banche che caricano costi non pubblicizzati nei documenti trasparenza. Il legislatore che ha dato il colpo di forbice probabilmente ha provato l'ebbrezza dei popolani del Manzoni all'assalto dei forni. Tutto gratis! Folla in delirio.
Ma siccome ho stima dei legislatori, cerco di capire le ragioni di questa scelta di pancia.
Sono tanti ad avercela con le banche. Sono additate come prime responsabili della crisi a livello mondiale. Quelle italiane non hanno colpe dirette, però anche loro sono accusate di ricevere aiuti pubblici senza girarne i benefici al resto dell'economia: è il mantra del "governo dei banchieri".
Molti accusano le banche di aver fatto scardinare dal precedente governo i limiti anti-usura (vedi post del maggio 2011). Le banche se ne sarebbero approfittate, calcando la mano sui tassi. Sarebbe rimasta inefficace la soppressione (disposta ope legis nel 2009) della Commissione di massimo scoperto (vedi indagine della Banca d'Italia).
Prima della crisi, quando il credito era abbondante e l'economia tirava, le banche quotavano spread "sottocosto" a gran parte della clientela. E' impopolare dirlo oggi, ma era così. Alcune banche si rifacevano sulle componenti accessorie del costo del credito (e di altri servizi bancari).
Quando la crisi del debito pubblico ha dato una scossa al costo della provvista, si è dovuto correre ai ripari e il listino tassi ha fatto un salto all'insù. Non si vede ancora l'effetto sui tassi medi applicati, che risentono di condizioni nate prima della crisi o nei primi mesi post-crisi.
Dall'avvento dei Due Marî (Monti e Draghi) il quadro si è rasserenato. L'incertezza rimane alta. Nel 2012 il margine d'interesse delle banche italiane andrà meglio, un po' meno bene le rettifiche su crediti. Come nel resto del mondo, l'equilibrio gestionale delle banche è alla ricerca di nuovi punti di ancoraggio. Nel dubbio, si accumulano riserve strategiche, di liquidità e di patrimonio. Anche se la situazione (come spero) si assesterà, proseguirà l'ascesa dei tassi medi sul credito, e le punte di maggior rischio saranno tagliate col razionamento.
Può accadere che alcune banche (o filiali di banche) si stiano comportando male. Non è un motivo per intervenire d'autorità su tutto il sistema, per supplire a un mercato del credito che non funziona. E' giusto denunciare l'indifferenza e i favoritismi (lo sta facendo il quotidiano di Confindustria). Allo stesso modo bisogna scoprire e portare ad esempio i comportamenti virtuosi. Invece prevalgono il sospetto e la sfiducia.
C'è però un altra implicazione, che tocca i confidi. Se nei rapporti tra banche e imprese prevale il disagio, vuole dire che gli agenti di collegamento tra i due mondi fanno poco. Quali agenti? I confidi, naturalmente, e con loro gli sportelli credito delle Associazioni, i mediatori creditizi, i commercialisti e le altre società di consulenza finanziaria. Un mercato non trasparente è una manna per questi soggetti, perché aumenta il rischio di "maltrattamento" del cliente non accompagnato. Conoscere i direttori di filiale, pre-istruire le pratiche, scegliere oculatamente le condizioni migliori (magari con agevolazioni pubbliche o garanzie) fa la differenza, e giustifica la parcella, più o meno salata.
C'è il pericolo che questi agenti si scavino le loro nicchie ecologiche al riparo dell'inefficienza del mercato. E soprattutto, rischia di scomparire l'incentivo a far funzionare meglio la finanza dell'impresa.
Noto un sovraffollamento dell'offerta di servizi semplici, in cui l'agente raccoglie e trasmette informazioni aziendali alla banca, e cura la relazione.
Un'azienda paga il commercialista che estrae il bilancio provvisorio, il mediatore che lo elabora con un sistema di scoring, il confidi che lo ri-elabora e dà la garanzia, la banca che lo ri-ri-elabora e (finalmente) concede il credito. La filiera si mangia una bella fetta degli aiuti pubblici che supportano l'investimento, il credito, o la garanzia.
Se la contabilità aziendale (in senso lato) fosse organizzata meglio, quei dati potrebbero arrivare in banca senza necessità di doppi e tripli passaggi.
Servizi semplici si applicano a casi semplici: possono interessare imprese "bancabili" che non presentano criticità, negative o positive. Vanno bene per aziende in bonis o al massimo in osservazione, conosciute dalla banca. Non servono per trattare posizioni incagliate o già in sofferenza, o per imprese nuove o innovative. Gli agenti di cui sopra cercano di stare alla larga dalle gatte da pelare, che esigono tanto lavoro (e professionalità rare) per risultati incerti.
Così facendo, rischiamo esuberi crescenti di personale su attività a basso valore aggiunto con clientela che potrebbe farne a meno.
Resta un vuoto nell'offerta di servizi per le situazioni critiche, o nuove, proprio là dove si potrebbe creare maggior valore grazie alla conoscenza più profonda dei problemi (complicati) e al giudizio più saggio sulle decisioni da prendere, insieme con la banca, i creditori, i soci, ecc. Qui il fattore decisivo sono le persone. Il sistema attuale non forma persone competenti per queste attività complesse, piuttosto tutela i portatori di competenze mature.
E' un peccato, perché in una situazione di crisi la gestione delle situazioni critiche deve essere una cosa "normale". I "normali" gestori e facilitatori dell'accesso al credito (consulenti, mediatori, confidi, banche) devono farsene carico. Serve prima di tutto un salto culturale: chi opera deve imparare cose nuove, soprattuto deve prendersi carico di uno spettro più ampio di problemi. Ma se cambiano cultura e approccio ai problemi, deve cambiare anche la struttura dell'offerta. Oggi è troppo frammentata, piena di sovrapposizioni. Lasciata a se stessa, potrebbe peggiorare, con l'esubero che c'è di figure non specializzate (anche in banca) ricollocabili su "ruoli di relazione". Una filiera del genere sopravvive solo con sussidi pubblici, o rendite pagate dai clienti delle banche.
Nello scenario di oggi, una filiera riorganizzata di consulenza-garanzia-credito nel senso di una maggior efficienza da integrazione potrebbe fare sfracelli, in senso buono. Aspettiamo un imprenditore genuino che colga l'occasione.
PS 6 marzo: dal Sole 24 ore un aggiornamento sulle reazioni alle dimissioni dei vertici ABI; se ho capito bene c'è un confronto in atto tra il Parlamento (che vuole introdurre regole di trasparenza più stringenti sulle commissioni) e le banche; l'emendamento zero-commissioni sarebbe un modo per forzare l'introduzione delle nuove regole. E' grottesco il commento raccolto da alcuni parlamentari: l'emendamento non ha senso, ma ormai è andata così. Faremo un ddl per rimediare