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#terrorismo #missioniinternazionali: resoconto stenografico seduta n. 399 . 25 Marzo 2015

 

 

 

Discussione del disegno di legge: Conversione in legge del decreto-legge 18 febbraio 2015, n. 7, recante misure urgenti per il contrasto del terrorismo, anche di matrice internazionale,


nonché proroga delle missioni internazionali delle Forze armate e di polizia, iniziative di cooperazione allo sviluppo e sostegno ai processi di ricostruzione e partecipazione alle iniziative delle Organizzazioni internazionali per il consolidamento dei processi di pace e di stabilizzazione. (A.C. 2893-A)

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Pagano. Ne ha facoltà.

ALESSANDRO PAGANO. Grazie Presidente, l'intervento di oggi relativo al decreto-legge su terrorismo e proroga delle missioni internazionali risulta quanto mai opportuno e puntuale da parte del Governo e, quindi, da qui, il Parlamento si muove consequenzialmente.

I recenti attentati terroristici d'altronde, con l’escalation che c’è stata e la drammatica e pervasiva minaccia jihadista, di fatto rappresentano ormai un'emergenza per tutta l'Europa e, ovviamente, soprattutto per l'Italia. Le misure di cui oggi discutiamo costituiscono una parte significativa di un più generale impegno, finalizzato a difendere il Paese proprio da quest'attività terroristica.

Dobbiamo infatti chiamarlo «terrorismo». Questa, secondo il mio modesto parere, è già una variabile che va evidenziata. Troppe volte, – mi riferisco in questo caso al Viceministro degli affari esteri – leggiamo «ISIS». Invece, secondo il mio modesto parere, dobbiamo cambiare linguaggio e dobbiamo arrivare ad una nuova impostazione, anche nella comunicazione, a tutti i livelli. Infatti non si tratta di uno Stato, ma di una modalità terroristica, forse nuova nella comunicazione e nuova nel modo di agire e di fare, ma che nulla ha a che vedere né con uno Stato né con una religione, nello specifico l'Islam, che ovviamente non è questo.

Penso che questi siano aspetti preliminari importanti. Non per niente metto in evidenza anche che il Ministero degli affari esteri, e mi sorprendo non poco – ma lo dico senza polemiche, per carità, magari sarà una mera distrazione – non sia stato coinvolto in questo decreto-legge. La cosa francamente ci ha un po’ sorpresi. Riteniamo infatti che la visione complessiva, che sarebbe stata data in una circostanza di questo genere anche dall'impostazione culturale e strategica e politica del Ministero degli affari esteri, sarebbe stata in questo decreto-legge preziosa, specie nel dibattito e specie nella capacità di sapere realizzare un provvedimento adeguato.

È un provvedimento che comunque, in generale, è adeguato e che parte soprattutto da alcuni presupposti, alcune basi di partenza, che sono state realizzate in queste ultime settimane. È un segno evidente che tutto il Governo, tutto il Parlamento, tutta la nazione sono coesi nello sforzo, per evitare che i fatti di Parigi o di Tunisi abbiano a ripetersi anche in Italia, perché per il nostro sistema anche psicologico sarebbe qualcosa di drammatico. In generale lo è, ma lo sarebbe ancora di più in un contesto fragile socialmente, come è il nostro in questo momento.

Pertanto le iniziative che sono state prese e che – ripeto – sono presupposto per il decreto-legge che oggi stiamo trattando vanno salutate in maniera assolutamente positiva. Intanto cominciamo a dire che è positivo il fatto che il Governo e il Premier in testa si siano mossi a livello internazionale per la Libia, che è il nostro problema più vicino, ma che noi sappiamo bene essere anche la via di accesso per un certo tipo di terrorismo qui in Italia e, quindi, in Occidente. Il fatto, come dicevo, di avere messo in evidenza nell'agenda internazionale la vicenda libica penso sia qualcosa che debba essere visto positivamente e rimarcato in ogni sede e, quindi, ovviamente anche in questa.

Non era un fatto assolutamente scontato perché l'attenzione era rivolta all'est Europa, ai fatti dell'Ucraina, a dimostrazione di una geopolitica che si muove su basi completamente diverse e spesso non riesce a individuare non dico il vero problema o il vero pericolo, perché forse sarebbe presuntuoso, ma certamente pericoli di altrettanta rilevanza e di altrettanta pericolosità come quello dell'Ucraina. E la Libia, fino a un paio di mesi fa, era di fatto un problema marginale rispetto allo scacchiere internazionale.

Penso che oggi l'agenda di politica estera internazionale si sia modificata e questo è il frutto di un dibattito acceso che si è realizzato nel nostro Paese e che ci ha visto tutti protagonisti – lo dico con un certo orgoglio – anche e soprattutto il nostro partito, che dall'esterno ha cercato di dare un contributo concreto al dibattito e alle idee che devono essere realizzate per evitare problemi. Ma devo dare atto che il Governo si è mosso consequenzialmente e, devo dire, bene.

Così come, per esempio, è un dato consolidato che non si possono immaginare iniziative di politica estera, di qualunque genere e specie, dal peacekeeping ad altro, in prospettiva ovviamente, se non accompagnate dagli stessi Stati arabi moderati e dai Paesi africani, che sono, a loro volta, coinvolti da un terrorismo tanto becero quanto crudele e criminale. Sottolineo il riferimento all'Africa, perché è evidente che ci sono Paesi nella fascia mediana dell'Africa che ogni giorno, costantemente sono sotto minaccia e che, quindi, devono essere assolutamente coinvolti in questa comune azione.

Sul fronte interno, noi siamo stati altrettanto consequenziali. Penso che l'Italia – onore al merito al Ministro dell'interno – abbia assolutamente centrato una serie di obiettivi preliminari in questa fase, giacché, come dimostrano i decreti firmati nelle ultime ore, che hanno portato all'espulsione di 24 esponenti islamici di spicco, è evidente che le azioni repressive avevano un senso. Non è che stiamo parlando di due passanti che vengono individuati per caso; no, 24 nelle ultime ore vuol dire che c'era un movimento niente male – lo dico ovviamente con ironia – che si stava sviluppando in Italia. Chissà quante altre cellule dormienti ci sono, chissà quanti altri aizzatori, quanti altri propagandisti di odio ci sono in questo momento in Italia. Penso che operazioni di questo genere siano state propedeutiche a quello che è il decreto-legge che oggi stiamo trattando.

Penso che siano tutte iniziative da prendere in tempi rapidi. Il fatto stesso che ci sia stata una convergenza conta. Erano anni che non mi accorgevo di un pregiudizio culturale a priori e, invece, devo dire che in questo dibattito, in quello che sta succedendo in queste ore, c’è un'uniformità, un'omogeneità di intenti. Poi ovviamente ognuno declina in maniera diversa questi intenti. Però è positivo il fatto che in questo Paese, su questo argomento, avendo una minaccia che è quella che conosciamo, essa non venga trattata in maniera ideologica o aprioristica, come tante volte è accaduto da noi. È un buon segno, ovviamente non ci dobbiamo fermare.

Sul piano dell'informazione, dopo quello repressivo a cui ho accennato poc'anzi, dobbiamo migliorare molto. Il fatto stesso che, per esempio, continuiamo a chiamare, come dicevo poc'anzi, ISIS quello che invece non è Stato la dice lunga. Noi abbiamo l'esigenza di coniare, di individuare termini adeguati e di individuare il nemico – perché di nemico si tratta – della pace, del progresso, della prosperità. Questi signori vanno identificati con il nome che ovviamente essi meritano, cioè terroristi.

Dopo questa fase iniziale, entriamo nel vivo di questo decreto-legge, che ha sostanzialmente due pilastri fondamentali: la repressione, diretta a aumentare le pene e i reati con finalità di terrorismo e anche a prevenire gli eventuali reati che possono essere commessi, e poi il rinnovo delle missioni internazionali, elemento fondamentale strettamente collegato al contrasto del terrorismo internazionale, proprio perché necessario alla stabilizzazione delle aree di crisi. Su questo argomento, quando sarà il momento giusto, penso di poter dare un contributo anche ulteriore rispetto al dibattito precedente, o meglio ai dibattiti precedenti.

Infatti, è evidente che sulle missioni internazionali ancora dobbiamo dire delle cose rispetto al passato. Una certa parte del Paese orientata politicamente da certi gruppi politici ha sempre immaginato e pensato che le missioni internazionali fossero qualcosa di diverso rispetto alle esigenze prioritarie di un Paese.

I fatti di oggi hanno dimostrato che andare a fare una missione in Afghanistan significava spostare il confine del terrorismo a quelle latitudini. I fatti hanno dimostrato che, pian piano, c’è stato lo smantellamento di quelle forze. In questo caso, in Afghanistan, uno smantellamento in parte, visto che gli Stati Uniti d'America ormai hanno già confermato il loro ritiro, che se non avviene concretamente è per altri motivi, che qui è meglio non evidenziare perché andremmo fuori tema. È evidente, però, che il fatto che non ci siano più forze concentrate in quei contesti ha creato le opportunità perché il terrorismo internazionale dilagasse altrove.

Lo stesso principio vale per l'area del Medio Oriente; stessa opportunità non deve essere realizzata qui in Libia. Infatti, è evidente che la frontiera ultima per noi italiani è la Libia. Pertanto, le missioni internazionali ovviamente vanno riconfermate là dove sono necessarie e mi pare di poter dire che sono tutte necessarie. Sfido oggi chiunque a dire che nella polveriera del Kosovo non bisogna andare a mettere qualcosa, come se il Kosovo fosse da un'altra parte dell'universo. Ce l'abbiamo a poche centinaia di chilometri in linea d'aria. Ma, oltre a tutto questo, la prospettiva è anche quella della Libia. Ovviamente, la lingua batte dove il dente duole e a noi duole tantissimo lì.

A parte questi aspetti qui, l'Italia deve operare, quindi, in termini concreti ed incisivi sul piano internazionale e sul piano interno. Siamo chiamati, quindi, a discutere oggi sul piano interno e mi riferisco a questo provvedimento che, certamente, merita attenzione e deve essere ben comunicato anche all'esterno. Il terrorismo internazionale va contrastato attraverso una rinnovata e più incisiva azione preventiva, come dicevo, l'inasprimento delle norme penali già esistenti e la previsione di nuove tipologie di reato. Ovviamente, il riferimento ai foreign fighter è abbastanza chiaro. E, poi, viene rafforzata la presenza di giovani nei nostri militari.

Andiamo in ordine. L'articolo 2 introduce il contrasto ai foreign fighter, coloro che si arruolano per il compimento di atti di violenza e a finalità di terrorismo. Da questo punto di vista, è interessante il lavoro fatto a corredo e, cioè, il lavoro immaginato a favore della Polizia postale e delle comunicazioni con una black list sui siti Internet che vengono utilizzati per far sì che le indagini di polizia giudiziaria vengano effettuate sotto copertura. Non è banale sottolineare questo aspetto perché molti non si sa fino a che punto in maniera ingenua immaginano che le cose devono essere fatte in assenza di copertura, il che sarebbe, ovviamente, un annuncio di flop. Invece, per fortuna, penso che questa norma abbia centrato bene il contesto.

Accanto alle misure repressive citate, il decreto-legge al nostro esame prevede disposizioni anche di modifica della disciplina del codice antimafia. Abbiamo un'esperienza pluriennale, consolidata, riconosciuta a livello internazionale, dove siamo stati oggettivamente riconosciuti come bravi per le misure di contrasto che abbiamo saputo esercitare in questo ultimo decennio e anche più. E, allora, è chiaro che doveva essere integrato il catalogo dei destinatari delle misure di prevenzione personali applicate dalle autorità giudiziarie, inserendo anche coloro che compiono atti preparatori alla partecipazione di un conflitto all'estero a sostegno di organizzazioni terroristiche. Penso che sia un sistema intelligente su cui, ovviamente, bisognava operare.

Mi avvio alla conclusione, con gli ultimi due minuti. Viene introdotto un provvedimento di urgenza anche del questore. Questo è un aspetto che abbiamo fortemente sostenuto a livello culturale e anche a livello di dibattiti in ogni sede, perché le misure preventive personali potranno disporre il ritiro temporaneo del passaporto e la sospensione della validità ai fini dell'espatrio. La misura concerne anche altri documenti di identità. Così come vi è anche il nuovo delitto nei confronti di chi viola le misure imposte dal questore. In relazione a questo punto, è prevista, quindi, addirittura anche l'ipotesi facoltativa dell'arresto in flagranza. Gli articoli 9 e 10, infine, attribuiscono al procuratore nazionale antimafia le stesse funzioni in materia antiterroristica. Anche qui una visione lungimirante.

Chiudo con i servizi segreti che, mai come in questi contesti, devono operare un'azione incisiva alla lotta al terrorismo. A tal proposito, quindi, va sottolineata l'importanza della norma con la quale fino al 31 dicembre 2016 i funzionari dei servizi possono effettuare colloqui personali con i soggetti detenuti o internati. Peccato che non ci siano i Ministri competenti, però...

PRESIDENTE. Per favore...

ALESSANDRO PAGANO. ... penso che il Governo in qualunque caso avrà modo di parlarne nelle sedi opportune.

È chiaro che abbiamo l'esigenza di una riflessione ulteriore da fare a livello di servizi, perché è chiaro che tante cose che hanno caratterizzato questi ultimi anni non vanno, tante percezioni e tante sicurezze sono ormai abbastanza chiare e forse nell'agenda politica del Governo bisognerà mettere in evidenza anche questo aspetto che non è banale.

PRESIDENTE. Grazie ,onorevole Pagano, lo scampanellio non era per lei, era per liberare i banchi del Governo, ad onor del vero. Lei ha concluso nella pienezza e nella consapevolezza dei suoi tempi.

@alepaganotwit

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