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Dichiarazioni di voto finale dell'On. Alessandro Pagano (Lega-Noi con Salvini) sul provvedimento Legislativo "Testamento biologico" - Eutanasia.

 

 

 

 

 

 

Pillole 09/2017


 

 

 

 

Dichiarazioni di voto finale dell'On. Alessandro Pagano (Lega-Noi con Salvini) sul provvedimento Legislativo "Testamento biologico" -  Eutanasia.  

Camera dei Deputati 20 aprile 2017. 


Oggi giunge a termine un provvedimento legislativo, quello sul Biotestamento o come è meglio definirlo, dell'Eutanasia, che ci ha visti impegnati in un'ampia discussione da molti mesi. 

Una discussione che ci ha visto numericamente soccombenti nelle votazioni, ma vincenti nella certezza e nella qualità delle argomentazioni. 

Anzi, la discussione ha fatto emergere poche tesi, da parte di questa inedita maggioranza Partito Democratico-Movimento 5 Stelle, e fra l'altro tutte caratterizzate da due fattori, quello ideologico e quello del politicamente corretto.

Sul primo aspetto, si è notato che Pd e 5stelle hanno voluto realizzare una legge a qualsiasi costo e non si sono fermati davanti a nulla:

1.      Hanno introdotto il principio dell'autodeterminazione personale, persino sui minori e     sui disabili, come le peggiori leggi di Olanda e Belgio; 

2.      Non hanno badato all'etica dei medici e alla loro funzione vitale a vantaggio dei pazienti, facendoli passare in un colpo solo da "angeli della vita" a meri esecutori delle volontà altrui su decisioni prese dai pazienti “allora per oggi”, magari quando gli stessi avevano bel altra salute fisica o psicologica rispetto a quella dell'ora presente, o quando magari il livello scientifico della sanità era ben altro rispetto a quello odierno;

3.      Hanno violentemente rifiutato il principio dell'obiezione di coscienza ai medici, salvo poi entrare in contraddizione durante il dibattito, come le parole della relatrice hanno dimostrato nella parte finale degli emendamenti sull'articolo 1;

4.       Non hanno rispettato la vocazione degli ospedali religiosi, parte integrante e fondamentale del nostro Sistema Sanitario Nazionale;

5.      Sono stati cinici nel prevedere la soppressione dell'idratazione e della nutrizione assistita o artificiale che dir si voglia, giudicandole terapie e non, come in effetti sono, un trattamento vitale; 

6.      Non hanno avuto scrupoli anche a far passare norme incostituzionali, come l'articolo 5 e l'emendamento Vazio circa la organizzazione delle Dat a livello di territorio e conoscenza ai terzi. 

Sul secondo aspetto, quello dell'"ideologicamente corretto", non esito a dire che questa è stata la volontà scientifica del pd e di 5stelle per ingannare la gente e così mascherare la verità con ipocrisie.

La Lega proprio per questo si è assunta l'onere di denunciare sin dal primo istante che il ‘'re è nudo” e, cioè, che a prescindere da quello che possano avere detto il Partito Democratico e il Movimento 5 Stelle, che si ostinano a chiamare questa legge DAT o biotestamento, questa legge sempre eutanasia è!

Ne abbiamo svelato l'inganno, denunciando in ogni sede l'ipocrisia, di chi non si è voluto assumere di fronte all'opinione pubblica la responsabilità del proprio comportamento politico. Come giustamente  ha detto Maria Antonietta Coscioni, presidente dell'associazione no-life Luca Coscioni, giorni fa in una trasmissione televisiva "questa legge sul "Biotestamento è la via italiana all'eutanasia".

La Lega all'interno del variegato fronte pro-life è stata fondamentale in quest'opera di denuncia, al punto che la presunzione di superiorità intellettuale e morale che all'inizio trasudava da parte del Pd e di 5 stelle pian piano si è ribaltata in fragilità, smarrimento e insicurezza, proprio per la loro incapacità a saper controbattere alle nostre tesi.

Oggi grazie a noi è passato un messaggio chiaro e cioè che, questa è una legge contorta, inapplicabile, opaca, che lascia mano libera a quella parte di  Magistratura che è sodale culturalmente a questa maggioranza eutanasica, e che in nome di una giurisprudenza  "creativa",  come la chiamava  Antonin Scalia,  si inventa ogni giorno un nuovo  diritto,  interpretando se non addirittura ribaltando le leggi, degna figlia giuridica di quel relativismo etico  che ha ammorbato la nostra civiltà millenaria.

Ma dopo questa introduzione adesso vorrei scostarmi dalle dinamiche dell'agone politico e soffermarmi di più su una questione di fondo, già affrontata in quest'aula da un altro intervento, fra l'altro molto apprezzato, quello dell'On. Bersani. Egli diceva giorni fa: "Sappiamo bene, mentre facciamo una legge, che ci saranno sempre nella vita reale dei casi che una legge non può risolvere, casi al confine sottile fra diverse e sacrosante esigenze morali”.

L'Onorevole Bersani continuava: “Fino ad un secolo fa, il modello del morire - per dir così- è stato quello di un rito domestico, di vicinato, con il moribondo protagonista, con una trasmissione di valori, con la presenza di una rete familiare ed amicale al servizio del protagonista, secondo la volontà espressa o interpretata.  Solo da qualche decennio è l'opposto: la morte temuta non è più quella improvvisa” (quella che non ti dà il tempo di mettere l'anima in pace con il buon Dio, aggiungo io), “ma è quella irta di tubi, quella che non vuole arrivare mai, quella che ti imprigiona. Questa è la morte temuta oggi, è inutile negarlo. Non solo la tecnica, ma l'incrocio fra tecnica e mercato, l'incrocio fra tecnica, mercato, formalizzazione e standardizzazione di procedure ci hanno preso la mano. Noi possiamo dirlo con semplicità, così come lo direbbe chiunque: quando è proprio ora di andare, lasciatemi andare senza sofferenze inutili e il più vicino possibile ad una situazione domestica e affettiva. Non dovrebbe essere questo il principio di una norma di legge? Portatemi a casa: c'è, forse, una frase più umana di questa?” 

Ecco, vorrei rispondere indirettamente io all'onorevole Bersani, con rispetto e simpatia, non fosse altro perché non sono tanti i leader oggi che sappiano affrontare temi così delicati con una intelligente ragione, ma mi si consenta, anche con una prospettiva di fede. Ebbene sì!  È possibile "tornare a casa", o almeno in una simile alla dimensione domestica, o magari in quelle strutture che si occupano delle fasi finali della vita, là dove la famiglia non ce la fa, o non esiste. Questo fanno le cure palliative, a domicilio o in strutture apposite, e che hanno bisogno che la politica le sostenga e svolga azione sussidiaria intelligente e organizzata.

C'è uno spettro che pesa purtroppo, solo accennato, dall'Onorevole Bersani, ma è cruciale: quand'è ora di andare?

Al di fuori di questo spazio, si svolgono molte delle moderne discussioni quando si entra in una logica di autodeterminazione, che prescinde da "quando è proprio ora di andare". 

"Giudicare che la vita - è una citazione - vale la pena di essere vissuta o meno è rispondere alla questione fondamentale della filosofia", diceva Albert Camus.     

E questa non è una questione alla portata dei Parlamenti. Non deve esserlo. Il Parlamento, la vita né la dà, né la toglie.

Orbene, sono due sguardi differenti che si possono rivolgere a situazioni critiche, e che ci interpellano anche emotivamente.  Poiché fanno parte di quell'orizzonte di una persona umana, di ciascuno di noi, come delle persone che noi amiamo.

Uno è lo sguardo di chi ha l'intima certezza che la vita è un bene indipendente dalle circostanze che la accompagnano, che è qualcosa di ricevuto, mai totalmente a disposizione dell'uomo che è solo l'amministratore di un bene donato.

L'altro è lo sguardo di chi, scettico della prospettiva metafisica, pensa alla vita come uno stato contingente, governabile biologicamente, finché ci riesce, totalmente nella disponibilità del soggetto. L'uomo come padrone del proprio corpo e della propria vita. Ed ecco l'ideologia: si chiama tecnocrazia, o fiducia assoluta nei confronti del progresso. 

Sono posizioni anche filosoficamente già ampiamente indagate ed espresse, spesso con accenti letterari e arti poetiche pregevoli.

Papa Benedetto XVI, che è universalmente giudicato il più grande pensatore e filosofo vivente, cerniera tra un mondo che è crollato e un altro che sta nascendo,  nella Caritas in Veritate  si esprime così: “Campo primario e cruciale della lotta culturale fra l'assolutismo della tecnicità e la responsabilità morale dell'uomo è oggi quello della bioetica, in cui si gioca radicalmente la possibilità stessa di uno sviluppo umano integraleSi tratta di un ambito delicatissimo e decisivo in cui emerge con drammatica forza la questione fondamentale: se l'uomo si sia prodotto da sé stesso o se egli dipenda da Dio (…). Di fronte a questi drammatici problemi, ragione e fede si aiutano a vicenda”. “Solo assieme salveranno l'uomo. Attratta dal puro fare tecnico, la ragione senza la fede è destinata a perdersi nell'illusione della propria onnipotenza”. (Il superuomo che si sente super Dio, mi permetto di chiosare). Ma, attenzione anche: “La fede senza la ragione rischia l'estraniamento dalla vita concreta delle persone”. 

Qui oggi, noi siamo chiamati a svolgere un compito alto e pragmatico insieme: fare una legge, che avrà ripercussioni incisive, concrete e importanti nella vita di tante persone con sguardi diversi nei confronti della propria vita. Abbiamo ancora un anelito grande a svolgere un compito di giustizia applicata?

E ancora, questa legge che stiamo per varare è giusta?

Theodor Adorno disse che "il progresso visto da vicino è come passare dalla fionda alla megabomba".

Questo è il lato ambiguo del progresso. Il progresso in mani sbagliate è un progresso che procede verso il male. Il progresso messo nelle mani infantili dell'uomo di oggi è diventato arma letale.  E l'uomo di oggi non è solo un bimbo viziato ma è diventato anche un Super Dio che crede di generare figli con la pratica dell'utero in affitto, che vuole sopprimere la vita a piacimento dalla culla alla bara, con l'aborto e con l'eutanasia, così come ci ha sempre narrato una certa letteratura progressista. 

Il progresso per essere tale invece ha bisogno di una contemporanea crescita morale dell'uomo, ovvero la capacità di discernimento oggettiva del bene e del male.

Non è il desiderio personale cioè la volontà libertaria di fare tutto e il contrario di tutto della propria vita pur di far star bene se stessi a far andare avanti l'umanità, ma è l'Amore.

Solo chi ama veramente intuisce il vero senso della vita; è solo questa la chiave di discernimento tra il bene e il male. La misura certa del valore intrinseco di un uomo o di un'umanità è dato dal rapporto fra la sofferenza e il sofferente. Aiutare l'altro che soffre consiste soprattutto nel non lasciarlo solo quando questi è in una difficoltà fisica e/o psicologica. Questo è il vero pregio di una società.

Si chiama "consolazione" che guarda caso deriva dalle parole con-solatio, cioè stare con qualcuno quando questi è nella solitudine, nella difficoltà, nella fragilità.

Il Prof. Veronesi, quindi un vostro esponente culturale e scientifico, certamente uno che non era iscritto al fronte pro-life, diceva: "non ho mai visto nessuno desiderare il suicidio o la morte quando è assistito dai suoi cari, dalla sua famiglia o semplicemente dalle strutture sociali".

Questi sono i fatti e la verità.

Da oggi, abbiamo una legge che ammesso e non concesso che riesca a concludere tutto l'iter parlamentare delle due Camere, si presenta come un inno alla morte, all'egoismo, alla volontà liberticida, allo sdoganamento di presunti diritti civili che hanno filosoficamente, culturalmente e politicamente l'obiettivo di distruggere l'uomo in quanto tale.

La Lega-Noi con Salvini, convintamente voterà NO a questo provvedimento. 

 

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