Giovedì, 18 Aprile 2024


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Morire per il calcio. Nell'anniversario della morte dell'Ispettore Filippo Raciti

Un anno fa moriva l’ispettore di polizia Filippo Raciti, ucciso nel corso degli scontri durante il derby Catania–Palermo allo stadio Massimino. Catania commemorerà l’evento con una messa solenne nella Cattedrale, un torneo di calcio per bambini da 5 a 12 anni e un concerto al Teatro Massimo Bellini. La giornata di commemorazione, si aprirà proprio nel luogo degli incidenti, allo stadio, dove il capo della polizia, Antonio Manganelli, scoprirà una scultura che ricorda l’ispettore e proseguirà in Questura dove verrà scoperta una targa che ricorda i poliziotti morti in servizio.

Accanto al ricordo da parte delle Istituzioni di questo servitore dello Stato, non possiamo però non sottolineare le frasi ingiuriose e volgari ben visibili, con vernice spray rossa, sui muri della Facoltà di Lettere dell’università degli studi di Palermo. Scritte offensive e volgari contro Filippo Raciti che offendono la sua memoria. Una circostanza triste e di pessimo gusto, alla vigilia dell’anniversario della morte, che si ricollega da vicino con quanto accaduto lo scorso 11 novembre dopo la sciagurata uccisione all’autogrill di Badia al Pino del tifoso laziale, Gabriele Sandri.

Mi riferisco in particolare alle inaudite violenze scatenatesi nelle strade di Roma, dove sono state assalite caserme senza nessuna reazione da parte della polizia; neanche negli anni di piombo si era vista una cosa del genere. Certo nessuno auspicava che le forze dell’ordine uscissero nelle strade a sparare magari ad altezza d’uomo provocando stragi, eppure una società ha i suoi simboli che non possono essere calpestati impunemente: se anche una caserma è indifesa come potremo mai sperare che qualcuno difenda la nostra casa e la nostra famiglia?

C’è stata incapacità e mancanza di volontà di colpire i responsabili dei disordini, veri e propri segnali di resa da parte dello Stato. Lo stesso ministro dell’interno Giuliano Amato per certi versi ha giustificato "la resa" della polizia davanti all’assalto delle caserme: "Abbiamo evitato che ci fossero altri morti"; è stato lo stesso motivo per cui hanno suggerito agli uomini del Vaticano di non far andare il Papa alla Sapienza?

"L’11 novembre ha vinto la pretesa che la morte di un uomo in divisa abbia lo stesso valore della morte di un tifoso esagitato, ed è chiaro che l’incidente che ha visto come vittima Gabriele Sandri è stato soltanto il pretesto atteso da tempo per scatenare una guerra già a lungo pianificata proprio a questo scopo". (Riccardo Cascioli, La dittatura delle minoranze, gennaio 2008 Il Timone).

In quei giorni sui principali media è stato scritto che "Il calcio doveva fermarsi per Gabriele Sandri, come si era fermato per Filippo Raciti", oppure: "La vita di un ultras vale quanto quella di un poliziotto". I commenti erano di una posizione equidistante tra gli ultras e le forze dell’ordine, come se il pur condannabile errore di un poliziotto avesse lo stesso valore del disastro scatenato successivamente. Si è creato così, un preoccupante clima - scrive Cascioli – che ricorda tanto da vicino quel famigerato "né con le BR né con lo Stato".

Tutti hanno visto in Tv quelle scene di devastazione, magari ci siamo indignati, ma in fondo ci sono sembrati due eserciti di pari dignità. Quello che è accaduto quel giorno va ben oltre il fatto di cronaca, la sensazione è che il Paese sia stato ostaggio di una minoranza violenta, com’è successo qualche settimana fa con l’odiosa censura al Papa alla Sapienza. La stessa minoranza violenta e becera che oggi si permette di dileggiare la figura dell’ispettore Raciti.

Certamente la vita d’ogni persona è preziosa a prescindere dall’età, dalla razza, dalla professione e così via. Lo sappiamo bene, noi che difendiamo la vita dal concepimento alla morte naturale. Ma la morte di un poliziotto nell’esercizio del suo dovere (ovvero di difendere la sicurezza dei cittadini) è di una gravità molto superiore alla morte accidentale di un ultras durante l’esercizio di quello che lui sente un dovere, ovvero lo scontro coi nemici, siano essi tifosi di un’altra squadra o la polizia. (Ibidem).

Una società che sa distinguere il bene e il male, dovrebbe essere capace di distinguere anche chi opera per la sicurezza dei cittadini e per applicare le leggi e chi invece vuole trasgredire quelle leggi e mette a rischio la sicurezza di tutti. Quindi è giusto che la città di Catania proclami il lutto cittadino per la morte dell’agente Filippo Raciti, assassinato da ultras scatenati dopo il derby Catania – Palermo, mentre non avrebbe dovuto proclamarlo se a morire fosse stato un suo aggressore.

Alessandro Pagano

Domenico Bonvegna

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