Venerdì, 19 Aprile 2024


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A DISTANZA DI 7 GIORNI DAL VOTO DELL’#UMBRIA...

 

 

 

 

 

 

 

...EMERGE CHIARO, AL DI LÀ DEGLI STRAORDINARI MERITI DI #MATTEOSALVINI, che l’ex regione rossa, È UNA FOTOCOPIA IN PICCOLO DELL’#ITALIA. SOLO UNA VITTORIA SU SCALA NAZIONALE DELLA #LEGA POTRÀ SALVARCI DALL’ASSASSINIO (ormai quasi consumato) CHE HA IN MENTE L’#UNIONEEUROPEA.

Leggete questo bel pezzo di #AntonioSocci. #elezionisubito #Salvinipremier #BorgonzoniPresidente


Ci sono tanti motivi che spiegano il sorprendente voto dell’Umbria, ma il principale è rappresentato dagli indicatori sociali negativi : ricchezza individuale e collettiva, produzione industriale, crollo del Pil della regione di 14 punti percentuali (in 17 anni) rispetto alla media nazionale che è già di per sé disastrosa.

Il tasso di disoccupazione è più che raddoppiato in 10 anni e la disoccupazione giovanile è al 31,1% con una notevole fuga di ragazzi fuori regione per cercare lavoro. Il 17% degli abitanti è al livello di povertà.

A questo quadro si aggiungono l’inchiesta della magistratura sulla sanità e quel senso di abbandono che provano le popolazioni colpite dal terremoto, che si ripercuote nello stato d’animo generale (la vox populi ripete che la Sinistra si prodiga per gli immigrati, non per i terremotati italiani).

In Umbria sono palpabili la de-industrializzazione, il declino e lo scivolamento verso Sud, ma anche lo smarrimento sociale. Il voto umbro è sintomo di forte disagio e di rabbia.

Se nel nostro Paese, fino ad oggi, ci si limita a gridare la protesta con il voto, e per ora non ci sono i gilet gialli nelle piazze, è solo perché ​ – come mostra Luca Ricolfi nel suo ultimo libro “La società signorile di massa” – fa ancora da ammortizzatore il cosiddetto “welfare familiare”: due terzi della popolazione continuano a mantenere il loro tenore di vita grazie ai risparmi accumulati​ (finanziari e immobiliari) dalle due precedenti generazioni.

Ma tutto questo finirà presto, se l’economia non ricomincerà a crescere, e a quel punto il risveglio sarà per tutti molto traumatico. Dall’Umbria dunque arriva un segnale anticipatore. In effetti, un disagio analogo si avverte in tutto il Paese.

È incredibile che l’attuale governo non si preoccupi dello stato comatoso in cui si trova l’economia italiana, è sconcertante che non senta la sofferenza sociale e il senso di abbandono che prova la nostra gente.

Hanno varato un esecutivo che nemmeno prova a dire o a fare qualcosa per l’Italia, per far ripartire l’economia. Nemmeno fingono di avere un progetto e un’idea di futuro.

Niente. Apertamente, senza troppi alibi, fanno capire di avere solto tre scopi: impedire a Salvini e al centrodestra (che sono maggioranza nel Paese) di andare al governo; giocare la grande partita delle nomine di primavera ed eleggere fra due anni il nuovo presidente della Repubblica.

E l’Italia? L’Italia – a quanto pare – non è nemmeno nei loro pensieri. Infatti nella legge di bilancio non c’è nulla, ma proprio nulla, che possa aiutare il Paese a riprendersi, che possa far ripartire la crescita, che mostri una prospettiva di futuro.

Il governo – per tenersi in piedi – vuole solo evitare di aver problemi con l’Unione europea. Sembra l’unica loro preoccupazione: essere ligi agli ordini di Bruxelles. E ciò spiega questa incredibile Legge di bilancio che si sintetizza in un dato: miliardi di nuove tasse (c’è chi ne calcola 15).

Avranno un qualche effetto benefico? No. Lo sanno tutti che deprimeranno ancora di più l’economia e faranno aumentare il debito pubblico, ma sembra che al governo non importi: a loro basta avere l’approvazione di Bruxelles.

Fra l’altro continuando a subire l’umiliante rito dell’esame da parte del Commissario europeo ​ che ha già chiesto chiarimenti mandando nel panico l’esecutivo che teme una sola cosa: che – magari per uno scostamento dello 0,2% di deficit – il suddetto Commissario scriva la letterina di richiamo.

E giustamente Claudio Borghi, nei giorni scorsi, ha twittato: “Voglio un’Unione Europea dove le uniche lettere che – chi viene da un paese che riceve ogni anno il 2% del PIL – possa scrivere a un paese che paga, siano quelle con su scritto ‘grazie’. Volere questo è essere un pericoloso sovranista? Ebbene, confesso, sono un pericoloso sovranista”.

Borghi allude ovviamente ai tanti miliardi in più che l’Italia versa alla UE rispetto a quelli che le tornano indietro (gli altri vanno appunto a sostenere i paesi che poi esprimono questi Commissari che ci fanno l’esame).

Peraltro l’Italia sembra essere l’unico Paese costretto a stare dentro quei demenziali parametri di Maastricht, perché gli altri se ne sono infischiati e se ne infischiano. E a loro nessuno dice nulla.

Gli addetti ai lavori hanno calcolato che negli ultimi dieci anni l’Italia è stata fra i Paesi che hanno tenuto più basso il rapporto deficit/pil (il valore medio è al 3,2%), mentre la Francia è al 4,5%, il Portogallo al 5.9% e la Spagna addirittura al 7,1%.

Tutto questo è costato agli italiani enormemente: nuove tasse, meno servizi e infrastrutture, meno welfare, meno investimenti pubblici e meno occupazione. Tanti sacrifici hanno avuto effetti benefici? Al contrario: il debito pubblico è aumentato e l’economia italiana si è affossata ancora di più piazzandosi agli ultimi posti per (mancata) crescita.

I governi italiani del Pd, dal 2013 al 2018, non sono riusciti nemmeno ad agganciare una vera ripresa nel momento magico e irripetibile del basso costo del petrolio e del bassissimo costo del denaro dovuto al quantitative easing: restiamo il Paese europeo con la più bassa crescita.

Allora è evidente a chiunque che questa è la strada sbagliata ​ e che continuando a tartassare sempre di più gli italiani, si deprimerà ancora di più il pil, aumenteranno la disoccupazione e il debito pubblico, il quale – com’è noto – è un rapporto e non può scendere se non facendo crescere il Pil. È un circolo vizioso da cui non usciremo mai per questa strada.

Inoltre così si priva sempre di più il nostro Paese, il nostro popolo, della sua sovranità. Ma l’attuale classe di governo non ha nessuna intenzione di difendere né la nostra dignità nazionale, né i nostri interessi economici.

Che sia una strada sbagliata, che non risolve un solo problema e può solo aggravare la crisi dell’Italia lo sanno tutti e peraltro lo dimostra la storia recente.

Nel 1990 ​ l’Italia aveva un debito pubblico di quasi 620 miliardi di euro. Da allora siamo stati virtuosissimi, l’Italia è stata fra i paesi più virtuosi nel risparmiare (cioè nel farci dissanguare dallo Stato). Infatti abbiamo cumulato un avanzo primario fino al 2017 di ben 714 miliardi. Risparmi pagati in tasse e sacrifici enormi dalla popolazione.

Come si vede una cifra ben maggiore del debito pubblico di partenza. Ma il debito pubblico non è stato affatto azzerato, né ridotto, anzi oggi supera i 2300 miliardi.

Quindi le ricette lacrime e sangue che ci hanno inflitto non solo non sono servite a “sistemare” il debito, ma lo hanno fatto lievitare ​ enormemente e hanno annichilito la nostra capacità produttiva.

In sostanza quella che ci è stata presentata come la medicina (molto amara) in realtà ha prodotto la malattia. E vogliono continuare a infliggerla al Paese. Si vuole portare l’Italia alla fossa?

Se il potere d’acquisto del popolo italiano è crollato di circa il 40 per cento dall’epoca della lira a quella dell’euro, com’è possibile non capire che si è percorsa la strada sbagliata?

Se negli ultimi 20 anni​ la ricchezza del nostro Paese è cresciuta in media dello 0,2% ogni anno, significa che siamo praticamente a zero. L’economia è ferma.

Perché continuare per quella via? Vogliamo riconoscere una buona volta che i conti pubblici non sono affatto a rischio, ma a rischio c’è invece la condizione di vita e il futuro di milioni di italiani?

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