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Intervento in Aula concernente la vicenda dell'alluvione di Palermo

 

 

 

 

 

 

 

 

Resoconto stenografico dell'Assemblea. Seduta n. 373 di giovedì 16 luglio 2020


PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il collega Pagano. Ne ha facoltà.

ALESSANDRO PAGANO (LEGA). Grazie, Presidente. La Lega desidera offrire, come riflessione per questo momento tristissimo, una visione antropologica, visto che è più che evidente che tutti gli aspetti che sono legati a questa vicenda dell'alluvione di Palermo sono riconducibili a soluzioni tecnico-politiche assolutamente condivise da tutti. Non si può fare a meno di invocare lo stato di calamità ed interventi straordinari: è talmente palese, è talmente chiaro il fenomeno che su questo penso che siamo tutti d'accordo.

La Lega, invece e il sottoscritto, in particolare, essendo orgoglioso delle proprie radici -, cosa pensa di offrire come riflessione? Dicevo, una visione antropologica, Presidente, me lo consentirà, troppe volte è stato abbandonato questo aspetto filosofico, culturale, cioè prepolitico. Il sacco edilizio e l’assenza di manutenzioni, ha una precisa responsabilità: se ci fossero stati sindaci “passanti”, da una/due legislature, probabilmente non ne avremmo parlato. Ma qui ci sono aspetti legati a soluzioni senza continuità che durano da decenni. In Sicilia, ma anche in Italia, abbiamo assistito ad un processo di degrado che non è soltanto paesaggistico e urbanistico, ma è anche umano.

Le condizioni ambientali di molti nostri territori sono talmente gravi, che non ha più senso nemmeno parlare della “conservazione dei luoghi” quale unica soluzione. Invece è urgente provvedere al suo restauro, alla sua manutenzione e rinaturazione. Siamo, infatti, consapevoli che la lotta per la casa dell'uomo, l'ecologia, non può fare a meno dello strumento politico e, quindi, di un'alta visione del mondo. Sarebbe ora che almeno la classe dirigente che si rifà alla cultura cristiana, non parli più di ambiente nel generico, ma di Creato, giacché il passaggio nominale non è irrilevante, in quanto comporta l'assunzione di una prospettiva di responsabilità.

L'ambientalismo in quanto tale, l'ideologia fine a sé stessa, affidata, magari, a qualche ragazzina costruita dai media e dai poteri forti, è evidente che è finalizzata a qualcosa che è diverso rispetto al concetto di responsabilità, che non è soltanto quello legato al momento, ma è quello legato alla visione alta cui accennavo poc'anzi. Il Creato, quindi, porterebbe, per forza di cose, a un cambio di passo di non poco conto ovvero alla rinascita di un nuovo Umanesimo che consenta di mettere al centro l'uomo, con le sue forme architettoniche, ambientali, tutte orientate al bello, al bene e al giusto.

È evidente che la causa prima del degrado ambientale è l'abbandono dei luoghi, altro aspetto che si mixa con l'ideologia a cui ho accennato poco fa in maniera molto chiara. Bisogna incoraggiare economicamente, fiscalmente, finanziariamente, l'opera del contadino agricoltore, che deve restare a vivere nella montagna. Il suo lavoro umile di irreggimentazione delle acque del suo campo di coltivazione di piante, di alberi, del versante in quota, è la prima garanzia di sicurezza per chi abita a valle; eppure, abbiamo assistito esattamente al contrario: i fiumi che esondano a monte, spesso e volentieri, per motivi ambientalistici, vengono mummificati e non si possono - concludo - dragare adeguatamente, perché, per la visione ideologica a cui accennavo poc'anzi, ciò non è consentito. Di questo tipo di cose se ne occupò persino Luigi Sturzo.  Sturzo diceva: “la montagna controlla la collina, la collina controlla la pianura. Dopo la collina, l'attenzione si deve spostare alle periferie anonime e non umane”, a cui poco fa abbiamo accennato in termini di responsabilità politiche ben precise nella nostra città, cresciuta senza regola e in deroga a tutto.

Concludo, Presidente, cito una filosofa che non appartiene sicuramente alla cultura cristiana, ma che è, quindi, come tale, proprio questo motivo, utile alla riflessione di tutti. Dice Luisa Bonesio: “l'idea di comunità è la somma di presenze materiali, architettoniche, coltivazioni, spirituali, tradizioni, saperi locali, ritualità, simboli, delle generazioni precedenti sedimentate in un luogo. Dunque, per salvaguardare un luogo, non si può che salvaguardare la matrice formale di un paesaggio, cioè il suo carattere identitario, che costituisce il carattere singolare e insostituibile di ogni luogo. In altre parole, come i disastri ci stanno spiegando, non si può avere benessere, bellezza, sviluppo, senza l'opera costante, intelligente e oculata dell'uomo radicato nella sua tradizione, quell'uomo che invece da qualche decennio è stato mortificato da ideologie che hanno dominato e condizionato l’attività dello stesso” (Applausi).

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