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Anno 2008

Nessuno tocchi il bambino

Potrebbe essere il nuovo slogan per portare avanti la battaglia socio-culturale e politica pro life che vede laici e cattolici impegnati in un comune percorso per il rispetto della vita dal concepimento alla morte naturale. E’ fondamentale chiarire fin da subito che la battaglia contro l’aborto non ha nulla di confessionale, intervistato dal Quotidiano Nazionale il senatore Mantovano ha detto che non bisogna cadere nella trappola della confessionalizzazione del tema: non abbiamo bisogno del Papa o dei parroci per difendere la vita umana.

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Benazir martire per la Democrazia nel mondo islamico

Dopo Bachir Gemayel, Dani Chamoun, Shah Massud, Pierre Gemayel, ora Benazir Bhutto, cristiani e musulmani, sono eroi, combattenti per la libertà, la giustizia, l’indipendenza dei propri Paesi, uccisi perché non si piegavano ai nefasti disegni del terrorismo jihadista del fondamentalismo islamico. Chi ha a cuore la democrazia, la vera pace non può dimenticarli.

Benazir Bhutto leader del Partito del popolo Pakistano (il Ppp), avevano tentato di ucciderla il 18 ottobre scorso, appena aveva messo piede in Pakistan, lo hanno fatto ora, il 27 dicembre. "Hanno ucciso una donna. Una donna bella. Una donna visibile, anzi, visibile in modo palese e spettacolare", esordisce Bernard-Henri Levy su Il Corriere della Sera. Una donna per la quale era una questione d’onore, non soltanto tenere incontri politici in uno dei Paesi più pericolosi del mondo, ma farlo a viso aperto, senza velo – l’esatto contrario di quelle donne vergognose e nascoste, creature di Satana e pertanto maledette, le uniche donne tollerate dagli apostoli di un mondo senza donne".

Proprio in questi giorni ho finito di leggere un libro scritto da Alberto Leoni, La "Quarta" guerra mondiale, edito da Ares di Milano, una cronaca dettagliata, dei vari focolai di guerra che infiammano il pianeta dopo l’11 settembre, guerre dove il terrorismo del fondamentalismo islamico è quasi sempre protagonista e l’uccisione di Benazir Bhutto in Pakistan si situa proprio in questa 4 guerra mondiale (la terza è la cosiddetta guerra fredda tra Occidente e Urss) che il terrorismo jihadista ha scatenato.

Anche se si cerca di depistare le indagini, gli assassini della Bhutto sono sicuramente terroristi islamici, che la odiavano, perché rispettava tutte le religioni, era un simbolo della democrazia, amata e rispettata da inglesi e americani, è già per questo guardata con sospetto tra gli europei un po’ politically correct e un po’ sottomessi all’islam, scrive Maria Giovanna Maglie su Il Giornale del 28 dicembre.

"Hanno ucciso colei che era l’incarnazione stessa della speranza, dello spirito e della volontà di democrazia, non solo in Pakistan, ma in tutta la terra dell’Islam[…]. La Bhutto per i terroristi era secondo Levy, una minaccia più che politica, oserei dire ontologica. Benazir non gli avrebbe lasciato scampo: loro lo sapevano, e l’hanno ammazzata.

Anche secondo il sociologo Massimo Introvigne l’uccisione della Bhutto è una strage annunciata, condannata a morte da Ayman al Zawahiri, lo stratega di Al Qaida, così come vengono condannati a morte i dirigenti sunniti dell’Iraq che collaborano con il governo democratico, i politici libanesi che vogliono disarmare le milizie fondamentaliste, i dirigenti palestinesi che rifiutano la dittatura di Hamas, in pratica chiunque si oppone alla strategia sanguinaria del jihadismo qadista.

La Bhutto è stata uccisa perché si avviava a vincere le elezioni e soprattutto aveva un dialogo con l’islam non fondamentalista. "Nell’ultima intervista rilasciata prima di morire Benazir proclamava la sua fede islamica, su cui annunciava un prossimo libro dove avrebbe proposto un’alternativa al fondamentalismo, esprimendo perfino apprezzamento per Benedetto XVI e per il suo appello a un islam che sappia riannodare le fila di un dialogo fra fede e ragione". (Massimo Introvigne, E ora non lasciamo morire la democrazia pakistana, 28.12.07 Il Giornale).

Aveva un programma che prevedeva di coniugare modernità e identità islamica, alleandosi con l’Occidente. Non stupisce che Benazir avesse scelto come candidati alle prossime elezioni due esponenti di spicco delle minoranze del Paese, Shahbaz Batti, cattolico chiamato, "la voce dei senza voce" e Ramesh Lal, hindu.

Adesso quale sarà il futuro in Pakistan? "La tentazione è quella di annunciare brutalmente ai pakistani che il loro sogno di democrazia è finito, e che per contrastare i terroristi occorre tornare a una dittatura militare, non importa se incarnata da Musharraf o da qualcun altro". Questa è una scelta sbagliata perché come sostiene Condi Rice le dittature creano terrorismo. E in Pakistan i dittatori hanno sempre flirtato con i terroristi. Infatti, il ritorno alla dittatura militare non fa paura ai terroristi, anzi è quello che vogliono.

Secondo Introvigne il terrorismo colpisce perché non sta vincendo, ma perdendo. I popoli coinvolti nella guerra, tra l’altro quasi tutti musulmani, sono stanchi delle bombe; la popolarità degli ultra-fondamentalisti è ai minimi storici. A questo punto bisogna che l’Occidente deve insistere perché in Pakistan si voti, magari facendo un governo di grande coalizione che metta insieme gli eredi di Benazir, Musharraf e Sharif.

L’unico modo per rispondere a questa terribile sfida del terrorismo è quello di far diventare la bella Benazir Bhutto un simbolo per tutto il mondo; il modo migliore per rispondere ai terroristi secondo Henri Levy è quello di trasformare la celebrazione funebre in una manifestazione silenziosa e mondiale a favore dei valori della democrazia e della pace.

Benazir Bhutto deve diventare un simbolo, una bandiera, come Massud il "leone del Panshir", l’eroe afgano ucciso a tradimento il 9 settembre 2001 da Al Qaida. "Bisognerà che, dietro questa bandiera, si raccolgano tutti coloro che non hanno ancora seppellito ogni speranza di libertà nella terra dell’Islam[…] A noi, cittadini d’Europa e degli Stati Uniti, spetta portare il lutto che i nostri leader hanno, per ora e nella sostanza, vergognosamente dimenticato". ( Bernard-Henri Levy, Ora un gesto per non dimenticare, 29.12.07 Corriere della Sera).

Un’idea potrebbe essere quella di far conoscere questi eroici personaggi ai ragazzi nelle nostre scuole, perché il loro sacrificio possa essere ricordato. Sono questi gli esempi di cui hanno bisogno i nostri giovani.

Benazir è morta, ma la democrazia nel mondo islamico non può e non deve morire.

Alessandro Pagano

Domenico Bonvegna

   

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