Il Burka, ovvero quando un indumento diventa l'occasione per imporre una nuova ideologia. Alcune considerazioni in margine alla Proposta di Legge Sbai sul divieto dei Burka.

In piena epoca di terrorismo rosso (era il 22 maggio 1975) fu emanata la Legge dello Stato n. 152, recante “Disposizioni in materia di ordine pubblico”, la quale dispose che non era consentito l’uso dei caschi protettivi quando questo rende difficoltoso il riconoscimento delle persone nei luoghi pubblici.

A distanza di 35 anni, alla Camera dei Deputati l’on. Souad Sbai, brava e stimata deputata con doppia cittadinanza italiana e marocchina, ha presentato la proposta di legge n. 2422 che mira a modificare la vecchia legge del 1975 inserendo oltre al casco anche il burka e il niqab, quali indumenti di cui l’uso è vietato.
Perché la proposta della Sbai è ottima e va sostenuta ? Proveremo a spiegarlo in poche righe partendo dal presupposto che sotto il burka c’è un islam offeso, in quanto questo abbigliamento è maschilista e non religioso. Una donna libera infatti è più forte di 1000 kamikaze perché usa l’amore invece dell’odio, crea vite anziché distruggerle, forma pilastri sociali anziché caos e disordine.
Indossare un burka, invece, significa essere seppellita viva; far togliere questo indumento alle donne che sono state costrette a metterlo offre alla donna il diritto di riappropriarsi della propria immagine identitaria senza paura.
In questa epoca di grandi cambiamenti, non dovranno essere più le ideologie, più o meno apocalittiche  o messianiche, ma la libertà e la dignità a segnare la storia.
Bisogna insegnare alle nuove generazioni che se non apprendono che l’uomo e la donna sono esseri umani uguali di fronte alla legge e a Dio, tutto il nostro Paese fallirà gli obiettivi di integrazione che oggi si pone.
Fra l’altro il velo non è nemmeno una prescrizione religiosa dell’Islam. Nel Corano non c’è scritto da nessuna parte che le donne sono obbligate ad indossare il burka. Questa è un’invenzione recente. Qualche caso isolato fu segnalato ai primi del ‘900, ma il fenomeno divenne di massa negli anni ’70 per iniziativa dei Talebani.
Il Corano dice solo che le donne prima di entrare nelle moschee a pregare, devono coprirsi i capelli (non il viso e le mani) nonché tutte le parti sensibili sessualmente, per non attirare gli uomini mentre si sta pregando il Creatore.
Anche per quanto riguarda l’ordine pubblico questo è un dato certo. L’anno scorso in Pakistan, il capo di una rivolta riuscì a fuggire alla cattura nascosto sotto il burka di una donna e questo non è l’unico caso. 
Con il burka gli estremisti intendono conquistare l’Occidente prima culturalmente e poi politicamente. L’operazione è già partita in Belgio dove esiste dal 1974 un sistema educativo islamico parallelo a quello dello Stato, dalla scuola materna alla maturità.
In Italia una certa parte politica ben identificata, invece accetta il burka perché vuole sradicare le nostre radici ed espellere dal nostro modo di pensare tutto ciò che si rifà al diritto naturale e cristiano. Evidentemente questo è un ostacolo per la conquista del potere.
In conclusione chiudiamo questo “approfondimento” facendovi sapere che tutte le cose che avete avuto l’amabilità di leggere non le abbiamo dette noi ma Gamal Bouchaib, Presidente della consulta straniera in Abbruzzo; Samina Chabib, Presidente di Saadia Associazione donne marocchine; Mustapha Mansouri, Segretario Nazionale delle Confederazioni delle Comunità Marocchine in Italia; Abdellah Mechnoune, imam della moschea di Torino nonché Ambasciatore della Pace per l’ONU; Saber Mounia, Presidente dell’Associazione in Italia dei Minori stranieri non accompagnati; e da Pina Nuzzo, Responsabile Nazionale dell’Unione Donne in Italia. Sono state fatte il 1° dicembre u.s. alla presenza dei componenti della Commissione Affari Costituzionali della Camera dei Deputati.
Gli stessi hanno chiuso la loro audizione chiedendo, da musulmani, alla Commissione e al Parlamento italiano di approvare la proposta di legge Sbai.
“Lo avremmo chiesto anche se si fosse trattato di una prescrizione del nostro credo religioso, perché avrebbe rappresentato una grave violazione dei diritti umani e una evidente violazione del principio di uguaglianza fra uomo e donna, oltre a un danno grave alla salute delle donne dal momento che provoca un deficit evidente delle vitamine acquisite dalla luce del sole. A maggior ragione lo chiediamo visto che non è previsto dalla nostra religione”.
Adesso la battaglia diventa di tipo informativo. Far conoscere agli italiani queste preziose informazioni è quasi un obbligo morale.

Alessandro Pagano

Domenico Bonvegna

Si al burqa. Articolo sulla proposta di legge dei deputati Turco e Pollastrini