Interrogazione a risposta scritta. Al Ministro della Salute e al Ministro dell'Economia e delle Finanze.




Per sapere,
premesso che

la crisi economica e la turbolenza speculativa dei mercati finanziari, che di recente ha messo a dura  prova la stabilità, anche politica, di alcuni Paesi dell’Unione europea che appartengono all’Eurozona ha reso necessario il varo da parte del Governo italiano di una manovra finanziaria per il triennio 2010-2012 (decreto legge 31 maggio 2010, n. 78) finalizzata alla messa in sicurezza dei conti pubblici ed ad evitare gli attacchi degli speculatori internazionali;


in questo quadro il provvedimento varato dal Governo ha incentrato la sua azione lungo due direttrici, in particolare: maggiori entrate (legate per la maggior parte all’applicazione delle misure antievasione) e tagli delle spese, più del 70% dei quali sono rappresentati da riduzioni lineari nelle spese dei Ministeri o da semplici riduzioni dei trasferimenti alle Regioni e agli enti locali;
pesanti interventi sono stati operati su alcuni settori, quale quello della sanità alla quale è stata imposta – in particolare – la riorganizzazione della spesa farmaceutica;
la sanità pubblica sembra essere il settore che più di ogni altro è stato capace di dotarsi, nel corso degli ultimi decenni, di riforme strutturali che hanno contenuto il tasso di crescita della spesa e hanno consentito un continuo miglioramento della qualità dell’assistenza. Il livello della spesa sanitaria pubblica è inferiore a quello dei principali Paesi europei: 6,7% del Pil nel 2007, a fronte di una media dei paesi con sistemi di sicurezza sociale (Francia, Germania, Austria) dell’8,1% e una media dei paesi scandinavi con sistemi universalistici del 7,3% (Oecd Health Data 2009). Inoltre, la dinamica della spesa ha registrato negli ultimi anni un significativo rallentamento: mentre "nel periodo 2000-2005 il tasso medio di incremento della spesa sanitaria è stato pari al 7,3% annuo, nel periodo 2006-2009 il tasso è risultato pari al 2,9%" (Ministero dell’Economia, RUEF 2010);
anche rispetto al resto del settore pubblico, la sanità mostra livelli di performance decisamente più soddisfacenti. Nel 2009, ad esempio, la spesa pubblica primaria totale è cresciuta del 4,9%, mentre la spesa sanitaria pubblica è cresciuta solo dell’1,9% (Banca d’Italia, Relazione Annuale sul 2009): risultati questi, frutto degli interventi messi in atto dalle singole Regioni, autonomamente o obbligatoriamente a seconda della diversa capacità di governo;
la situazione è – tuttavia – decisamente più difficile per quelle Regioni alle prese con i piani di rientro (strumento necessario per riportare ordine nei conti e stimolare il necessario cambiamento nell’organizzazione sanitaria) dal deficit della spesa sanitaria (Lazio, Campania, Calabria, Abruzzo, Molise e Sicilia), in cui è operativo il blocco del turnover;
la regione Sicilia ha sottoscritto il 31 luglio 2007 il Piano di rientro, il quale disponeva espressamente il varo da parte della regione stessa di due importanti provvedimenti: la legge di riordino del sistema sanitario regionale e il decreto di rimodulazione della rete ospedaliera;
con la legge regionale 14 aprile 2009, n. 5 e il successivo decreto attuativo del 15 giugno 2009, n. 1150, la Sicilia ha onorato gli impegni presi con il Governo nazionale, il quale – al termine dell’ultimo tavolo di monitoraggio sul rispetto del Piano di rientro, svoltosi nell’aprile scorso – ha giudicato soddisfacenti gli sforzi fatti dalla Regione;
tutto ciò ha avuto i seguenti riflessi sulla riorganizzazione del servizio sanitario regionale: una riduzione dei posti letto ospedalieri per acuti; l’accorpamento di Presidi Ospedalieri in Distretti; l’accorpamento di Unità Operative in Presidi diversi nell’ambito dello stesso Distretto;
per quanto riguarda quest’ultimo aspetto si segnala che con una colpevole superficialità si sono equiparate le Unità Operative di Anestesia e Rianimazione alle Unità Operative di Farmacia Ospedaliera, Direzione Sanitaria, Laboratorio di Analisi e Radiologia solo perché fanno parte dell’“area dei Servizi”, declassando 35 Unità Operative Complesse ad Unità Operative Semplici di Anestesia e Rianimazione, andando ben oltre il 5% previsto dalla citata legge n. 5 del 2009, e prevedendo un solo Direttore (ex Primario) per ogni Distretto con Unità Operative distanti parecchi chilometri l’una dall’altra;
si evidenzia – altresì – che l’Anestesista-Rianimatore gestisce pazienti direttamente (sia in sala operatoria sia in rianimazione) rispetto ai colleghi della Radiologia, Direzione Sanitaria, Laboratorio Analisi e Farmacia Ospedaliera i quali non gestiscono pazienti e non hanno degenza;
l’attività di Anestesista-Rianimatore è indirizzata non solo alla tutela della salute, ma soprattutto della vita dei pazienti, intervenendo essi ogni volta che si verifica l’insufficienza di uno o più organi vitali sia nelle sale di rianimazione, sia nelle sale operatorie, sia negli altri reparti ospedalieri, sia sulle ambulanze del SEUS 118 (Sicilia Emergenza Urgenza Sanitaria);
attualmente sono attivi 257 posti letto distribuiti nelle 33 Rianimazioni, in una regione che ha 5.087.187 residenti (dati ISTAT dicembre 2008) che nel periodo estivo subiscono un notevole incremento. A causa della carenza di posti letto  spesso si improvvisa un posto letto di rianimazione utilizzando le attrezzature di sala operatoria o si trasferisce un paziente nelle regioni vicine con l’eliambulanza. Per ulteriore chiarezza si precisa che la regione Emilia Romagna con 4.066.122 abitanti ha attivi 269 posti letto di rianimazione (1 milione di abitanti in meno e 12 posti di rianimazione in più) e che la regione Lazio, con una popolazione vicina numericamente a quella siciliana, ha attivi 436 posti di rianimazione;
la regione Sicilia, tenendo come parametro di riferimento un posto letto ogni 10.000 abitanti, ne dovrebbe avere 501 mentre ne ha attivi solo la metà. Inoltre alcune Rianimazioni non sono attive, pur essendoci la disponibilità edilizia e di apparecchiature, per la mancata assunzione di specialisti in Anestesia e Rianimazione;
alla già grave carenza di posti letto si aggiunge l’altrettanto grave carenza in pianta organica di Anestesisti-Rianimatori: al dicembre 2008 erano vacanti 286 posti di Anestesia e Rianimazione in tutta la regione Sicilia e a ciò si è sopperito con assunzioni a tempo determinato, creando precariato;
in ottemperanza al piano di rientro dal deficit sanitario i concorsi  pubblici per assunzioni a tempo indeterminato nel settore sono bloccati dal gennaio 2007 e il blocco del turnover fino al 2012 è stato confermato anche dal citato decreto – legge 31 maggio 2010, n. 78 (manovra economica per il 2010-2012); 
il contestuale licenziamento degli assunti a tempo determinato comporterà il collasso definitivo delle attività ospedaliere per gravissima carenza di personale;
gli effetti di questa drammatica situazione si rifletteranno negativamente sull’erogazione dei servizi e, dunque, sui cittadini con particolare riguardo: alla riduzione drastica del numero degli interventi chirurgici e delle sedute operatorie; ai turni massacranti per gli Anestesisti-Rianimatori per garantire la continuità assistenziale; all’aumento delle percentuali di errori degli operatori  e di rischi per i pazienti; al mancato avvio dell’attività del parto indolore; alla riduzione dell’attività della terapia del dolore per i pazienti sofferenti; alla riduzione sul territorio di autoambulanze di rianimazione del SEUS 118;
nel 2009 nelle tre università siciliane (Palermo, Catania e Messina) si sono specializzati in Anestesia e Rianimazione 66 medici e tra questi più della metà  ha trovato lavoro nelle regioni del Nord Italia (Piemonte, Lombardia, Veneto, Toscana, Emilia Romagna) dove continuano a svolgersi concorsi pubblici;
-se non ritengano opportune, nell’ambito delle rispettive competenze e nel rispetto delle prerogative attribuite alle regioni in materia sanitaria dalla normativa vigente, iniziative volte a scongiurare il pericolo che sia negato ai cittadini siciliani il godimento del diritto alla salute costituzionalmente garantito e a garantire in modo appropriato ed uniforme in tutte le realtà regionali – e, dunque, anche in Sicilia – gli standard minimi qualitativi e quantitativi delle prestazioni sanitarie (LEA). 

PAGANO

MARINELLO