Modifica all’articolo 5 della legge 22 maggio 1975, n. 152, concernente il divieto di indossare gli indumenti denominati burqa e niqa.

CAMERA DEI DEPUTATI N. 2422


 PROPOSTA DI LEGGE D’INIZIATIVA DEI DEPUTATI SBAI, CONTENTO, PAGANO ed altri

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 Modifica all’articolo 5 della legge 22 maggio 1975, n. 152, concernente il divieto di indossare gli indumenti denominati burqa e niqa.

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Presentata il 6 maggio 2009 

ONOREVOLI COLLEGHI ! — La legge 22 maggio 1975, n. 152, recante « Disposizioni a tutela dell’ordine pubblico », all’articolo 5, dispone che « È vietato l’uso di caschi protettivi, o di qualunque altro mezzo atto a rendere difficoltoso il riconoscimento della persona, in luogo pubblico o aperto al pubblico, senza giustificato motivo. Il divieto si applica anche agli indumenti. È in ogni caso vietato l’uso predetto in occasione di manifestazioni che si svolgano in luogo pubblico o aperto al pubblico, tranne quelle di carattere sportivo che tale uso comportino. Il contravventore è punito con l’arresto da uno a due anni e con l’ammenda da 1.000 a 2.000 euro. Per la contravvenzione di cui al presente articolo è facoltativo l’arresto in flagranza ». Questo articolo è stato modificato in senso più restrittivo e consono alla « ratio » di tutela dell’ordine pubblico: infatti, il secondo comma, modificato prima dall’articolo 113, quarto comma, della legge 24 novembre 1981, n. 689, e poi dall’articolo 10, comma 4-bis, del decreto-legge 27 luglio 2005, n. 144, convertito, con modificazioni, dalla legge 31 luglio 2005, n. 155, recante « Misure urgenti per il contrasto del terrorismo internazionale ».
Inoltre, l’articolo era stato già sostituito dalla legge 8 agosto 1977, n. 533, recante « Disposizioni in materia di ordine pubblico ». In sostanza, le misure antiterrorismo (citato decreto-legge n. 144 del 2005,convertito, con modificazioni, dalla legge n. 155 del 2005), rendono più severa la novellata legge n. 152 del 1975, che proibisce di circolare in luoghi pubblici con il viso coperto: la pena passa da sei mesi o un anno di reclusione a uno o due anni di reclusione e all’ammenda da 1.000 a 2.000 euro. Su questa disposizione si è formato anche un orientamento giurisprudenziale, non consolidato ma non contraddetto, che ribadisce la necessità di tutelare l’ordine pubblico con misure atte a evitare occultamenti o travisamenti di identità, anche per scongiurare atti di terrorismo internazionale che, ovviamente, ricomprendono quelli di matrice islamica, su cui apparrebbe opportuno, intervenire più incisivamente, puntualizzando il concetto dell’utilizzo, residuale, « di qualsiasi altro mezzo idoneo » a travisare o a mascherare la persona umana, in modo da impedire o da rendere difficoltoso il suo riconoscimento, ricomprendendovi specificamente i particolari indumenti indossati dalle donne di religione islamica che, appunto per le loro caratteristiche, coprono interamente il corpo, rendendo impossibile il riconoscimento delle persone che li indossano (burqa e niqab). Infatti, il divieto penalmente sanzionato dal citato articolo 5della legge n. 152 del 1975, nel testo  novellato dall’articolo 2 della legge n. 533 del 1977 (in materia di ordine pubblico), riguarda principalmente, l’uso di « caschi protettivi » o (quindi, in via residuale) di qualsiasi altro mezzo idoneo a travisare o a mascherare la persona umana, in modo da impedire o da rendere difficoltoso il suo riconoscimento. Ne consegue che l’ambito di applicazione della norma stessa, secondo la Suprema Corte di cassazione, è «limitato alla sola ipotesi in cui l’individuo compaia in luogo pubblico o aperto al pubblico, in condizioni idonee a dissimulare o nascondere la propria persona nei suoi caratteri esteriori percepibili, sia occultando i dati somatici del viso con caschi ed altri mezzi idonei sia usando di tali mezzi per travisare o alterare caratteristiche fisiche ».
La Corte conclude la motivazione, infatti, affermando che, colui il quale venga trovato a bordo di un’autovettura avente i vetri laterali e quello posteriore parzialmente oscurati da pellicola autoadesiva deve essere assolto perché il fatto non costituisce reato, in quanto difetta l’uso del mezzo vietato sulla persona dell’agente (Cassazione penale, sezione I, sentenza n. 11977 del 13 dicembre 1985). Indossare indumenti come il burqa e il niqab, che nulla hanno a che vedere con la cultura della maggioranza delle donne immigrate che vivono in Italia, ma che costituisce un obbligo imposto alle donne da estremisti che vengono dall’Afghanistan, dal Pakistan e da altri Paesi dove prevalgono la cultura estremista e il retaggio di costumi disumani e di violenze familiari inaudite e inammissibili sia in linea di principio sia, in particolare, se le donne vivono in Paesi civilmente evoluti.
Per questo la presente proposta di legge intende rafforzare e puntualizzare la portata del divieto di utilizzo di mezzi atti a occultare i dati somatici del corpo e del viso, che rendono difficoltoso il riconoscimento della persona, prevedendolo specificamente, nell’articolo 5 della legge n. 152 del 1975, affinché non vi sia possibilità di esclusione nell’ambito dei mezzi residuali previsti oltre ai caschi protettivi, l’utilizzo degli indumenti indossati dalle donne di religione islamica. La presente proposta di legge consta di un solo articolo.

 

                                                         PROPOSTA DI LEGGE

 

Art. 1.

1. Al primo comma dell’articolo 5 della legge 22 maggio 1975, n. 152, e successive modificazioni, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: « È altresì vietato, al fine di cui al primo periodo, l’utilizzo degli indumenti femminili in uso presso le donne di religione islamica denominati burqa e niqab ».