Violazione dei diritti alla libertà religiosa


Atto Camera

Mozione 1-00334

presentata dai Deputati MARINELLO, PAGANO ed altri

testo di

lunedì 1 marzo 2010, seduta n.291

La Camera,

premesso che:

secondo il rapporto diffuso il 30 dicembre 2009 dall'agenzia Fides, organo della Congregazione per l'evangelizzazione dei popoli, nell'anno 2009 sono Stati uccisi 37 operatori pastorali: 30 sacerdoti, 2 religiose, 2 seminaristi, 3 volontari laici. Sono quasi il doppio rispetto al precedente anno 2008, ed è il numero più alto registrato negli ultimi dieci anni. Il conteggio di Fides non riguarda solo i missionari ad gentes in senso stretto, ma tutti gli operatori pastorali morti in modo violento; di proposito l'agenzia non usa il termine «martiri», se non nel suo significato etimologico di «testimone»; nel mondo vi sono oggi circa 2 miliardi di fedeli cristiani, 200 milioni dei quali vittime di persecuzione. Secondo il Rapporto 2008 sulla libertà religiosa nel mondo dell'associazione Aiuto alla Chiesa che soffre (ACS) sono più di 60 le nazioni nel mondo dove si verificano gravi violazioni del diritto alla libertà religiosa dei propri cittadini, ma contro i cristiani in quanto tali sono rivolti tra il 75 e l'85 per cento degli atti contro una religione;

le situazioni di maggiore criticità si verificano:

in Iraq, dove dal 2003 continuano a verificarsi violenze ed esodi forzati di cristiani. Secondo l'episcopato caldeo dal 2003 circa 150mila cristiani hanno scelto la via dell'esilio e 750 fedeli hanno perso la vita in attentati. I cristiani erano 1,4 milioni nel 1987, oggi sono meno di 800.000. Durante la visita «ad limina Apostolorum» che i vescovi iracheni hanno effettuato in Vaticano alla fine di gennaio 2009, è stato denunciato il «silenzio assordante» sulla drammatica situazione dei cristiani iracheni. L'aggressione non è solamente fisica, ma si esercita anche tramite estorsioni, danneggiamenti ai beni, rapimenti, intimidazioni quotidiane in strada e sull'accesso dei luoghi di culto e l'imposizione della «jezya», la califfale tassa di protezione riservata ai non musulmani. La città di Mosul è stata teatro di una vere e proprie carneficine e, ad oggi, febbraio 2010, si assiste a circa un omicidio mirato al giorno. Il 23 febbraio 2010 una intera famiglia cristiana è stata sterminata nella propria abitazione. Alcune cittadine del nord a prevalenza cristiana hanno istituito proprie milizie, con le quali controllano gli accessi alla città. Numerosi cristiani stanno fuggendo dalle principali città (Mosul, Bagdad) in queste enclavi armate creando veri e propri ghetti;

in Pakistan, dove nei primi giorni di maggio del 2009 la Corte Suprema ha stabilito che la violazione della legge sulla blasfemia, in vigore dal 1986, comporta necessariamente la pena di morte; tale legge rappresenta lo strumento peggiore della repressione religiosa e della persecuzione dei cristiani (circa 4 milioni, il 2 per cento della popolazione) e secondo l'agenzia Asianews, che fa capo al Pontificio istituto missioni estere (PIME), ad essa sono imputabili almeno 50 esecuzioni; a Gojira, nel Punjab orientale, nell'agosto 2009 centinaia di estremisti musulmani hanno aggredito ed arso vivi 7 cristiani, tra cui quattro donne ed un bambino, accusati di aver profanato il Corano; la storia degli ultimi anni in Pakistan è piena di assalti a chiese e villaggi cristiani motivati da scandali sulla blasfemia montati ad arte: Kasur (giugno 2009); Tiasar (Karachi, aprile 2009); Sangla Hill (2005); Shantinagar (1997). Gli autori rimangono il più delle volte impuniti, grazie alla connivenza delle forze di polizia e dei funzionari di governo. Le leggi religiose pakistane creano dunque una sorta di umanità inferiore e aggredibile. Emblematico il caso della 12enne Shazia Bashir. La ragazza, di fede cristiana, è morta il 23 gennaio 2010 in seguito alle violenze - anche sessuali - inflitte dal suo datore di lavoro, un avvocato musulmano di Lahore, già presidente della locale camera penale. Nessun legale intende assumere le parti dell'uccisa in quanto gli avvocati della città hanno minacciato di «bruciare vivo» chiunque oserà prendere le parti della vittima;

in India, dove una nuova ondata di attacchi contro cristiani e le loro istituzioni è cominciata nel settembre 2008 dopo l'uccisione ad opera di un commando maoista di un leader radicale indù, della quale sono stati accusati i cristiani. Secondo la All India catholic union, le violenze del settembre 2008, nel solo stato dell'Orissa, hanno fatto 60 morti e 18 mila feriti. Sono state distrutte 56 chiese (compresa l'antica cattedrale indiana di Jabaipur), 11 scuole, 4 sedi di ONG, attaccati 300 villaggi e incendiate o distrutte oltre 4 mila case spingendo alla fuga più di 50 mila persone. Il 30 settembre 2008 al vertice di Marsiglia tra UE e India, il presidente di turno Nikolas Sarkozy, su richiesta italiana, ha sollevato al premier indiano Manmohan Singh la questione del pogrom anticristiano cui è seguito l'annuncio del Governo indiano di comminare punizioni esemplari per fermare la barbarie nei confronti dei cristiani; tuttavia le violenze contro cittadini di religione cristiana sono proseguite anche se in tono minore; anche la recente decisione del Governo di risarcire con 200 mila rupie (circa 3.200 euro) ogni chiesa distrutta e 100 mila rupie quelle danneggiate, non ha mancato di scatenare le proteste dei fondamentalisti indù, che sono tornati a minacciare i cristiani;


in Egitto, dove si è tinta di sangue la vigilia del Natale copto; il 7 gennaio 2010 tre uomini a bordo di un'auto hanno ucciso sette persone all'uscita della messa. Secondo il vescovo della città Kirollos «...si tratta di "una guerra di religione vogliono mettere fine alla presenza cristiana in Egitto"» ed ha aggiunto: «Era il mio assassinio quello a cui mirava il piano. Per giorni ho atteso che accadesse qualcosa alla vigilia di Natale». I copti d'Egitto sono la più grande minoranza cristiana in Medio Oriente, rappresentando circa il 15 per cento della popolazione. Hanno da sempre lamentato episodi di discriminazione da parte della maggioranza musulmana. Negli ultimi 30 anni la stima dei fedeli rimasti uccisi o feriti in attacchi si aggira attorno alle 4 mila vittime. Il 21 gennaio 2010 il Parlamento europeo ha adottato una risoluzione di condanna delle violenze anticristiane del natale 2009; in una nota del ministero degli esteri egiziano del giorno successivo gli incidenti sono dichiarati «un affare interno» sui quali «nessuno dall'esterno deve interferire», rinfacciando alla UE comportamenti razzisti ed anti-islamici;


nei Paesi asiatici o del nord Africa islamico i Governi hanno in generale una struttura sufficientemente radicata per intervenire sul territorio: la persecuzione è quindi basata su leggi discriminatorie oppure, anche a fronte di una formale tutela minima, le violenze sono costituite da esplosioni locali con la copertura più o meno ampia delle autorità;


più complessa e variegata è invece la situazione nella cosiddetta «Africa nera» dove dal 1994 al 2008 sono stati uccisi ben 521 tra sacerdoti, religiosi e operatori pastorali di cui ben 248 di loro solo in Ruanda nel 1994 e 40 seminaristi in Burundi nel 1997 (le cifre sono state presentate nel novembre 2009 nella prima sessione del Sinodo Africano); in una sorta di tragica equazione si può dire che in quei luoghi le violenze sono direttamente proporzionali alla debolezza degli Stati, agli interessi economici collegati alle ricchezze del sottosuolo e alla progressiva avanzata dell'Islam, che radicalizza preesistenti attriti tribali; nell'Africa nera, i cristiani sono presenti tra la popolazione in percentuali sufficienti da organizzare una reazione, talvolta legale, ma altre volte violenta; occorre sottolineare che nei casi di violenza definibile «cristiana», come in Nigeria o in Egitto, questa è immediatamente e sistematicamente sconfessata dalla Chiesa locale e dalla Chiesa di Roma, una differenza enorme rispetto alle pratiche di giustificazione, se non addirittura di incitamento, che, salvo ammirabili eccezioni, sono in genere poste in essere dai leader religiosi islamici o induisti;


riferendosi a quanto accaduto nell'area sub-sahariana dell'Africa negli ultimi 12 mesi:


a fine gennaio 2009 la Corti islamiche conquistano Baidoa, in Somalia, sino ad allora controllata dalle truppe etiopi; primi giorni di luglio 2009, gli estremisti islamici somali del gruppo Al Shabaab, ricollegabili ad Al Quaeda, decapitano in Somalia sette persone accusate di essere «cristiane» e «spie»;

il 13 agosto 2009, in Sudan, sette cattolici africani sono stati atrocemente giustiziati da predoni ugandesi dell'LRA, che operano tra le frontiere di Uganda Sudan e Congo; il 16 agosto, ci sono state altre tre crocifissioni e altri sei cattolici sono stati assassinati nella stessa zona;

in Eritrea le autorità hanno ordinato alla Chiesa cattolica di cedere al Ministero per il benessere sociale e il lavoro tutte le strutture sociali, quali scuole, cliniche, orfanotrofi e centri d'istruzione per le donne. Varie fonti indicano che ci sono non meno di 2.000 a detenuti per ragioni religiose, arrestati a partire dal maggio 2002 per la loro fede, incarcerati per mesi e anni senza accuse formali e senza processo; l'Eritrea sta diventando un terminale dell'Iran per la distribuzione delle armi;


la situazione più grave si registra in Nigeria, che è uno Stato federale, dove la legge islamica è stata imposta in alcune regioni del nord, costringendo migliaia di cristiani ad abbandonare le proprie case. In alcune città del Paese, come Jos, nella regione centrale, le due comunità vivono a stretto contatto e ogni minima provocazione può far esplodere le violenze; nel luglio 2009 si registrano oltre 700 morti negli scontri tra esercito e integralisti islamici, che volevano estendere la sharia a tutta la Nigeria; nel gennaio 2010 almeno 464 le vittime, a Jos, in scontri tra cristiani e musulmani;


complessivamente negli ultimi decenni la popolazione cristiana in Africa è scesa dal 70 al 50 per cento. E in atto in Africa un forte processo di islamizzazione con un progetto diffuso anche se non organizzato: ghettizzare e successivamente annullare la presenza cristiana. Queste considerazioni sono evidenti se si segue l'avanzata in Nigeria, Ciad, Somalia, Sudan, Etiopia, Repubblica democratica del Congo; in questo ultimo Paese solo nel 2009 sono stati uccisi 4 missionari (2 sacerdoti, i religiosa e i operatore laico della Caritas); a riprova di quanto detto si segnala contemporaneo annuncio, il 1o febbraio 2010, di due diversi gruppi associati ad Al Quaeda con riferimento alla situazione in due diversi Stati africani: dopo le stragi dei mesi scorsi, Al Quaeda del Maghreb islamico si è messa a disposizione dei musulmani nigeriani promettendo formazione militare e offrendo armi; nello stesso giorno i miliziani islamici della Somalia, hanno unito le forze e hanno deciso di rilanciare la «jihad internazionale di Al Quaeda... per liberare l'Africa Orientale e il Corno dall'oppressione della minoranza cristiana»;


i sottoscrittori del presente atto di indirizzo non possono non sottolineare la enorme somiglianza di questa «escalation» di violenza e sopruso contro le minoranze cristiane, con quella che portò dalle leggi sulla protezione del sangue e dell'onore tedesco del 1935, alla notte dei cristalli del 1938, alla Shoah. Simile la progressiva demonizzazione e spersonalizzazione del presunto avversario, al fine di facilitarne la persecuzione e l'assassinio. Anche la metodologia utilizzata per giustificare le aggressioni o per classificarle come «spontanee» è similare. La notte dei cristalli fu descritta dal nazismo come reazione di popolo all'uccisione a Parigi di un consigliere d'ambasciata da parte di un giovane ebreo per vendicare la deportazione della sua famiglia; simile è pure la sostanziale inerzia, se non connivenza delle autorità locali, che in taluni casi forniscono addirittura copertura o appoggio logistico agli assalti; a questa inerzia si contrappongono spesso le promesse di intervento delle Autorità nazionali, con risarcimenti o condanne, che quasi mai giungono a buon fine; simile infine la progressiva ghettizzazione della popolazione aggredita, che finisce col raccogliersi (o essere costretta) in aree di concentramento, nella speranza di potersi meglio difendere;


durante l'ultima Conferenza episcopale dei vescovi dell'Africa, a fine ottobre 2009, il vescovo della diocesi sudanese meridionale Tombura-Yambio, ha chiesto che l'Europa e tutta la comunità internazionale guardi con più attenzione al suo Paese, intervenendo per porre fine a una situazione di massacri quotidiani nei confronti dei cristiani che vivono in Africa; l'osservazione può essere estesa a tutte le comunità cristiane perseguitate nel mondo; di fronte ai massacri a sfondo anticristiano i giornali dell'occidente cosiddetto cristiano, in genere pregni di retorica solidaristica, si limitano a registrare i fatti, al punto che monsignor Angelo Amato, prefetto della Congregazione delle cause dei Santi ha correttamente osservato che taluni animali in via di estinzione sono più difesi dei cristiani;


osserva l'editorialista Panebianco che «... in un'epoca di risveglio religioso generalizzato sono ricominciate in molti luoghi le guerre di religione ... dove i cristiani sono solo vittime, mai carnefici. Da dove deriva tanto disinteresse per la loro sorte? Sono all'opera diverse cause. La prima è data da un atteggiamento farisaico secondo il quale non conviene parlare troppo delle persecuzioni dei cristiani se non si vuole alimentare lo «scontro di civiltà»; ... la seconda causa ricalca la tesi dei fondamentalisti islamici o indù secondo cui il cristianesimo altro non è se non uno strumento ideologico al servizio della volontà di dominio occidentale sui mondi extra occidentali... Ne derivano il silenzio sulla libertà religiosa negata ai cristiani, soprattutto nel mondo islamico, e il disinteresse per le persecuzioni che in tanti luoghi subiscono. Ne deriva anche una sorta di illusione ottica che a molti fa temere di più i segnali di risveglio cristiano (del tutto pacifico) in Italia (e il Europa) che tante manifestazioni di barbarie religiosa altrove...»;


la Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo, adottata dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite il 10 dicembre 1948, sancisce all'articolo 18, fra l'altro, che «ogni individuo ha il diritto alla libertà di pensiero, coscienza e di religione; tale diritto include la libertà di cambiare religione o credo, e la libertà di manifestare, isolatamente o in comune, sia in pubblico che in privato, la propria religione o il proprio credo nell'insegnamento, nelle pratiche, nel culto e nell'osservanza dei riti.». Libertà di culto significa dunque libertà di manifestare la propria fede; viceversa in taluni Paesi sottoscrittori della Dichiarazione è considerato proselitismo, e quindi perseguibile, anche solo possedere la Bibbia; data l'impossibilità di fare missione esplicita, giudicata dai governi una forma di proselitismo, la presenza cristiana nei paesi islamici e in India si caratterizza in due modi: testimonianza della fede vivendo tra la gente; promozione di opere sociali, lavorando in ospedali, scuole, orfanotrofi. I missionari cristiani danno educazione e possibilità di riscatto a persone molto povere, toccando però gli interessi di coloro che sono abituati a sfruttarli; il fondamentalismo indù all'origine delle stragi in India, è da connettere al sistema sociale delle caste; d'altro canto «... la pazienza, il riserbo, la moderazione delle reazioni, lo spirito di perdono dimostrati dalle comunità cristiana hanno in sé un potere di evangelizzazione»;


il tema della libertà religiosa e della persecuzione dei cristiani nel Mondo è stato più volte affrontato dalle Camere che hanno approvato una serie di atti di indirizzo che hanno impegnato il Governo:

ad adoperarsi in tutte le sedi comunitarie ed internazionali nonché nell'ambito dei rapporti internazionali bilaterali, affinché vengano garantiti i diritti fondamentali della persona e le libertà religiose;

ad assumere in particolare iniziative volte a contrastare le persecuzioni delle comunità cristiane in India, in Iraq e in altri Paesi da parte di gruppi fondamentalisti ed estremisti;

a considerare il dramma delle persecuzioni come prioritario nell'ambito delle relazioni bilaterali ed internazionali;

ad attivarsi presso le autorità nazionali indiane, affinché garantiscano alla comunità cristiana il diritto alla libertà e alla sicurezza;


l'Unione europea ha recentemente approvato una risoluzione in cui è stata ribadita la centralità della difesa delle minoranze religiose e l'intenzione di considerare ulteriori iniziative per favorire la libertà di religione. Una risoluzione analoga contro l'intolleranza religiosa è stata presentata dall'Unione europea alle Nazioni Unite ed è stata approvata per consensus, ossia senza una esplicita espressione di voto contraria, nel dicembre 2009: la risoluzione conferma le posizioni e gli impegni da sempre patrimonio delle Nazioni Unite, tuttavia è ormai evidente la necessità sottoporre all'esame dell'Assemblea generale ONU un documento politico più avanzato che autorizzi l'applicazione di misure sanzionatorie nei confronti degli stati, che perseguano evidenti forme di persecuzione e discriminazione;

impegna il Governo


a perseguire con la massima determinazione gli indirizzi già approvati in sede parlamentare ed elencati in premessa;


ad attivarsi in sede comunitaria prima e presso le Nazioni unite successivamente, al fine di portare all'esame dell'Assemblea generale documenti che:

definiscano universalmente i concetti di blasfemia, ma soprattutto di proselitismo religioso, specificando che la testimonianza di fede e la promozione di opere sociali non possano essere in ogni caso ostacolate;

sottolineino l'incompatibilità tra la sottoscrizione della Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo e le limitazioni alla libertà di culto, prevedendo che gli Stati che approvano il documento possano applicare in forme progressive misure sanzionatorie per gli Stati che prevedano ostacoli legali alla libertà di culto, trattamenti legali differenziati per le minoranze religiose o che palesemente non intervengano nei confronti di atti persecutori contro la religione avvenuti nei propri confini;

introducano il concetto di reciprocità quale principio che deve regolare non solo i rapporti tra Stati, ma anche quelli tra confessioni religiose;


a valutare la possibilità di incrementare le quote di ingressi umanitari in favore degli immigrati cristiani provenienti da Paesi ove siano in corso persecuzioni, con particolare riguardo all'India, all'Iraq e all'Egitto;


a destinare quota dell'Aiuto pubblico allo sviluppo per il sostegno e la tutela delle missioni cristiane in Africa;


ad intervenire in via diplomatica, sia unilateralmente, sia assieme ai partner europei, nei confronti del Pakistan affinché sia soppressa la locale legge sulla blasfemia;


ad introdurre norme volte a favorire, in termini lavorativi, fiscali e di benefici per l'accesso al pubblico impiego, le attività di volontariato umanitario e cristiano in tutte le aree mondiali in stato di emergenza.

(1-00334)
«Marinello, Pagano, Gioacchino Alfano, Calabria, Ceroni, Ciccioli, De Girolamo, Fallica, Vincenzo Antonio Fontana, Frassinetti, Laboccetta, Moffa, Paroli, Romele, Saltamartini, Santelli, Di Biagio, Lorenzin, Leo, Biava, Proietti Cosimi».

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