Guai a chi attenta all’Unità d’Italia! Una riflessione a 150 anni dalla sua unificazione

 

 

Molti sanno che l’Unità d’Italia è nata in modo sbagliato, ma in qualunque caso oggi è un valore.

Aldilà degli errori storici e delle vittorie di chi forse non doveva vincere, siamo convinti che ormai essa deve essere difesa così com’è.


 

 

Proviamo a spiegare il perché. Viaggiando per l’Italia tutti notano che c’è un evidente “fil rouge” che la tiene tutta assieme e che, pur nelle molteplici ed infinite differenze, fa percepire bene che si vive nella stessa casa, in un territorio che sentiamo nostro.

Pur non di meno il 150° anniversario dell’Unità d’Italia che si sta festeggiando quest’anno offre lo spunto per ribadire che questo Stato è nato in modo sbagliato. 

L’On. Luciano Violante che certamente non è, nè culturalmente nè politicamente, dalla mia parte, in occasione del suo insediamento quale Presidente della Camera dei Deputati, il 10.05.1996 affermava: “Le due grandi vicende della storia nazionale, il Risorgimento e la Resistenza, hanno coinvolto solo una parte del Paese e ed una delle forze politiche. […] Oggi del Risorgimento prevale un’immagine oleografica e denudata dei valori profondi che lo ispirarono […]”.

La penso come lui !  Prima del 1861 l’Italia, pur nella diversità, esisteva già come unità culturale. A tenerla unita ci avevano pensato la latinità, le grandi tradizioni romane, la lingua, e soprattutto la cristianità. Prima del Risorgimento l’Italia era una terra caratterizzata da una grande cultura, apprezzata tanto dai suoi abitanti, quanto dei suoi tanti estimatori stranieri. Gli italiani pre-unitari, da Nord a Sud, erano consapevoli che nel loro patrimonio culturale c’erano l’eredità romana e cristiana, due concetti che li hanno fatto sempre oscillare  fra una visione universale (lo Stato) e una attenzione al particolare (la comunità locale). Due concetti opposti come si vede, ma vissuti con quell’equilibrio che ha reso la nostra storia e la nostra cultura feconde nella maniera che conosciamo. Inoltre, nei diversi Stati di allora e all’interno dei singoli Stati, c’era una vitale Chiesa Cattolica che fungeva da mediatore tra il locale e l’universale. 

Feder Dostoyeskij nel suo viaggio in Italia, affascinato come capita ad ogni straniero,  disse: “[…] per 2000 anni l’Italia ha portato in sè un idea universale e concreta per unire il mondo. I popoli cresciuti e scomparsi in questi due millenni in Italia comprendevano che erano portatori di questa cultura, quasi lo sentivano e lo presentivano. La scienza, l’arte, la cultura, tutto si rivestiva di questo significato mondiale”.

In altre parole, l’Italia era tale ben prima della sua unificazione fisica. Anche se era composta da stati e staterelli (come veniva definita in maniera offensiva) tra loro federati, di fatto era una nazione che tutelava l’unica vera cultura italiana, quella formatasi nel cristianesimo e nel diritto naturale.

Lo Stato unitario che oggi festeggiamo, invece  nacque grazie al Risorgimento che ideologicamente preparò una vera e propria guerra di conquista.

Il Risorgimento infatti preparò l’unità prevaricando e tentando di distruggere le nostre vere radici e poi ne favorì l’urto violento di quella che fu una vera e propria guerra militare che lo Stato Sabaudo perpetrò, anche con indignità ed atrocità, a danno degli altri Stati, specie quello delle Due Sicilie. Ecco perché il Risorgimento, nonostante 150 anni di continua propaganda ideologica e un giudizio buonista che ci ha coinvolti sin dalle scuole elementari, non è mai riuscito “a sfondare” nelle nostre coscienze.

Quanto detto deve solo servire per amore della verità,  per capire bene di chi siamo veri figli e da chi dobbiamo invece prendere le distanze culturali.

In conclusione, guai a chi attenta a questa unità d’Italia, anche se è giusto riscrivere la storia, soprattutto a vantaggio delle generazioni che verranno.

 

Alessandro Pagano