I frutti della scuola ideologizzata

 

 

 

La recente esternazione di Silvio Berlusconi sulla ideologizzazione della scuola italiana ha fatto registrare le solite sferzanti polemiche contro il Presidente del Consiglio, colpevole di avere espresso le sue idee sulla inadeguatezza della nostra scuola.


 E’ stata polemica pretestuosa o c’è un fondo di verità nelle parole di Berlusconi?

Certo è che, sono sempre più frequenti gli sfoghi in ogni sede di docenti della scuola pubblica che denunciano la loro frustrazione e la loro resa di fronte a studenti che non studiano e che vanno a scuola solo per perdere tempo.

Ma da un po’ di tempo c’è una docente in Italia, una normale professoressa di lettere di un normale liceo pubblico di Torino, che ha colto questo diffuso disagio degli insegnanti e ha rotto la cortina di silenzio, pubblicando libri di successo e spiegando la follia ugualitaristica di una certa ideologia che ha voluto “studenti ad ogni costo tutti uguali”.

Negli ultimi 40 anni infatti, masse di giovani sono state “forzate” allo studio e  hanno snaturato scuole, università e loro stesse.

Non tutti devono laurearsi o diplomarsi per forza se questa non è la loro vocazione, dice nella buona sostanza la brava Paola Mastracola, nel suo libro “Togliamo il disturbo”. Saggio sulla libertà di non studiare. Edizione Guanda.

Un conto è infatti l’obbligo scolastico, un conto è che tutti debbano per forza laurearsi.

C’è una assurda idea che ha accompagnato molte generazioni che si sono formate dopo gli anni della rivoluzione studentesca (sempre loro, i fatidici anni ‘60), secondo cui non è bene svolgere lavori manuali, artigianali o pratici, quasi che fossero un qualcosa di umiliante.

Ma intanto questa assurda tendenza culturale, che poi è diventato uno stile di vita, ha portato tante persone a laurearsi con voti bassi, fuori corso, con nessuna preparazione pratica e nessuna propensione a quelle professioni per cui in teoria avevano studiato.

E così, bravissimi ragazzi che avrebbero potuto essere ottimi artigiani o capaci lavoratori specializzati, si sono ritrovati dopo un percorso di studio lungo, ad essere disoccupati ed infelici, oltre che carichi di rimpianti per gli anni buttati in studi a loro non congeniali.

Costoro hanno subito questa sorte non solo perché il mercato del lavoro è saturo  di lauree “strane e inutili”, ma anche perché nessuno è disposto ad assumere gente con scarsa preparazione. A quel punto agli sfortunati ragazzi non è rimasto che ripiegare verso un call center,  un centro commerciale o qualcosa di simile; insomma ben altro rispetto a quanto avevano desiderato.

Valeva la pena sprecare tempo, denari delle famiglie e talenti per ritrovarsi con questi risultati ?  La tristezza di molti ragazzi la dice lunga su questa domanda.

Ed ecco che arriva a pennello il messaggio del libro della Mastracola: “Rimeditare la scuola”.

E a meditare dovrebbero essere i genitori, che probabilmente se investissero più tempo nei colloqui con i figli, scoprirebbero che i loro veri interessi non saranno mai appagati da quel liceo da frequentare ad ogni costo o da quella laurea da prendere per avere un pezzo di carta.

E togliamoci dalla testa, come dice qualcuno, che questa è la tipica mentalità delle società opulente.

Negli Stati Uniti, in Germania, in Francia, in Australia questo fenomeno è sconosciuto

perché la scuola è molto meritocratica; loro non si “danno la zappa sui piedi” !

Se priviamo la scuola della sua vera missione, ne faremo (come abbiamo già fatto) un parcheggio che manterrà i nostri giovani inadeguati rispetto alle sfide odierne e che sposterà in avanti il problema, senza mai risolverlo.

Guarda caso, quelli che oggi configgono con il Premier su questa tematica sono proprio quelli che negli anni del furore sessantottino pretendevano e ottenevano il 18 politico o il 6 politico. Sono gli stessi che oggi insistono per avere una scuola moderna, cioè senza alcun bocciato, al massimo rimandato.

La prima conseguenza di questo errore ideologico è stata l’illusione dei genitori di trasferire le proprie aspirazioni ai loro figli.

Come ha scritto un arguto giornalista, Nicola Parro: “Accettereste con leggerezza che vostro figlio si iscriva all’Istituto Alberghiero o Radio Elettra Torino, piuttosto che al Classico ?  Ma quanti di voi hanno accanto figli che fremono, inchiodati in un call center o a 30 anni a casuccia dei genitori, rimpiangendo gli anni di studio ?”.

Ecco alcuni (e non sono tutti) frutti della scuola ideologizzata.

  

Alessandro Pagano