Il martirio di Shahbaz Bhatti

 

 

Speriamo che la guerra scoppiata in Libia alcune settimane fa non causi problemi all’Occidente e all’Italia in particolare, però un danno l’ha già causato.


 

I mass media impegnati a descrivere il conflitto libico infatti hanno ignorato quasi del tutto un episodio di una gravità inaudita, la morte di Shahbaz Bhatti, il quarantaduenne Ministro cattolico Pakistano, barbaramente ucciso il 2 marzo u.s. con 25 proiettili da Al Quaeda.

“E’ l’ennesima dimostrazione che la libertà religiosa è il termometro per misurare tutte le altre libertà e l’affidabilità di un Governo” ha scritto Riccardo Cascioli su la BussolaQuotidiana.it “Bhatti era stato lasciato solo dallo stesso Governo di cui faceva parte e di cui lui aveva la delega alla tutela delle minoranze”.

Era un vero e proprio bulldozer Shahbaz Bhatti, una spina nel fianco dei fondamentalisti e di quei governi sedicenti democratici che tirano la mano dietro quando c’è da prendere serie decisioni in difesa dei propri popoli.

Recentemente aveva fatto approvare dei provvedimenti che garantivano il 5% dei posti pubblici alle minoranze e aveva dato dignità a tutte le fedi facendo riconoscere le proprie feste religiose.

Shahbaz Bhatti è morto da martire. “Voglio che la mia vita dica che sto seguendo Gesù Cristo. Tale desiderio è così forte in me che mi considererei privilegiato qualora - in questo mio sforzo per aiutare i bisognosi, i poveri e i cristiani perseguitati in Pakistan – Gesù volesse accettare il sacrificio della mia vita”.

Il nostro Ministro degli Esteri, Franco Frattini, che conosceva personalmente Shahbaz Bhatti ha usato parole durissime: “adesso i codardi di quell’Europa che rifugge dalla condanna del fondamentalismo religioso verseranno lacrime di coccodrillo, alleati di quei codardi che in Pakistan conoscono solo il sangue degli attentati ”.

Sulla facciata del Ministero degli Esteri, Frattini ha fatto stendere un mega poster di Bhatti. Un esempio, questo del poster, che dovrebbe essere imitato da tanti enti pubblici e privati.

Bhatti è l’ennesima vittima in Pakistan di quel clima di intolleranza religiosa verso quei politici che hanno la forza di resistere al clima di odio e di totalitarismo. Prima di lui hanno fatto la stessa fine anche Benazir Bhutto, primo Ministro del Pakistan assassinata nel 2008 e Salmaan Taseer Talking, Governatore del Punjab.

Su questa triste morte, Andrea Riccardi, fondatore della comunità di Sant’Egidio ha fatto una osservazione intelligente che mi permetto di ripetere fedelmente: “E’ una sconfitta non solo per i cristiani, […] prima il totalitarismo islamico colpisce i pochi cristiani, poi arriva l’ora degli altri, magari musulmani, colpevoli solo di non volersi piegare ”.

Non possiamo che augurare a noi stessi che il martirio di Shahbaz Bhatti svegli le coscienze degli uomini.

 

 

Alessandro Pagano

 

P.S. al presente approfondimento segue il testamento spirituale di Shahbaz Bhatti che penso sia una delle testimonianze più toccanti apparse sulla stampa in questi anni.


 

CORRIERE DELLA SERA

Data 03-03-2011

Pagina 17

Foglio 1

 

Il testamento spirituale “Non ho più alcuna paura dedico la mia vita a Gesù”

di SHAHBAZ BHATTI 

Il mio nome è Shahbaz Bhatti. Sono nato in una famiglia cattolica. Mio padre, insegnante in pensione, e mia madre, casalinga, mi hanno educato secondo i valori cristiani e gli insegnamenti della Bibbia, che hanno influenzato la mia infanzia. Fin da bambino ero solito andare in chiesa e

trovare profonda ispirazione negli insegnamenti, nel sacrificio, e nella crocifissione di Gesù. Fu l'amore di Gesù che mi indusse ad offrire i miei servizi alla Chiesa. Le spaventose condizioni in cui versavano i cristiani del Pakistan mi sconvolsero. Ricordo un venerdì di Pasqua quando avevo solo tredici anni: ascoltai un sermone sul sacrificio di Gesù per la nostra redenzione e per la salvezza del mondo. E pensai di corrispondere a quel suo amore donando amore ai nostri fratelli e sorelle,

ponendomi al servizio dei cristiani, specialmente dei poveri, dei bisognosi e dei perseguitati  che vivono in questo paese islamico.

Mi è stato richiesto di porre fine alla mia battaglia, ma io ho sempre rifiutato, persino a rischio della mia stessa vita. La mia risposta è sempre statala stessa. Non voglio popolarità, non voglio

posizioni di potere. Voglio solo un posto ai piedi di Gesù. Voglio chela mia vita, il mio carattere, le mie azioni parlino per me e dicano che sto seguendo Gesù Cristo. Tale desiderio è così forte in me

che mi considererei privilegiato qualora - in questo mio battagliero sforzo di aiutare i bisognosi, i poveri, i cristiani perseguitati del Pakistan - Gesù volesse accettare il sacrificio della mia vita.

Voglio vivere per Cristo e per Lui voglio morire. Non provo alcuna paura in questo paese. Molte volte gli estremisti hanno desiderato uccidermi, imprigionarmi; mi hanno minacciato, perseguitato e hanno terrorizzato la mia famiglia. lo dico che, finché avrò vita, fino al mio ultimo respiro, continuerò a servire Gesù e questa povera, sofferente umanità, i cristiani, i bisognosi, i poveri.

Credo che i cristiani del mondo che hanno teso la mano ai musulmani colpiti dalla tragedia del terremoto del 2005 abbiano costruito dei ponti di solidarietà, d'amore, di comprensione, di

cooperazione e di tolleranza tra le due religioni. Se tali forzi continueranno sono convinto che riusciremo a vincere i cuori e le menti degli estremisti. Ciò produrrà un cambiamento in positivo: le

genti non si odieranno, non uccideranno nel nome della religione, ma si ameranno le une le altre, porteranno armonia, coltiveranno la pace e la comprensione in questa regione.

Credo che i bisognosi, i poveri, gli orfani qualunque sia la loro religione vadano considerati innanzitutto come essere umani. Penso che quelle persone siano parte del mio corpo in Cristo, che siano la parte perseguitata e bisognosa del corpo di Cristo. Se noi portiamo a termine questa  missione, allora ci saremo guadagnati un posto ai piedi di Gesù ed io potrò guardarLo senza provare vergogna. 

(a cura di M. Antonietta Calabrò,

per gentile concessione della Fondazione

Oasis e di Marcianum press)