Intervento dell'On. Alessandro Pagano alla presentazione del rapporto biennale dell'Osservatorio Nazionale sulla Famiglia.

 

 

Famiglia, Demografia e Produttività.

Negli anni '60 i neomalthusiani della Stanford University lanciarono la teoria della “bomba demografica”, e cioè che prima del 2000, per colpa dell'aumento della popolazione mondiale, 


milioni di persone nel terzo mondo sarebbero morte di fame per mancanza di risorse e, allo stesso tempo, che i livelli di benessere nei paesi ricchi sarebbero crollati per "surplus demografico". Dalla metà degli anni '70 tutti i Paesi occidentali condivisero nei fatti queste tesi e così favorirono leggi e stili di vita che portarono allo "sboom".

In Occidente solo gli Stati Uniti riuscirono a "tamponare” il calo demografico, grazie ai flussi migratori provenienti dal Centroamerica; in Europa invece si registrò la famosa crescita zero.

Sono passati 35 anni e oggi possiamo dire che è successo esattamente il contrario di quelle previsioni.

Come è stato dimostrato dai dati economici, la principale conseguenza del calo demografico in Occidente non fu affatto un ulteriore arricchimento delle condizioni di vita di milioni di persone, come fu predetto dai neomalthusiani, ma esattamente il contrario, il crollo del PIL. E’ dagli anni ’80, infatti, che i sistemi produttivi europei sono in sofferenza.  Mentre i Paesi che se ne sono fregati delle teorie della Stanford University stanno andando alla grande: Brasile, Russia, India, Turchia, Vietnam, Indonesia, Sud Africa, Estremo Oriente e così via crescono con PIL a “doppia cifra”.

Vi sottopongo questa statistica:

Nel 1960 il PIL dei "paesi ricchi" era 26 volte il PIL dei "paesi poveri";

Nel 2000 il PIL dei "paesi ricchi" era 7 volte il PIL dei "paesi poveri".

(Non cito di proposito i dati successivi all'anno 2000 onde evitare che qualcuno attribuisse queste performance alla globalizzazione, sbocciata proprio dal 2000 in poi).

Quindi i Paesi sviluppati, smettendo di fare figli, si sono trovati senza le loro energie vitali, senza forza propulsiva e il loro PIL è crollato. Al contrario tutti i Paesi emergenti hanno avuto interessanti crescite demografiche, hanno generato PIL molto positivi. 

Il caso italiano

Anche l’Italia non è stata immune al trend che ha investito l’Occidente. Dalla metà degli anni Settanta, infatti, il nostro Paese ha rinunciato a fare figli.

Nel 1977 la media dei figli per coppia era di 2,4, poco meno di trent’anni dopo essa si era dimezzata. Naturalmente il numero degli over 65 è più che raddoppiato. Ciò ha determinato le seguenti conseguenze:

1.            Aumento dei costi fissi per il mantenimento e il funzionamento degli enti e delle strutture del welfare (INPS,  Sistema Sanitario Nazionale).

2.            Aumento della tassazione per fare fronte alle necessità assistenziali e previdenziali di una popolazione sempre più vecchia

3.            Riduzione del risparmio privato perché le famiglie hanno dovuto fronteggiare le spese dovute all’allungamento dell’età media.

4.            Incapacità dello Stato di rispondere alla sempre maggiore domanda di assistenza sociale.

4-bis. Rovesciamento della concezione classica del principio di sussidiarietà: sono le famiglie, con le loro risorse, a compensare la mancanza di solidarietà sociale, sopportando da sole il peso dei figli, degli anziani, dei soggetti deboli, della crisi economica.

5.            Aumento dei costi "indiretti" perchè una popolazione giovane è biologicamente fresca e innovativa, mentre una popolazione vecchia è improduttiva e costosa.

6.            Crollo del modello italiano della famiglia imprenditrice, perchè se non ci sono figli non ci sono nemmeno imprese.

Non bisogna essere cattedratici per capire che a popolazione giovane equivale popolazione ricca, e viceversa.

Conclusioni

Data la forte interconnessione tra politiche demografico-familiari e crescita economica, si rileva che buone politiche demografiche e di sostegno alla famiglia sono imprescindibili sia per riordinare il sistema rendendolo efficiente, sia per rilanciare l’economia del Paese.

Sarebbe dunque opportuna una riflessione culturale e politica sui seguenti spunti:

a.            L’applicazione del principio di sussidiarietà nelle politiche familiari (c.d. “fattore famiglia” / no tax area familiare). I soldi ci sono! La verità è che la scelta non va nella direzione di politiche familiari "innovative" perchè l'Italia è un Paese vecchio culturalmente e intellettualmente come è dimostrato dal fatto che Destra, Sinistra, Centro (che hanno governato negli ultimi quarant’anni) e oggi anche i Tecnici, sono prigionieri della mentalità maltusiana.

b.            Necessità per l’Italia di invertire la tendenza e finanziare non più le “Strutture” di questo Stato Assistenziale, bensì direttamente le famiglie. Che almeno nel breve periodo questo Governo realizzi nuovi parametri ISEE e aumenti gli assegni familiari.