“La bambina di Gesù”

 

 

 

Quella di Gianna Jessen è una storia vera.


 

Gianna è nata dal ventre di sua madre quando aveva solo 30 settimane, il 6 aprile 1977, a Los Angeles, e sua madre, una ragazzetta del Tennessee, rimasta incinta in modo banale come molte ragazzette della sua età rimangono incinta (banale è il modo in cui molte, troppe ragazzette restano incinta, mai la gravidanza), all’epoca aveva solo 17 anni. Quella ragazzetta, la sua mamma, voleva abortire, ma Gianna è stata più forte, più forte della morte. Ed è sopravvissuta. È sopravvissuta all’aborto salino, cioè all’iniezione di una micidiale soluzione caustica che viene immessa nell’utero della madre: una tecnica aberrante, degna nemmeno di una cavia, una delle molte che i medici, in deroga al giuramento di Ippocrate, hanno escogitato per ammazzare i bimbi. Di solito porta alla morte in 24 ore, corrodendo il feto.

Per ben 18 ore di martirio assurdo la minuscola Gianna lottò contro quel composto letale e alla fine, stufa di essere martoriata in quel

modo, domandandosi perché ce l’avessero tutti con lei che nulla aveva fatto di male, uscì da sua madre e lasciò tutti con un palmo di naso. Solo che il male lascia sempre il segno e l’esposizione prolungata a quel tentativo pervicace di ucciderla le ha lasciato un ricordo indelebile. La paralisi cerebrale e muscolare.

A 4 anni Gianna la forte, Gianna la sopravvissuta è stata adottata da chi ha saputo volerle bene per quel che era ed è, per quel che le è stato fatto, per la sua innocenza.

Grazie all’amore e alla fisioterapia che le hanno fatto fare contro ogni speranza, ha recuperato buona parte dei suoi handicap: ha pure imparato a camminare, anche se ancora lo fa con difficoltà evidenti. Il male lascia segni indelebili, ma la vita è sempre più forte.

Oggi Gianna è una pro-lifer indomita che si batte per salvare quante più vite possibile. Oggi combatte per quei molti bimbi che potrebbero non avere la sua stessa forza. Oggi Gianna è un’adulta bellissima, da far invidia ai ceffi mortiferi degli abortisti.

La carriera di pro-lifer l’ha iniziata nel 1991, a 14 anni. Chi ha cercato di ammazzarla è stata, ovviamente, la Planned Parenthood, il più grande abortificio del mondo, una vera e propria macelleria umana legalizzata, che spaccia incubi per soluzioni e che spande orrore a piene mani, amica di governi, ricchissima e potentissima, presente nei consessi internazionali, coccolata all’ONU e dalle sue troppe agenzie. Il caso di Gianna fu menzionato in pubblico anche da George W. Bush, il presidente americano amico dei pro-lifer, quando diede vigore di legge al Born-Alive Infants Protection Act of 2002, la norma che dà protezione giuridica ai bambini nati vivi da aborti falliti. Perché di casi come quelli di Gianna, insieme tristi e gioiosi, ce ne sono diversi.

Di Gianna, la beata madre Teresa di Calcutta ha detto: «Dio sta usando Gianna per ricordare al mondo che ogni essere umano è prezioso per Lui. È bello vedere la forza dell’amore di Gesù che Egli ha riversato nel suo cuore. La mia preghiera per Gianna, e per tutti quelli che la ascoltano, è che il messaggio dell’amore di Dio ponga fine all’aborto con il potere dell’amore».

Nessuno deve perdersi la biografia che la scrittrice statunitense Jessica Shaver le ha dedicato nel 1995, Gianna: Aborted… and Lived to Tell About It (Tyndale House Publishers, Carol Stream).

Quella di Gianna è una storia che sembra incredibile, ma che invece è vera. Una storia bellissima, che parrebbe da film, tanto che un film, ormai famoso, October Baby (di cui riparleremo), s’ispira proprio alla sua storia. È il film concretissimo della vita che vince.

di Marco Respinti