Interrogazione dell'On. Pagano al ministro dello Sviluppo Economico sui possibili interventi per risolvere la crisi del settore della raffinazione

    

 

 

 

Al Ministro dello sviluppo economico

Per sapere – premesso che:


 

   il neo presidente dell'Unione petrolifera, Alessandro Gilotti, nel corso dell'Assemblea annuale dell'UP, ha detto che la raffinazione italiana ha vissuto un 2012 pessimo e si rischia la chiusura di altri due impianti entro il 2014. In Europa negli ultimi 5 anni hanno chiuso 15 raffinerie per un totale di 1,7 milioni b/g, l'8 per cento del totale. Il 70 per cento di tali chiusure è avvenuto in Nord Europa, ma in prospettiva tale processo interesserà anche il Mediterraneo dove ci sono altri 10 impianti a rischio nei prossimi anni e che qualcuna sparirà anche in Italia: una o due entro quest'anno o il prossimo;

   nel 2012 la capacità di raffinazione installata in Italia è stata pari a 103 milioni di tonnellate a fronte di lavorazioni per circa 80,5 milioni, pari ad un tasso di utilizzo del 78 per cento che scende al 70 per cento se rapportato ai soli consumi interni. L'eccesso di capacità produttiva del sistema, infatti, è dell'ordine di 15-20 milioni di tonnellate l'anno;

   la crisi del settore della raffinazione è stata certificata nei mesi scorsi dai sindacati, che avevano stimato come «reale e quasi imminente» il rischio di lasciare a casa tra gli 7 e i 10 mila addetti di un settore che impiega, a livello nazionale, tra le 18 e le 20 mila persone (40 mila con l'indotto); secondo l'Unione italiana lavoratori chimica energia manifatturiero (UILCEM) sono a rischio nei prossimi anni 40 mila posti di lavoro tra diretto e indotto;

   quanto all'ENI, nel primo trimestre 2013, secondo i dati ufficiali recentemente resi, il margine di raffinazione nell'area del Mediterraneo ha registrato un parziale recupero rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente (3,97 dollari/barile il margine medio di raffinazione sul Brent nel Mediterraneo, +36 per cento rispetto al primo trimestre 2012), pur rimanendo su valori non remunerativi a causa della perdurante debolezza della domanda, elevato costo della carica petrolifera e strutturale eccesso di capacità;

   nel primo trimestre 2013 le vendite ENI di prodotti petroliferi nel mercato rete Italia hanno registrato una flessione dell'8,8 per cento a causa del calo dei consumi di carburanti su cui ha pesato la recessione e dell'intensificarsi della pressione competitiva. La quota di mercato è pari al 29,1 per cento nel primo trimestre 2013, in calo di 1,3 punti percentuali rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente (30,4 per cento). In calo (-5,6 per cento) le vendite rete nei mercati europei del primo trimestre 2013, principalmente nell'Europa occidentale;

   in Italia la domanda di energia è tornata indietro di 20 anni. I consumi nel 2012 sono stati, infatti, pari a 177,8 milioni di Tep (tonnellate di petrolio equivalenti), contro i 179,6 milioni del 1998 e i 171,5 del 1995. Particolarmente pesante è stato il calo del petrolio, che con 63,6 milioni di Tep (-8,1 per cento) «è tornato ad un livello di consumi di fine Anni 60», anche complice il crollo delle vendite di auto;

   la causa della crisi non dipende solo dai consumi in picchiata. C’è anche la concorrenza dei Paesi asiatici (il 30 per cento della produzione mondiale), che operano in condizioni di maggiore efficienza grazie a costi (soprattutto ambientali e del lavoro) molto inferiori a quelli che devono sostenere le aziende in Europa. Non a caso negli ultimi anni i profitti delle aziende che operano nel downstream (raffinazione e distribuzione) si sono ridotti del 60-90 per cento;

   sotto il profilo della raffinazione per ENI i risultati peggiori, ad avviso degli interroganti, vengono dagli stabilimenti di Gela (temporaneamente chiuso nel 2012) e Taranto dove nel corso degli anni non vi è stato alcun miglioramento e si sono registrati upset impiantistici (guasti incendi e l'ultimo blocco generale con sversamento idrocarburi a mare dello scorso 8 luglio), non ultimo lo sversamento di idrocarburi in mare verificatosi anche a Gela nei primi di giugno; si sono verificati guasti anche nella raffineria di Sannazzaro (Pavia) che è considerato un gioiello tecnologico (ulteriore blocco generale); i 73 arresti dell'11 giugno per una truffa sui carburanti nella raffineria ENI di Taranto, vicenda che ha coinvolto anche dei funzionari interni all'impianto, dimostrano uno scarso controllo interno (arresti avvenuti anche nel deposito Petroven controllato da Eni a Venezia);

   talune fonti stimano in prospettiva in 600-700 milioni di euro nel 2013 le perdite ENI nel comparto raffinazione, con una complessiva perdita di circa 2 miliardi negli ultimi quattro anni (1,2 miliardi di euro nel triennio 2010-2012); l'amministratore delegato Scaroni ha però negato la possibilità di chiusura di impianti di raffinazione nel 2013 e nel 2014, tuttavia la stampa specializzata ha correttamente osservato come l'Ente non reagisca con la necessaria determinazione in un settore che dovrebbe essere determinante per quel che riguarda l'integrazione verticale delle attività aziendali;

   Eni ha presentato un importante progetto di investimenti a Gela che rafforza l'idea di continuare a credere nella raffinazione –:

   quali orientamenti il Ministro interrogato abbia sulle questioni esposte in premessa;

   quale attività intenda esercitare nei confronti dell'ENI, in qualità di azionista, al fine di salvaguardare le attività industriali e il lavoro nel comparto raffinazione;

   se il Progetto Gela, che continua però a mantenere in essere una centrale termoelettrica a coke da petrolio, così come concepita da Mattei quando c'era una forte richiesta elettrica da parte di un petrolchimico con 15.000 dipendenti, possa rappresentare quella discontinuità che serve per far tornare i conti in ordine nel petrolchimico;

   se l'energia elettrica prodotta in eccesso dallo stabilimento di Gela potrà essere collocata sul mercato, e, se sì, potrà essere competitiva con le energie rinnovabili prodotte in Sicilia;

   quante centrali termoelettriche a pet coke esistano oggi in Europa;

   se sia noto come cambieranno gli inquinanti immessi in atmosfera a progetto Gela concluso rispetto alla media degli ultimi 4 anni e in particolare l'immissione in atmosfera di particolato sottile (contenente metalli pesanti quali nichel, vanadio, ferro e altro che si trovano nel coke di petrolio);

   se sia noto quante delle perdite registrate dalle raffineria di Gela siano di sistema (afferenti lo scenario sfavorevole) e quante invece dovute ai numerosi blackout impiantistici;

   quali scelte industriali siano state attuate nella raffineria di Taranto che continua ad essere costantemente in negativo per riportare il risultato in utile;

   quali scelte industriali si siano fatte a Taranto per aumentare l'affidabilità degli impianti;

   come si collochi il risultato industriale della raffinazione rispetto ai petrolieri privati ed ai concorrenti europei di dimensioni analoghe ad Eni. (4-01267)