Lettera ai militanti di Alleanza Cattolica. Un sogno (pontificio) di mezza estate. Prof. Massimo Introvigne

 

 

 

 

Cari Amici,


Papa Francesco ha concluso il suo emozionante viaggio in Corea, dove ci ha impartito tanti insegnamenti sul relativismo - con un importantissimo discorso ai vescovi dell'Asia - , i martiri e l'apostolato dei laici. Nelle prossime settimane ci impegneremo a studiarne il contenuto. Mentre scrivo, non so ancora che cosa abbia detto nell'intervista sul volo di ritorno.

Non amo il genere intervista a proposito dei Papi, e certo i discorsi sono più importanti.

Nell'ultima Messa in Corea Papa Francesco ha parlato del dramma delle due Coree divise. Forse qualcuno avrebbe voluto una denuncia pubblica dei crimini della Corea del Nord. Il Papa nel corso del suo viaggio ha denunciato il relativismo eretto a sistema e ha affermato che i martiri ci sono ancora oggi, ma ha anche spezzato una lancia a favore della diplomazia, che opera senza proclami ma spesso consegue risultati. Mi trovo in Bulgaria e, parlando con uno specialista locale di religioni medio-orientali che insegna a Londra e veniva da un giro in Medio Oriente, mi sono sentito dire che il cardinale Filoni - il quale tra l'altro sarà ospite di Alleanza Cattolica in un convegno a Lecce a breve - ha salvato più yezidi con la sua diplomazia di quanto abbia fatto Obama con i suoi droni. Chi chiede sempre e solo proclami e denunce - che sono cose diverse dalla giusta enunciazione dei principi che giustificano l'intervento militare umanitario - rischia di fare il martire con il sangue degli altri.

Nella sua ultima Messa in Corea, Papa Francesco ha affrontato il tema in modo diverso. Da lettore di Gilbert Keith Chesterton (1874-1936), si è posto dal punto di vista del coreano comune, e dell'uomo comune, che non fa parte del corpo diplomatico e neppure dispone di bombardieri. Se quest'uomo comune è sudcoreano, magari ha un fratello che fa una vita difficilissima in Corea del Nord. Ma tutti abbiamo un fratello in Cristo che patisce le persecuzioni da qualche parte. Che cosa può fare l'uomo comune? Anzitutto, ha detto il Papa, può pregare: non è una fuga dalla realtà, ma spesso è l'unico modo realistico di affrontare i problemi, l'unica cosa che serve.

Ma il Pontefice è andato oltre, e ha proposto tre passaggi fondamentali, per chi, come Alleanza Cattolica, si propone un apostolato sociale. Il primo è che la Sacra Scrittura contiene promesse straordinarie, anche per la vita politica e sociale. Contiene «la promessa di Dio di restaurare nell’unità e nella prosperità un popolo disperso dalla sciagura e dalla divisione». Un giorno anche ai disastri della Torre di Babele - per non parlare di altri più recenti, ma sappiamo quanto fosse importante per Joseph de Maistre (1753-1821), che è alle origini della scuola contro-rivoluzionaria, la Torre di Babele - potrà essere posto rimedio. Potrà rinascere una società a misura d'uomo e secondo il piano di Dio.

Il secondo passaggio è che questo non avverrà automaticamente, per qualche sorta di necessità hegeliana della storia. Avverrà solo se ci convertiamo. E questo lo possiamo e lo dobbiamo fare tutti, anche se non siamo diplomatici o generali. Poi i diplomatici e i generali faranno la loro parte, ma intanto a noi tocca convertirci. La promessa di una società riconciliata nella Scrittura «è inseparabilmente legata ad un comando: il comando di ritornare a Dio e di obbedire con tutto il cuore alla sua legge (cfr Dt 30,2-3). Il dono divino della riconciliazione, dell’unità e della pace è inseparabilmente legato alla grazia della conversione».

Terzo passaggio: se siamo disposti a convertirci - anziché recriminare e coltivare «una mentalità fondata sul sospetto» - Dio ci chiede di sognare in grande. Sognare qualcosa che «da una prospettiva umana sembra essere impossibile». Una società riconciliata come la conoscevano i nostri antenati, anzi perfino più grande. «Dio ci chiama a ritornare a Lui e ad ascoltare la sua voce e promette di stabilirci sulla terra in una pace e prosperità maggiori di quanto i nostri antenati abbiano mai conosciuto». È un linguaggio molto biblico. Noi, con un linguaggio diverso - sfonda una porta aperta chi ci spiega che il Papa usa un linguaggio diverso dal nostro, ma non è una buona ragione per non dargli retta -,  la chiamiamo Contro-Rivoluzione e restaurazione. San Luigi Maria Grignion de Montfort (1673-1716) e Plinio Corrêa de Oliveira (1908-1995) lo chiamavano Regno di Maria. Non è millenarismo. È la capacità che ci dà la conversione di sognare in grande. È il motore spirituale della dottrina sociale della Chiesa. E del l'apostolato di Alleanza Cattolica.

Festa di Sant'Elena, 18 agosto 2014

In Jesu et Maria

Massimo Introvigne