#diffamazione:resoconto stenografico seduta n. 449. 24 Giugno 2015

 

 

 

Seguito della discussione della proposta di legge Costa: Modifiche alla legge 8 febbraio 1948, n. 47, al codice penale, al codice di procedura penale, al codice di procedura civile e al codice civile in materia di diffamazione,


 

di diffamazione con il mezzo della stampa o con altro mezzo di diffusione, di ingiuria e di condanna del querelante nonché di segreto professionale. Ulteriori disposizioni a tutela del soggetto diffamato

1^ parte

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Pagano. Ne ha facoltà.

ALESSANDRO PAGANO. Presidente, a nome del mio gruppo desidero manifestare il voto contrario su questo emendamento. Il motivo, però, deve essere spiegato. Lo faremo meglio in sede di dichiarazione di voto finale attraverso un ragionamento complessivo, però, già adesso è opportuno anticipare qualcosa, anche per evitare che si facciano speculazioni rispetto al lavoro della Commissione, che è stato articolato e complesso, come tutti abbiamo avuto modo di capire in queste ore.

Desidero farlo facendo, in pochissimi secondi, un riassunto. Io ricordo a tutti che questo provvedimento nasce perché lo vuole fortemente il nostro gruppo, il nostro partito. Ricordo altresì che c’è stato un ragionamento ampio attorno al mio emendamento, quello che è stato bocciato poc'anzi, su cui noi ovviamente abbiamo votato a favore. Ci veniva spiegato in maniera chiara che non possono esistere fattispecie diverse rispetto alla logica della «lite temeraria». C’è una regola aurea, cioè quella che vale sempre, ovvero che il principio generale deve essere sempre rispettato. Quest'Aula invece ha stabilito, ha deciso con acriticità che, invece, spiegheremo in dichiarazione di voto finale – che invece c’è una fattispecie ben precisa da salvaguardare e disciplinare e cioè quella che riguarda il rapporto con i giornalisti e, in generale, il mondo dell'informazione. La II Commissione, con un apprezzabile lavoro di mediazione ha cercato un compromesso. Devo dare atto e merito al relatore di avere fatto uno sforzo straordinario per venire incontro alle diverse istanze.

Però, il principio a cui noi ci siamo ispirati era sempre lo stesso e cioè la lite temeraria non deve essere trattato in maniera diversa, a seconda di chi sia il destinatario della ipotetica denuncia e invece così è stato.

Ecco perché oggi, pur apprezzando il lavoro della Commissione, noi dobbiamo per forza confermare il nostro voto contrario all'emendamento 5.100 della Commissione.

 

2^ parte

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Pagano. Ne ha facoltà.

ALESSANDRO PAGANO. Grazie, Presidente. Preannuncio che noi ci asterremo su questo provvedimento. Lo faremo in maniera chiara e precisa, lasciando anche tracce del perché su questo intervento che servirà quale riferimento a chi dovrà giudicare lo stesso provvedimento in futuro, cioè il Senato. Desideriamo farlo in maniera articolata perché, come avete visto nelle ultime battute di questo provvedimento, noi ci siamo astenuti nel complesso e abbiamo votato contro ad alcuni articoli fondamentali. È evidente che se abbiamo manifestato il «no» a questo provvedimento vuol dire che vi sono spiegazioni forti. Ecco perché la spiegazione è compiuta e completa e deve servire per essere giustamente interpretato dall'altro ramo del Parlamento.

Ricordo a tutti che questo provvedimento nasce su nostra iniziativa e nasce perché abbiamo nelle nostre corde che la giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo ha considerato le sanzioni a carico dei giornalisti un'ingerenza, purché vi siano alcune condizioni: la prima, che sia prevista dalla legge; la seconda, che sia necessario perseguire una finalità utile al contesto democratico e a una società che rispetta i diritti e i doveri; la terza, che sia proporzionata al fatto. Tutto ciò è chiaro, purché il giornalista, nei modi che ho appena spiegato, non prevarichi e non leda l'altrui reputazione, non alteri la verità della notizia non provochi nocumento all'onorabilità della persona. Pertanto, per questi motivi deve essere sempre garantito l'onore e il prestigio della persona stessa.

È ovvio, tuttavia, che tutto ciò ha trovato delle contraddizioni palesi in questo provvedimento perché – per quanto devo dare onore e merito al relatore, l'onorevole Verini, che si è speso tanto per trovare dei bilanciamenti e delle soluzioni intermedie – alla fine dell'esame il provvedimento non ci ha dato soddisfazioni da alcuni punti di vista, soprattutto riguardo alle premesse che ho appena ricordato. Il bilanciamento, visto che ho usato questa parola, continuo ad usarla, parte dal presupposto che vi debba essere sì la garanzia della libertà di pensiero nei confronti di chi scrive in quanto informatore dell'opinione pubblica, ma dall'altro anche il diritto alla garanzia dell'onore e della reputazione di chi è attaccato. Io sfido a dire il contrario a tutto questo. Coloro che sono stati calpestati nella loro onorabilità e nel loro prestigio è evidente che sono stati danneggiati e a loro resterà l'onta per tutta la vita. Poco fa è stato spiegato bene in alcuni passaggi dall'onorevole Dambruoso come la rete produca ormai danni travolgenti. Ormai appartiene alla mentalità di fette ampie della popolazione, che dietro allo schermo di un computer reiterano, moltiplicano, diffondono cattive notizie. Comprenderete che quanto sto dicendo non è banale. Quindi, la cattiva informazione, specie se in malafede, moltiplicata dagli effetti mediatici di qualunque genere e specie, produce spesso un danno: la perdita dell'onorabilità di taluni. Questo è sempre ben chiaro nella nostra testa, ed era il senso ed il principio per cui abbiamo ispirato un provvedimento, sin dalle origini, portandolo avanti con caparbietà, convinti come siamo che solo l'equilibrio di queste due forze, di questi due poteri, può produrre effetti positivi e virtuosi per la società.

Verifichiamo alla luce di questo risultato finale che invece continua la deriva di coloro che sono propensi a uccidere una persona con la penna, piuttosto che costruire un rapporto positivo e di verità nei confronti dell'opinione pubblica. Lo dico perché abbiamo appena avuto l'esemplificazione plastica in questo provvedimento. L'emendamento che portava a mia firma mirava a spiegare che non era possibile tecnicamente, umanamente, culturalmente, politicamente e socialmente uno sbilanciamento a favore della stampa rispetto al principio della lite temeraria, che è per definizione un principio che vale per tutti e dove non possono esserci delle sacche di privilegio nei confronti di qualcuno, nel caso specifico la carta stampata e on line. Così come è scritta la norma l'azione giudiziaria viene inibita per colpa di elementi che a monte sono stabiliti dalla legge e che rendono difficile, irta, difficoltosa, se non addirittura impossibile l'azione giudiziaria. Ecco perché sul principio della lite temeraria abbiamo detto «no» alla proposta che ci è arrivata e «no» anche alla mediazione, per quanto abbiamo apprezzato lo sforzo del relatore.

È evidente che a questo punto qualche considerazione politica va fatta. Perché non posso pensare che questo Parlamento continui e ricontinui ancora una volta a farsi del male. È palese che c’è un potere tecnocratico che è superiore a questo Parlamento, superiore rispetto a chi deve decidere nell'interesse del popolo. C’è stata proprio nei giorni scorsi un'intervista di un noto opinion leader, un cantante, che in questo momento sta girando su internet. Egli dice apertamente «sono stato convocato in una riunione di lobby, c'era la finanza, c'erano i mass media, c'erano i potenti del mondo e ho chiesto come mai non ci sono i politici ? Mi fu risposto: no, i politici servono in una fase successiva, quando devono eseguire le direttive». Lo ha detto un opinion leader, un cantante nazionale, a proposito delle tesi sul LGBT su cui era stato abbordato per diffonderle.

C’è qualcosa che non quadra in questa nostra politica e noi, colleghi, dobbiamo interrogarci. Questo Parlamento tesse la canapa della corda che lo impicca e non lo impicca in una logica di controparte per cui sono i giornalisti che hanno la meglio nei confronti della politica. Noi siamo un potere della Costituzione, il terzo per definizione, che nasce e serve per difendere l'interesse del popolo. Quindi, quando ci sono dei sbilanciamenti a favore di certi poteri forti nei confronti di altri, è evidente che a cascata chi la paga è sempre l'ultimo del gradino, cioè il popolo. È chiaro che noi stiamo qui a fare delle leggi nei confronti dell'interesse del popolo. Quando questo interesse non c’è, perché nel caso specifico c’è un potere forte che prevarica gli altri, il risultato è chiaro e palese. Il bello è che tutto questo, purtroppo, non è frutto soltanto di un'occasionale, e passeggero momento di follia di questo Parlamento. No ! Esso è una costante che sta accadendo e che si ripresenta puntualmente. Come non ricordare ormai che ci sono leggi che vengono valutate da certi magistrati e che vengono poi portate qui in questo Parlamento. Lo dicono testualmente e apertamente e le loro tesi culturali vengono diffuse e poi fatte proprie da questo Parlamento. Penso che questo non sia una cosa normale, è giusto un confronto, non certamente un ricevere passivamente. Ancora, come non ricordare che la stessa cosa accade anche nell'ambito del fisco. Molte leggi sono il frutto della tecnocrazia di quel settore che impone norme a questo Parlamento il quale passivamente subisce.

Arrivo alla conclusione per dire che certamente c’è un vulnus che deve essere elemento di riflessione. Il Parlamento si deve interrogare – chiudo veramente Presidente – su come bisogna affrontare la tecnocrazia nelle varie accezioni. Il diritto dei cittadini ad essere garantiti rispetto ad esondazioni, di taluni giornalisti, non certamente di tutti, oggi è sotto gli occhi di tutti ed è un rischio per la nostra libertà. (Applausi dei deputati del gruppo di Area Popolare (NCD-UDC).

@alepaganotwit