Incontro Renzi-Putin.L'analisi della giornata politica del 5 Marzo 2015.Importante #daleggereassolutamente

 

 

  

ANSA. Analisi della giornata politica del 5 marzo di Pierfrancesco Frere'.


Matteo Renzi, come dicono i media russi, ha rotto l'isolamento internazionale di Vladimir Putin. Certamente in sintonia con Stati Uniti ed Ue, come si e' capito dalla videoconferenza che, prima di partire, ha avuto con i leader europei e Barack Obama. Al vertice del Cremlino il premier italiano ha in sostanza offerto a Mosca una mediazione con Kiev che parta dal modello autonomistico dell'Alto Adige e una più stretta collaborazione sulla crescita economica in ambito G20 (le sanzioni incrociate sono un problema per tutti, ha ammesso). Ma soprattutto ha chiesto a Putin un appoggio che potrebbe rivelarsi ''decisivo'' in Libia: per i rapporti storicamente privilegiati della Russia con l'Egitto e per l'avvio di una missione di peacekeeping sotto l'egida Onu che coinvolga anche i Paesi arabi ed africani (Alessandro Pagano). Si tratta però anche di un'ammissione implicita che gli occidentali hanno bisogno di una mano nella lotta contro l'Isis e il terrorismo internazionale. Putin, al termine dell'incontro protrattosi per ben tre ore, ha parlato di ''colloqui utili e tempestivi'' e ha lasciato capire che favorirà un dialogo diretto tra Kiev e Donesk. La missione diplomatica del Rottamatore sembra concludersi dunque con un successo, anche per l'interscambio commerciale tra i due Paesi (con la promessa di una presenza importante della Russia all'Expo di Milano 2015) e senza nessun ammiccamento al regime come si evince dall'omaggio reso al leader dell'opposizione Nemtsov e dalla richiesta che sia fatta presto chiarezza sul suo assassinio (''noi diciamo le cose come stanno''). Al suo rientro in Italia, tuttavia, Renzi non trova un panorama sereno. I rapporti con l'opposizione sembrano anzi essersi deteriorati. Il premier infatti si dice scottato da Berlusconi per il suo atteggiamento sulle riforme, giudica ''incomprensibile'' l'atteggiamento di Bersani sullo stesso tema, critica Laura Boldrini per avere oltrepassato il suo perimetro istituzionale, pensa che Beppe Grillo si marginalizzi da solo e, quanto al caso De Luca, spiega che il risultato delle primarie va rispettato e che risolvere il problema spetta ai locali della Campania perché  ''non esiste un renzismo applicato al territorio''. Ma nonostante la ''scottatura'', il Rottamatore spiega di voler trattare ancora con il Cavaliere, vittima a suo giudizio di una congiura interna di Brunetta contro le ''colombe''. Un modo per aprire uno spiraglio e indurre Forza Italia a ''tornare a ragionare'' visto che riforme e Italicum ''le abbiamo scritte insieme''. Ad Arcore l'apertura del Rottamatore e' stata accolta con attenzione: sebbene si pensi che il ruolo del capogruppo alla Camera sia stato sopravvalutato, non si può respingere a cuor leggero la mano tesa del capo del governo, soprattutto in un momento in cui il Cavaliere e' finito nuovamente nel ''tritacarne'' delle intercettazioni e rischia la conferma dei domiciliari (si attende la pronuncia della Cassazione sul Ruby ter). Il fatto e' che la sinistra dem e' tornata a minacciare la guerriglia se dal premier non giungeranno segnali politici per emendare la riforma del Senato e l'Italicum. Segnali che Renzi non intende dare, convinto che cambiare qualcosa nei testi già votati equivalga ad insabbiare definitivamente tutto. ''Dopo l' elezione di Mattarella, non e' più riuscito a combinare nulla'', osserva maliziosamente ''Il Mattinale'' di Fi, e dunque cerca il ''soccorso azzurro''. Ma a chiudere lo spiraglio Berlusconi ci deve pensare bene. Le spinte centrifughe del centrodestra rischiano di portare ad una sconfitta generalizzata alle regionali e a quel punto il Cav sarebbe più isolato che mai e privo dell'immagine di padre costituente. Del pericolo si deve essere accorto anche Matteo Salvini che, dopo la fuga in avanti, adesso cerca un'intesa con Flavio Tosi: ciascuno deve rinunciare a qualcosa, ha fatto sapere. I due si sono presi una pausa di riflessione sulla ''frattura profondissima'' che si e' verificata, alla ricerca di una mediazione sulle liste e sul ruolo della Fondazione tosiana. Riconoscimento indiretto che la Lega non e' poi così sicura di vincere se Tosi lascia e si candida contro Zaia: un danno per entrambi i contendenti, ammette Maroni, per il quale tuttavia vale sempre la massima ''amicus Plato sed magis amica veritas'', sono amico di Tosi ma ancora di più della verità. Che nella fattispecie e' la fede nella Lega.

(ANSA). Roma, 5 Marzo 2015.

@alepaganotwit