Intervento finale dell'On. Alessandro Pagano nelle dichiarazioni di voto su #dat. Norme in materia di consenso informato e di disposizioni anticipate di trattamento

 

 

 

 

 


 

 

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Pagano. Ne ha facoltà.

 

ALESSANDRO PAGANO. Grazie, Presidente. Oggi giunge a termine, attraverso un percorso molto articolato che ci ha visti impegnati in un'ampia discussione, questa proposta di legge. Una discussione che ci ha visto numericamente soccombere nelle votazioni, ma per nulla da un punto di vista della certezza e delle argomentazioni. Anzi, le discussioni hanno fatto emergere tesi, da parte di questa inedita maggioranza Partito Democratico-MoVimento 5 Stelle, tutte caratterizzate da due fattori che io faccio ricondurre a questo comune denominatore: uno è l'aspetto ideologico, l'altro è il politicamente corretto.

Sul primo aspetto si è notato che si voleva realizzare una legge a tutti i costi, i cultori di questa proposta di legge non hanno badato a nulla: hanno introdotto il principio dell'autodeterminazione personale e, persino, anche quella sui minori e sui disabili, come le peggiori leggi di Olanda e Belgio; non hanno badato all'etica dei medici e, sulla loro indispensabile funzione vitale a vantaggio dei pazienti, addirittura, sono passati questi ultimi in un colpo solo da angeli della vita a meri esecutori delle volontà di un paziente, che prese una decisione, prenderà una decisione anni prima, si dice tecnicamente “allora per oggi” e, poi, però, scoprire dopo, a distanza di anni, che il livello della medicina o della salute personale erano ben altri rispetto a quelli di allora.

Ancora: non hanno voluto l'obiezione di coscienza, salvo entrando in contraddizione durante il dibattito, come è accaduto durante l'esame dell'articolo 1, parte finale, comma 7, quando la relatrice palesemente è entrata in contraddizione; non hanno rispettato la vocazione degli ospedali religiosi, parti integranti e fondamentali del nostro Sistema sanitario nazionale, oltre che portatori di una storia centenaria; sono stati anche capaci di non prevedere l'acqua e il cibo come un elemento di nutrizione: li hanno fatti passare come una terapia e non come un trattamento vitale; non si sono fermati nemmeno davanti ai più deboli e, poi, non hanno avuto scrupoli anche a far passare norme incostituzionali, come l'articolo 5 e l'emendamento Vazio.

Il secondo aspetto, quello relativo al politicamente corretto, deve esser rientrato all'interno delle forme di ipocrisia. Io capisco che taluni si sentano presi da questa parola in maniera anche personale - io vorrei precisare che non è mai nulla di personale, è sempre un fatto politico quello di cui si parla -, però è chiaro che l'ideologicamente corretto coincide con l'ipocrisia, Presidente.

La Lega si è assunta l'onere di denunciare sin dal primo istante che il re è nudo e, cioè, che a prescindere da quello che possano avere detto il Partito Democratico e il MoVimento 5 Stelle - molto meno il MoVimento 5 Stelle, onestamente - o che la si chiami DAT o si chiami biotestamento questa legge sempre eutanasia è: ne abbiamo svelato l'inganno, denunciando in ogni sede l'ipocrisia, appunto, di chi non si è voluto assumere la responsabilità di fronte all'opinione pubblica perché ben sa che il Paese reale è cosa ben diversa dal Paese legale.

Dopodiché si sono palesemente contraddetti l'uno con l'altro: l'onorevole Maria Antonietta Coscioni, che è stata seduta in questo Parlamento proprio di fronte a me, nelle ultime file, nella passata legislatura, moglie del Coscioni famoso, ha avuto modo di dire che questa è la via italiana all'eutanasia: l'ha detto in una trasmissione a La 7 . Quindi, solo chi non capisce o non vuol capire non lo ammette.

La Lega, quindi, all'interno di questo composito e, comunque, minoritario scenario pro-life è stata fondamentale per denunciare quello che ho appena narrato.

E il risultato è stato che la presunzione intellettuale e morale che trasudava all'inizio da parte di questa inedita maggioranza si è rivelata fragilità, smarrimento, insicurezza, per l'incapacità di controbattere alle tesi da parte del nostro partito del fronte pro-life.

Oggi è passato un messaggio, Presidente, lo dico a vantaggio di tutti e, cioè, che questa è una legge contorta, inapplicabile, opaca, che non lascia libera quella parte di persone che vorrebbe applicarla e, poi, addirittura, consente alla magistratura, che è saldata culturalmente con molti di questo mondo, di creare una giurisprudenza creativa come diceva Antonin Scalia, ovvero inventarsi, ribaltare, con la logica del relativismo etico nel campo soggettivo giuridico, quello che, ovviamente, rappresenta la nuova impostazione culturale ormai a livello mondiale e, cioè, che le leggi vengono orientate dalla giurisprudenza.

Però, veda, adesso voglio andare nel vivo del mio ragionamento e vorrei citare un intervento che è stato giudicato fra tutti, in questa sessione di lavoro, tra i più interessanti: quello dell'onorevole Bersani. L'onorevole Bersani, proprio all'inizio, nella discussione generale, ebbe modo di dire, virgolettato: “Sappiamo bene, mentre facciamo una legge, che ci saranno sempre nella vita reale dei casi che una legge non può risolvere, casi al confine sottile fra diverse e sacrosante esigenze morali”.

L'Onorevole Bersani continuava, sempre virgolettato: “Fino ad un secolo fa, il modello del morire è stato quello di un rito domestico, di vicinato, con il moribondo protagonista, con una trasmissione di valori, con la presenza di una rete familiare ed amicale al servizio del protagonista secondo la volontà espressa o interpretata. Solo da qualche decennio è l'opposto: la morte temuta non è più quella improvvisa” - quella che, come dico io, ti mette a posto la coscienza dinanzi a Dio -, “ma è quella irta di tubi, quella che non vuole arrivare mai, quella che ti imprigiona.

Questa è la morte temuta oggi, è inutile negarlo” - dice Bersani - “Non solo la tecnica, ma l'incrocio fra tecnica e mercato, l'incrocio fra tecnica, mercato, formalizzazione e standardizzazione di procedure ci hanno preso la mano. Noi possiamo dirlo con semplicità, così come lo direbbe chiunque: quando è proprio ora di andare, lasciatemi andare senza sofferenze inutili e il più vicino possibile ad una situazione domestica e affettiva. Non dovrebbe essere questo il principio di una norma di legge? Portatemi a casa: c'è, forse, una frase più umana di questa?” E ci lasciava con un interrogativo.

Sommessamente, io vorrei rispondere indirettamente all'onorevole Bersani, perché qui c'è il cuore del provvedimento così come noi lo vogliamo impostare nella Lega, non solo politicamente, ma antropologicamente. Sì, è possibile tornare a casa, è possibile tornare a casa e fare della dimensione domestica quella struttura che si occupa proprio della fase più difficile della vita, quando la famiglia non ce la fa o non esiste. Questo lo fanno le cure palliative, le strutture apposite, a domicilio, oppure quelle realtà che, ovviamente, in maniera organizzata, secondo il principio di sussidiarietà, devono essere organizzate a vantaggio dell'uomo.

C'è uno spettro che pesa purtroppo e che, purtroppo, è stato solo accennato, onorevole Bersani, ma è cruciale: quando è che devo andare via? Quale è l'ora in cui devo andarmene? Non metto solo un punto interrogativo, ma tre. Al di fuori di questo spazio, si svolgono molte delle moderne discussioni quando si entra in una logica di autodeterminazione, che prescinde da quando è proprio ora di andare. Giudicare che la vita - è una citazione - vale la pena di essere vissuta o meno è rispondere alla questione fondamentale della filosofia: lo diceva Albert Camus. E questa non è una questione alla portata dei Parlamenti, non deve esserlo.

Il Parlamento, la vita non la dà e non la toglie: può legiferare, ma non la dà e non la toglie.

Ebbene, ci sono due sguardi differenti che si possono rivolgere a situazioni critiche, che ci interpellano anche emotivamente, Presidente, perché fanno parte di quell'orizzonte di una persona umana, di ciascuno di noi, come delle persone che noi amiamo, che ci sono più vicine. Primo sguardo: quello di chi ha l'intima certezza che la vita è un bene indipendente dalle circostanze che la accompagnano, che è qualcosa di ricevuto, mai totalmente a disposizione. L'uomo è di fatto l'amministratore di un bene donato. L'altro è lo sguardo di chi, scettico della prospettiva metafisica, pensa alla vita come uno stato contingente, governabile biologicamente, finché ci riesce, totalmente nella disponibilità del soggetto. L'uomo è il padrone di sé, del proprio corpo e della propria vita: questa si chiama ideologia. Questa è l'ideologia della meglio ancora chiamata tecnocrazia o della fiducia nei confronti del progresso.

Poiché io ho già citato tre o quattro persone e ne citerò altre, tutte di orientamento diverso, adesso tocca citare quella della mia parte: Benedetto XVI, che non cito casualmente, perché Benedetto XVI è la cerniera tra un mondo che è crollato e un altro che sta nascendo, ed è considerato il più grande filosofo vivente - non Papa, proprio filosofo vivente - tutt'oggi. Ebbene, in un passaggio fondamentale, lui scrive - vi pregherei di fare attenzione, perché questo non attiene al livello cattolico, come banalmente qualcuno dice, attiene a un livello di filosofia dell'antropologia che è un fattore universale – e dice testualmente: “Campo primario e cruciale della lotta culturale fra l'assolutismo della tecnicità e la responsabilità morale dell'uomo è oggi quello della bioetica, in cui si gioca radicalmente la possibilità stessa di uno sviluppo umano integrale. Si tratta di un ambito delicatissimo e decisivo in cui emerge con drammatica forza la questione fondamentale: se l'uomo si sia prodotto da se stesso o se egli dipenda da Dio (…). Di fronte a questi drammatici problemi, ragione e fede si aiutano a vicenda”. Presidente, guardi questo passaggio, sono sicuro che lei lo apprezzerà: “Solo assieme salveranno l'uomo. Attratta dal puro fatto tecnico, la ragione senza la fede è destinata a perdersi nell'illusione della propria onnipotenza”.

Il superuomo che si sente super Dio. Ma, attenzione: “La fede senza la ragione rischia l'estraniamento dalla vita concreta delle persone”, diventa fantasia.

Theodor Adorno, nel ventesimo secolo, diceva che il progresso visto da vicino è come il salto che passa tra la fionda e la megabomba. Questo è il lato ambiguo del progresso. Il progresso in mani sbagliate è diventato un progresso rivolto al male. Il progresso, di fatto, nelle mani infantili di questo uomo debole è diventato lo strumento che, poi, alla fine, ti consente di diventare superuomo, super Dio, super tutto, capace di fare tutto, di mettere l'utero in affitto…

Quindi, questi sono i fatti e la verità è che, da oggi, abbiamo una legge, ammesso e non concesso che riesca a concludere tutto l'iter parlamentare delle due Camere, che si presenta come un inno alla morte, all'egoismo, alla volontà liberticida, allo sdoganamento di presunti diritti civili che hanno filosoficamente e culturalmente, nell'ultimo stadio, anche politicamente, l'obiettivo di distruggere l'uomo

(Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie-Lega dei Popoli-Noi con Salvini).

@alepaganotwit