#manchester, Sbai (Lega): “Molti di loro stanno ritornando dalla #Libia. Hanno un progetto”

 

 

 

 

 

L’ex deputata italiana di origine marocchina, giornalista ed esperta di scenari geopolitici, Souad Sbai, commenta così a Intelligonews l’attentato a Manchester:


 

“Bisogna chiudere le Moschee dopo la preghiera e i salafiti andrebbero messi fuori legge subito”. Da diversi anni la Sbai si occupa delle condizioni delle donne arabe nel contesto dell'immigrazione in Italia denunciando le violenze. L’abbiamo contattata per analizzare insieme gli aspetti meno evidenti, ma più interessanti dell’attacco compiuto a danno di tante vittime innocenti.

L’attentato di Manchester ricorda un po’ la tragedia di Bataclan. E’ un caso che sia stato scelto un posto con i giovani, oppure è un piano preciso?

“Il radicalismo è in evoluzione. Certamente la strage ha delle similitudini con la tragedia del Bataclan. L’Inghilterra ha sottovalutato la questione e ha dovuto pagarne le conseguenze. Sono stanca di sentire che l’attentatore era inglese. Sia che fosse un inglese nato in Inghilterra, che non lo fosse poco importa. Anche un ragazzo che sta in Tunisia e che non ha mai lasciato il paese potrebbe essere un radicalizzato. Non c’entrano niente oggi il malessere sociale o il razzismo. Questi concetti si tirano fuori per deviare dal problema. Le stragi hanno un supporto mediatico jihadista e degli imam salafiti e wahabiti che lavorano molto per la radicalizzazione. Il loro bersaglio è rappresentato dalla gente comune, dal cosiddetto soft target. Si tratterebbe di colpire i crociati, i fedeli, i musulmani non praticanti, con le azioni anche spontanee dei lupi solitari. Il loro piano è di colpire comunque e ovunque”.

C’è chi dice che la bomba è un elemento di novità rispetto agli ultimi mesi, ossia aver abbandonando le automobili o tir a favore degli ordigni anche se rudimentali…

“Delle volte colpiscono con i camion, altre volte delle armi di fuoco, ma anche il coltello. Lo fanno per dimostrare la loro determinazione e fare proselitismo. Loro hanno un progetto. Lo sanno che se colpiscono con un camion, la prossima volta colpiranno altrove. Loro hanno dei veri progetti su larga scala. Li pensano molto bene progettando il terrore. Sviluppano le fasi del piano, migliorando ogni volta il modo di attacco. In questo momento è difficilissimo conoscere le loro manovre. Se uno non conosce bene la loro realtà risulta difficile capire come, chi e dove stanno per colpire. Noi stiamo facendo dei corsi di de-radicalizzazione con lo scopo di proteggere le seconde generazioni, proprio perché sono le più deboli. Non intendo che questo problema è proprio di tutta la seconda generazione, ma ci sono delle fasce più deboli. Se non ci lavoriamo le conseguenze potrebbero essere molto dolorose”.

Secondo Lei potrebbero colpire anche l’Italia?

“Io dico che ci dobbiamo aspettare una polveriera anche in Italia. Molti di loro stanno ritornando dalla Libia. L’ho detto sul vostro giornale 4 giorni fa - i foreign fighters sono dei semi radicalizzati. Il ragazzo libico, invece, a nostro parere, era radicalizzato totalmente. I semi radicalizzati non si fanno saltare in area”.

Dietro questo attentato potrebbe nascondersi una cellula terrorista ben organizzata, anche se piccola e con tanto di obiettivo jihad?

“Di certo il kamikaze non è stato solo a progettare l’ordigno e a scegliere il luogo dell’attentato. La cellula c’è di sicuro. Anche in Italia abbiamo delle cellule e sono tante. Dobbiamo svegliarci e cominciare a smantellarle. Vorrei ricordare che stiamo a una settimana dal Ramadan. In questo periodo nelle Moschee, nelle carceri, nei centri di accoglienza e nei centri culturali islamici avvengono i processi di radicalizzazione. Sono dei luoghi dove si ci radicalizza di più”.

Il proselitismo si basa solamente sul potere della parola?

“Il gruppo DAWA fa proselitismo e ha a disposizione tantissimi soldi. Il denaro a disposizione aiuta a radicalizzarsi. Questo mese antecedente al Ramadan è particolarmente difficile. Fossi al governo controllerei questi luoghi, oppure anzi, metterei fuori legge i salafiti. Le Moschee dopo le preghiere vanno chiuse. Senza sé e senza ma. La Moschea non è un parlamentino, ma è fatta solo per pregare. Dopo la preghiera tutti a casa. Niente incontri culturali e interreligiosi con gli imam che vengono da fuori. Non li conosciamo”.

L’isis dice che ora finalmente vedete quello che provano i bambini di Raqqa e di Mosul. Un po’ come se volessero dire che così si pareggia il conto. È da leggere così? Oppure è un alibi. Qual è il vero intento dell’ISIS?

“I due bambini a Raqqa sono stati uccisi da loro. Dobbiamo finalmente aprire gli occhi e cominciare a vedere tutto in modo vigile, sano e meno miope. Il buonismo non ci porterà da nessuna parte. L’unità contro il terrorismo deve essere bipartisan. Il metodo per de-radicalizzare i soggetti pericolosi li abbiamo. Ci chiedono di agire anche dal Marocco e dalla Germania. Gli italiani però snobbano questo progetto di de-radicalizzazione. Abbiamo anche del materiale per conoscere il livello di radicalizzazione della persona per provare a de radicalizzarla. La libertà religiosa è sacra. Non dobbiamo però lasciare a tutti la libertà di fare tutto quello che vogliono”.

Cosa pensa della nascita di partiti islamici in Italia?

“È inaccettabile ad esempio avere in Italia il partito islamico perché non rispetta le regole della Costituzione e della libertà di persona”.

La stupisce che sia in stato d’arresto anche il fratello del kamikaze?

“Potrebbe non c’entrare nulla. Delle volte le famiglie non sanno nulla. I kamikaze non vengono scelti dalla famiglia. Non credo che i mandanti abbiano scelto i due fratelli, anche se tutto è possibile. Bisogna indagare. È possibile riuscire a capire in quattro giorni se una persona è radicalizzata o no e dove vorrebbe arrivare. Ci sono sia i metodi che i mezzi. Però bisogna sfruttarli. Servono dei tavoli di studio per lavorare sui problemi. Non è possibile fare solo dei tavoli di consulta e dire “vogliamoci bene” oppure “è tutto bello”. Non è tutto bello. Abbiamo a che fare con il terrorismo. Ed è un terrorismo che cambia pelle”.

Di Irina Osipova