IN MEMORIA DI GIUSEPPE GALLETTI

 

 

 

 

 

 

IN MEMORIA DI GIUSEPPE GALLETTI

(di Alessandro Pagano)

 

Ho avuto la fortuna di stare fianco a fianco con Giuseppe Galletti nel Governo Regionale e per quasi 12 anni in Parlamento Regionale, eletti entrambi nel 1996; lui con una carriera politica costruita negli anni con tenacia e costanza, io eletto inaspettatamente e candidato soltanto qualche giorno prima delle elezioni.


Capimmo subito che sarebbe stato un periodo felicissimo per entrambi, non tanto per i successi elettorali, copiosi e ricchi di soddisfazione, e nemmeno per l’amicizia che avevamo coltivato negli anni, quanto perché comprendemmo spontaneamente e istintivamente che stavamo iniziando un percorso politico, pur in partiti diversi, con una matrice ben precisa.

Mi piace ricordare un episodio della nostra vita, quel 16 giugno 1996, quando i due comitati elettorali, posti l’uno di fronte all’altro in Corso Sicilia della nostra San Cataldo, celebrarono la vittoria scandendo il nome di entrambi in unico coro: “Giuseppe, Giuseppe, Alessandro, Alessandro”.

E fu così per 12 anni in ARS e altri 10 successivamente di politica nazionale e regionale.

Mai una lite, mai un pettegolezzo, mai una invidia. Reciprocamente a rispettarsi e a congratularsi per i ripetuti successi politici e amministrativi, al punto che ricordo, come se fosse adesso, proprio l’unico litigio, avvenuto in Assessorato alla Salute intorno al 2004. Un fatto che ci lasciò talmente amareggiati al punto che la domenica successiva facemmo di tutto per incontrarci “casualmente” nel Corso della nostra Città,  durante l’abituale passeggiata domenicale e chiarirci umanamente e chiudere la vicenda in un abbraccio caloroso più che mai, al punto da lasciare edificati tutti coloro che a corona ci osservarono.

Perché questo rispetto, questa sintonia umana, pur tra postazioni politicamente diverse?

Per un fatto caratteriale? Certamente la signorilità, che ha sempre contraddistinto Peppe Galletti, rendeva le cose semplici e spontanee.  Ma mi permetto di dire, che la sua dolcezza, pur nella fermezza del suo carattere, non era sufficiente a spiegare questo “strano” rapporto politico fra due big regionali che vivevano a 100 metri uno dall’altro nella stessa città, e che mai ebbero screzi e che mai fecero scendere i loro supporters a livelli bassi, come invece tante altre volte abbiamo assistito per altri.

Ritengo, e non sbaglio, che il motivo più profondo era da far ricadere nelle medesime radici culturali di provenienza.

Entrambi cresciuti in quella San Cataldo cattolica, salesiana, solidale. Vissuti all’intero di quella fede che diventava cultura consapevole, utile, o meglio necessaria, per animare la società, anche attraverso un forte impegno politico e pre-politico.

Non è stato un caso che con Giuseppe ci siamo incrociati più volte su iniziative culturali, specie quando preparavamo le future classi dirigenti, atte a raccogliere le sfide di un tempo che diventava sempre più ostile a Dio, alla vita, alla famiglia, all’Autorità in senso lato.

E ciò non perché fossimo dei superman. Tutt’altro!

Solo che i limiti che ci trascinavamo dietro venivano superati, oserei dire, travolti positivamente, da una società che si abbeverava della tradizione del cattolicesimo militante.

Non aveva importanza se gli “affluenti” culturali di questo grande fiume fossero quelli del cattolicesimo liberale, democratico o tradizionalista. L’importanza stava nell’aria che si respirava nella San Cataldo di quegli anni.

Anni formidabili, dove si coglieva anche la consapevolezza di una grande eredità e di una intelligente continuità. Per intenderci quella di Giuseppe Alessi, Francesco Pignatone, Ferdinando Majorana, Gaetano e Totò Saporito, Eugenio Frattallone, oltre naturalmente allo stesso Giuseppe Galletti. Anni in cui il dibattito politico, veniva animato culturalmente da un pre-politico di altissimo livello, frutto dell’eredità di Mons. Alberto Vassallo e originalmente narrato e spiegato da Mons. Cataldo Naro.

Non cito nessun altro, non perché non meritevoli, ma perché non ebbero cariche pubbliche. Anche di costoro, nel silenzio, forte risultava la loro testimonianza.

La luminosità di Peppe Galletti, per concludere, sta quindi, non solo nella sua più che positiva dimensione umana, ma anche e soprattutto, nella sua capacità di essere stato interprete e protagonista di una tradizione culturale e politica fondata sulla dottrina sociale naturale e cristiana.

Non possiamo non unirci ai tantissimi che lo piangono affidandolo all’Assoluto: l’Eterno riposo, dona a lui o Signore, risplenda a lui la Luce perpetua, riposi in Pace, Amen.