In Margine al caso Venturi

La cronaca di questi giorni che ha visto il Dott. Marco Venturi vittima di una vile intimidazione, ci fa comprendere con chiarezza che mai come in questo momento siamo arrivati ad una svolta in Sicilia nel rapporto che lega istituzioni, politica, imprese e società ed è elemento di orgoglio il fatto che il tutto sia partito proprio da Caltanissetta.

Quello che ha subito Venturi non è casuale ma la conseguenza di un processo di cambiamento e rinnovamento sociale e culturale che da anni un gruppo di giovani si è intestato proprio qui a Caltanissetta.

Chi parla lavora per la legalità culturale e amministrativa. E per anni le esperienze di successo in tema di giustizia e legalità, lo dico con assoluta umiltà pur nella verità, realizzate in quasi 10 anni di governo regionale e in 10 anni di governo locale attraverso l’Amministrazione del Sindaco Torregrossa a San Cataldo in cui mi sono identificato pienamente, sono rimaste "lettera isolata".

Questa azione è stata vista da molti maggiorenti dapprima con sufficienza (tanto non dura, dicevano), poi con fastidio e infine con rancore.

Questo isolamento che ho subito non mi ha certo intimorito ma ha senz’altro rallentato il processo di cambiamento.

Fin quando due anni fa chi scrive appoggiò, in maniera convinta e decisa, senza se e senza ma, i giovani imprenditori della Confindustria nissena che volevano realizzare analoga rivoluzione.

Adesso questa sinergia fra le forze sane di questa provincia ha realizzato qualcosa di importante che non deve disperdersi e tutti sono obbligati a prendere posizioni chiare.

Qualora nascano incomprensioni o equivoci, se si è in buona fede bisogna chiarirsi immediatamente perché altrimenti vuol dire che ci si sta schierando su fronti diversi.

Non ci possono essere più zone grigie o di ambiguità, perché la chiarezza e la trasparenza nella lotta alla mafia sono presupposti indispensabili.

Per troppo tempo, infatti, nella nostra regione e in particolare nella nostra provincia, fidando sulle qualità individuali dei protagonisti, politica e impresa nei loro rispettivi campi hanno colpevolmente tollerato un sistema sociale inquinato alla base. Si è creato sviluppo nel frattempo? Paradossalmente la risposta è si, giacché la Sicilia di oggi non è più quella degli anni ’70 e ’80 ma il merito non è certo da accreditare alla politica o all’impresa, ma al sangue dei martiri (Falcone, Borsellino, Livatino, Dalla Chiesa, Chinnici e tanti altri) che con il loro consapevole sacrificio hanno generato nel tessuto sociale quel senso di indignazione e di rabbia che ha fatto compiere alla Sicilia indubbi passi in avanti rispetto a prima. Ma ciò non è più sufficiente perché il cancro è rimasto e il corpo sociale lo ha avvertito. Mi riferisco a quella mentalità e a quella cultura clientelare di una certa burocrazia e di un certo sottobosco politico che ha favorito il mantenimento di certe logiche negative che hanno generato sfiducia nella nostra gente.

La politica, intesa come rappresentanza del popolo, ha oggi il compito storico di assecondare, agevolare e incrementare la coscienza civica dei siciliani che cominciano, attraverso dati di fatto tangibili, a non riconoscersi più in questo sistema.

La ribellione alle estorsioni che sempre più frequentemente si verifica, è un fatto significativo perché spezza il sottile filo di complicità e di paura verso i mafiosi. Ma non basta ! Ora la battaglia è ancora più sottile perché si deve rompere con quanti nella burocrazia e nelle Amministrazioni, hanno esercitato il potere in una logica da "colletti bianchi". Questi soggetti dalla perversa morale hanno indubbiamente bloccato lo sviluppo con il ricatto, la clientela e talvolta anche con la tangente.

C’è bisogno di voltare pagina perché sprecare questa occasione di rinnovamento morale potrebbe rappresentare un colpo mortale per le aspettative degli uomini onesti.

Il pizzo e la gestione clientelare del potere, simbolicamente, rappresentano la stessa faccia e lo stesso linguaggio: chi le pratica e chi le concede tende ad instaurare un rapporto di subalternità con il prossimo, a mortificarne l’esistenza, a suggellare la propria indispensabilità. Un esempio banale di come si può drogare la società alterandone i valori, annullando le coscienze di chi ha l’attenuante dello stato di necessità. In altre parole si vuol togliere la vita alle Comunità. E senza valori e senza libertà non è possibile pensare allo sviluppo e alla crescita di una comunità.

Ecco perché la nostra solidarietà a Venturi non è legata solo a ciò che ha subito, ma è legata soprattutto a quella cultura della legalità e della giustizia che abbiamo voglia di difendere e di diffondere, così come facciamo dal primo giorno in cui siamo scesi in campo in politica.