La provocazione fotografica di Toscani e il femminismo radicale

La provocazione fotografica di Oliviero Toscani ripropone la vulgata delle violenze sulle donne ad opera del solito maschio sempre e comunque un "carnefice", ecco perché sull’ultimo numero del settimanale Donna Moderna Toscani descrive la campagna "contro la violenza sulle donne", con un manifesto dove a sinistra si vede un bambino nudo (Mario), sotto i piedi, la scritta: "carnefice"; a destra una bambina anche lei nuda (Anna), sotto i suoi piedi la scritta: "vittima".

Secondo l’autore i due bambini rappresentano l’innocenza, ma fin da subito sono destinati ad avere, nella loro vita adulta, due ruoli molti diversi, causati dalla solita società, che attraverso l’educazione della famiglia tradizionale (in particolare la madre), porterà il maschietto da innocente a trasformarsi in un violento egocentrico e prepotente, mentre la femminuccia in una succube involontaria o, in certi casi, addirittura complice, delle angherie del primo.

"Bisogna avere un cuore ben duro per non provare pietà per queste creature innocenti, esposte sulla stampa nude in un tempo di pedofilia fuori controllo, per veicolare un messaggio di odio fra i due sessi". (Claudio Risè, Il disprezzo del maschile genera solo insicurezza, 29.2.08 Avvenire). Il tema che si vuole affrontare sicuramente è d’estrema attualità, visto le numerose violenze contro le donne proprio nel nostro Paese. Ma questi messaggi fanno diminuire l’insopportabile violenza maschile? Ne dubito fortemente, scrive Risè. Anzi il poster di Toscani secondo Giuseppe Savagnone, contribuisce a creare il clima che vuole denunciare. E’ abbastanza discutibile il mezzo fotografico che usa Toscani, bisognerebbe interrogarsi proprio sul ruolo negativo che hanno le immagini nell’alimentare una cultura dell’aggressività. Certamente emerge che proprio Toscani, in questi anni, con i suoi manifesti, ha alacremente contribuito a creare il clima che pure pretende di voler denunciare.

In ogni modo "Assistiamo oggi a una totale problematicità dell’idea stessa di virilità e di femminilità, nonché a un depotenziamento pauroso dell’una e dell’altra nella prassi diffusa, che non sono effetto, ma causa del dilagare della violenza sulle donne". (Giuseppe Savagnone, Ci risiamo, ma provocando si impara? 28.2.08 Il Giornale di Sicilia).

Nel luglio dell’anno scorso Guglielmo Piombini in un brillante articolo su Il Domenicale rileva come da decenni gli uomini occidentali hanno perso il coraggio di rispondere alle critiche delle femministe, che a sua volta nonostante tutto hanno guadagnato una gran libertà di scelta nel campo dell’istruzione, del lavoro e della famiglia.

Le femministe invece di celebrare questi progressi, continuano a presentare le donne come vittime della discriminazione e a pretendere dallo Stato trattamenti privilegiati.

A difendere il maschio occidentale ci pensa un ex femminista Alessandra Nucci, con un libro, La donna a una dimensione, (Marietti, Genova, 2006). La Nucci documenta come le femministe sono riuscite con successo ad imporre in ogni sede l’ideologia di ‘genere’, una dottrina che si basa sulla convinzione che tutte le differenze fra gli uomini e le donne, a parte quelle fisiche, siano frutto di indebiti condizionamenti e di stereotipi sociali, e che quindi siano modificabili. Infatti, per Savagnone il rischio più grave oggi è quello di smarrimento dell’identità maschile e femminile.

L’ideologia del femminismo di genere si alimenta al radicalismo libertario e afferma che l’identità sessuale non è determinata dal sesso biologico, perché il corpo non deve essere un ostacolo e un limite alla libertà; al contrario, l’individuo deve poter scegliere liberamente il genere a cui appartenere, se essere cioè maschio o femmina. Secondo questa prospettiva, il sesso biologico non è e non deve essere il punto di riferimento nella formazione dell’identità sessuale della persona, perciò è necessario intervenire sin dall’inizio del processo educativo affinché l’uomo costruisca il proprio genere di appartenenza, libero da ogni vincolo culturale che lo orienti all’eterossessualità come scelta normale. (Laura Boccenti, Il femminismo e la questione del "genere", Febbraio 2008 Il Timone).

Le femministe radicali, quindi vogliono distruggere la famiglia patriarcale che sta all’origine dello sfruttamento della donna. (Ibidem)

La rivoluzione sessuale dopo aver distrutto la famiglia monogamica, ha diffuso con successo una cultura che disprezza il maschio e tutti i caratteri solitamente associati alla mascolinità.

Esistono università, ma anche scuole nel Nord Europa, dove i giovani sono attaccati sistematicamente per la loro identità e denigrati dalle insegnanti, che arrivano a provocare le femmine affinché contrastino il sesso maschile. L’ideologia femminista mette sotto accusa solo i maschi occidentali, in particolare la figura paterna. Le femministe non spendono una parola di critica nei confronti degli uomini che appartengono a culture molto più oppressive e ‘patriarcali’ di quella occidentale.

In Svezia qualche anno fa le femministe avevano proposto una tassazione collettiva per legge a carico degli uomini svedesi, considerati come i talebani, in riparazione delle loro presunte violenze sulle donne. L’attacco al maschio occidentale – scrive Piombini - potrebbe produrre però un inatteso effetto boomerang: la progressiva islamizzazione culturale e demografica del continente europeo. In pratica le femministe distruggendo la famiglia e la figura paterna, stanno spianando la strada alla penetrazione indisturbata dell’islam nelle società occidentali, preparando così per paradosso un futuro da incubo per le prossime generazioni di donne.

Piombini sostiene tra l’altro che la vittoria della cultura femminista potrebbe paradossalmente favorire l’avvento dell’Eurabia. Anche se le più coraggiose e indomite avversarie dell’Islam in Occidente siano donne come Oriana Fallaci, Bat Ye’Or e Ayaan Hirsi Ali, è fuori dubbio che le donne occidentali siano più favorevoli al multiculturalismo e all’immigrazione islamica rispetto ai maschi occidentali.

Alessandro Pagano

Domenico Bonvegna