La nuova inquisizione dei Prof. Talebani

Benedetto XVI ha dovuto rinunciare alla visita all’università La Sapienza di Roma perché un piccolo numero di professori e studenti hanno creato un clima di contestazione e mobilitazione che facilmente sarebbe sfociato in azioni di guerriglia; avevano anche previsto una "frocessione" (processione inneggiante all’omosessualità). Ancora una volta prevale la prevaricazione di una piccola minoranza che ha deciso con la violenza anche per la maggioranza.

I vari collettivi studenteschi, "confortati" o meglio istigati dall’appello dei 67 professori che a suo tempo avevano lanciato una fatwa in puro stile Bin Laden definendo l’intervento del Papa all’università come "incongruo e non in linea con la laicità della scienza", hanno meticolosamente preparato un vero e proprio agguato, una manifestazione che di sicuro poteva degenerare e finire anche tragicamente, "[…]di certo si sarebbe cercato il morto, poi gliel’avrebbero buttato in grembo, e la canaglia avrebbe avuto un bravo giudice ad assolverla per l’alto valore sociale dell’azione violenta, come già sancito dalla sentenza pro Luca Casarini". (Renato Farina, L’unico extracomunitario senza tutela, 15.1.08 Libero).

Repubblica aveva sostenuto l’iniziativa dei 67 docenti, dando spazio solo a loro, i no global, con le loro orecchie d’asino e la mano guantata di ferro erano già sul piede di guerra. Del resto scrive Farina, La Sapienza di Roma è una cittadella che si presta a sortite d’ogni genere. Ha mille porte dentro un quartiere che è un reticolo di viuzze. Basta soffiare su quella brace ed era fatta. Così il Pontefice è stato messo in condizione di non andare dove era stato invitato, lui, uomo candido, che pensava davvero fossimo come nei tempi pagani, quando Saulo di Tarso poteva andare all’Agorà di Atene e annunciare la follia di Dio, tuttavia ha inviato il testo del discorso che doveva tenere alla cerimonia inaugurale (lo potete leggere integralmente sul sito www.alessandropagano.it).

E’ veramente penoso registrare quest’atto di barbarie in un Paese come il nostro, dove hanno potuto parlare, criminali, rivoluzionari e disubbidienti, terroristi, ex brigatisti, assassini e balordi d’ogni tipo; hanno potuto dispensare insegnamenti nelle varie università gente come Renato Curcio, Oreste Scalzone, Tariq Ramadam.Tutti, ma il Papa no!

I Papi hanno potuto parlare ovunque nel mondo (Cuba, Nicaragua, Turchia, etc). L’unico posto dove il Papa non può parlare è La Sapienza: siamo diventati la discarica ideologica dell’Occidente, ha detto Luigi Amicone, direttore di Tempi. Certo i 67 professori rappresentano un’esigua minoranza rispetto ai circa 4.500 docenti dell’università La Sapienza, ma quello che sconcerta che nessuno di loro, la stragrande maggioranza, non ha alzato un dito per difendere il Santo Padre, soltanto dopo la rinuncia del Papa ha manifestato solidarietà, "nessuno ha fiatato per criticare il plotoncino degli antipapaisti", ha scritto Vittorio Feltri.

Stesso discorso vale per i politici sia di centrosinistra che del centrodestra. Soltanto ora dopo la rinuncia del Santo Padre, i vari Prodi, Napolitano e compagni non senza imbarazzo sono intervenuti versando lacrime di coccodrillo. Ma prima che cosa hanno fatto? Per giorni, quando la polemica aveva preso una piega dagli esiti prevedibili, hanno osservato il più assoluto silenzio rendendosi complici di quanto accaduto. Hanno lasciato montare questo clima di ucci ucci sento odor di cristianucci.

E’ grave l’incapacità del nostro governo che non riesce a garantire la possibilità di espressione di un Capo di Stato estero, nonché Vescovo di Roma e guida spirituale di un miliardo di persone.

Una vera e propria vigliaccheria sconcertante della politica tutta, che ora dopo le dimissioni di Mastella, mette subito in secondo piano, il grave e squallido atto d’intolleranza nei confronti di Benedetto XVI.

Il Papa ha fatto bene a soprassedere, il mondo ha coperto di ridicolo l’Università, quei professori, quegli studenti, forse anche il nostro povero Paese. E’ vero quello che ha scritto Giampaolo Barra, direttore de Il Timone, […]"Di fronte a un gigante del pensiero teologico, a un fine cultore del pensiero filosofico, di fronte a un intellettuale di statura molossoide, un gruppo di ‘chiwawa’ del pensiero, un manipolo di nanetti della docenza, dei quali la storia non ricorderà nemmeno il nome, tanto insignificante è la loro statura intellettuale e rozza la loro educazione, ha deciso di emettere un ‘abbaio’.

E il gigante, come succede in questi casi, li ha guardati con compassione. Ha lasciato perdere".

Alessandro Pagano

Domenico Bonvegna