L'alluvione di Messina. Una riflessione antropologica

Ad una settimana dall’alluvione di Messina, si possono tirare alcune considerazioni:

a) Il sacco edilizio in quella zona della Sicilia, e non solo in quella zona, ha precise responsabilità. Chi fin’ora l’ha fatta franca, l’ha fatta grazie a coperture e complicità.

b) Si è incardinato non solo in Sicilia, ma in tutta Italia un processo di degrado non solo paesaggistico e urbanistico ma anche umano. Purtroppo le condizioni ambientali di molti nostri territori sono talmente gravi che non ha più senso pensare alla semplice "conservazione dei luoghi". E’ invece urgente provvedere al suo restauro ed alla sua manutenzione o ri-naturazione. Siamo altresì consapevoli che la lotta per la casa dell’uomo (l’ecologia) non può fare a meno dello strumento politico, quindi, di una "alta visione del mondo".

c) Sarebbe ora che almeno la classe dirigente che si riconosce nelle radici cristiane cominciasse a parlare non solo genericamente di "Ambiente" ma di "Creato". Il passaggio nominale non è irrilevante, poiché comporta l’assunzione di una prospettiva che conduce gli uomini alla responsabilità finale di un Giudizio che verrà dato sul loro operato. Fin’ora i ragionamenti politici sull’ambiente infatti hanno riportato solo tesi ambientalistiche più o meno condivisibili; quelli sul Creato invece porterebbero direttamente al senso di responsabilità che si assumono gli uomini davanti al Creatore.

Il motivo di questo "cambio di passo" è di non poco conto: urge (pena la distruzione di tutto) far rinascere un nuovo umanesimo che metta al centro l’uomo, compreso le sue forme architettoniche e ambientali, il tutto orientato al bene e al bello.

Il libro della Genesi indica chiaramente come il Creatore rimette nelle mani dell’umanità la responsabilità di dominare, governare, coltivare e preservare il creato.

Concludo: è evidente che la causa prima del degrado ambientale è l’abbandono dei luoghi. Bisogna incoraggiare economicamente e fiscalmente l’opera del contadino-agricoltore che deve restare a vivere in montagna; il suo lavoro umile di regimentazione delle acque per il suo campo e la coltivazione di piante ed alberi sui versanti in quota è la prima garanzia della sicurezza per chi abita a valle.

Di questo tipo di cose se ne occupò pure Don Luigi Sturzo che diceva: "la montagna controlla la collina, la collina controlla la pianura".

Dopo la montagna, l’attenzione si dovrà spostare sulle periferie anonime e non umane, brutti luoghi urbanistici cresciuti senza regole (o in deroga alle regole, come nel caso di Messina).

Come scrive Luisa Bonesio: "L’idea di comunità è la somma di presenza materiale (architetture, opere di coltivazione ecc.) e spirituale (tradizioni, saperi locali, ritualità, simboli) delle generazioni precedenti sedimentate in un luogo. Dunque per salvaguardare un luogo non si può che salvaguardare la matrice formale di un paesaggio, cioè il suo "carattere identitario" che costituisce il carattere singolare e insostituibile di ogni luogo.

In altre parole, così come i disastri ci spiegano, non si può avere benessere, bellezza e sviluppo senza l’opera intelligente e oculata dell’uomo radicato nella sua tradizione.

Alessandro Pagano