Quei giudici tecnocrati che vogliono educare il Popolo Bue

Da tempo in Europa e nel mondo occidentale imperversano dei giudici che interpretano a modo loro il senso della giustizia e soprattutto se ne infischiano dei diritti delle maggioranze  e delle leggi parlamentari.
Proprio l’altra settimana la Corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo ha sentenziato che il crocifisso lede la libertà religiosa se viene esposto nelle aule scolastiche e quindi va rimosso.

La sentenza dei sette giudici, tra cui l’italiano di area progressista, Vladimiro Zagrebelski, a dire la verità è stata criticata abbondantemente dalla stragrande maggioranza degli italiani; si può dire che addirittura c’è stata con migliaia di lettere ai giornali, interpellanze nei consigli comunali, e-mail, telefonate alle radio, messe, incontri di preghiera, gazebo di raccolta firme, una vera e propria sollevazione popolare tesa a difendere e sostenere la presenza del crocifisso, non solo nelle aule scolastiche ma in tutti i luoghi pubblici.
Anche gli USA non sono immuni dalle invasioni di campo dei giudici, anzi tutto parte da lì. Recentemente i cittadini americani sono stati chiamati al voto per dire si o no al matrimonio gay. Si è votato in 31 Stati, l’ultimo nel Maine, e sempre hanno vinto quelli del matrimonio naturale, “trentuno a zero per gli oppositori delle nozze gay” scrive il sociologo Massimo Introvigne. Per gli attivisti del matrimonio gay è stato un colpo durissimo ma che è durato poco, giacché negli Usa si continuano lo stesso a celebrare matrimoni tra omosessuali perché in quasi tutti gli Stati la decisione di introdurre il matrimonio gay viene preso dai giudici. Basta far ricorso e voilà, i tribunali danno ragione ai fidanzati gay consentendo loro di convolare a nozze. La verità è che in alcune parti del mondo alcune piccole ma potentissime lobby di giudici ideologizzati, pervicacemente ignorano la volontà degli elettori e pensano sia loro dovere educare il popolo che evidentemente non è maturo per comprendere la nuova frontiera della Modernità.
Nell’enciclica Caritas in veritate Benedetto XVI ha indicato nella tecnocrazia la maggiore minaccia per la libertà dopo la fine delle ideologie. A molti la parola tecnocrazia fa venire in mente solo gli scienziati pazzi di qualche film. Ma per il Papa la tecnocrazia  è  quella di qualunque potere che pensa d’imporre le sue scelte alla maggioranza non in nome del bene comune e neppure di un mandato elettorale, ma perché pensa di saperne di più rispetto a un popolo bue che per definizione è arretrato e condizionato da pregiudizi religiosi. Una visione giacobina che liquida come “fondamentalismo” tutto ciò che va contro il proprio pensiero. Oggi la più pericolosa tecnocrazia è proprio quella di certi giudici.
Il fenomeno è autenticamente diffuso. Negli USA ricordiamo che l’eutanasia di fatto è diventata lecita quando un giudice ordinò all’ex marito di sospendere gli alimenti a Terry Schiavo. Ma anche l’aborto negli USA passò grazie ad una sentenza, Roe contro Wae. E in Italia Eluana Englaro non c’è più perché i giudici così hanno voluto. E ancora la Fini-Bossi e successive modifiche non funziona perché i magistrati hanno sollevato centinaia di volte eccezioni di incostituzionalità della legge non facendola funzionare. Molti magistrati pensano - e lo dicono apertamente – che i giudici sono detentori di un sapere superiore, ecco perché spetta a loro rieducare il popolo. Quando in Italia si scopre che oggi la magistratura gode solo del 14% di fiducia da parte della gente, contro l’85% dei primi anni novanta ne comprendiamo le ragioni.

Alessandro Pagano

Domenico Bonvegna

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