Il G 8 e le politiche studiate per aiutare il 3° mondo

E’ calato il sipario sul G8 di L’Aquila e a parte gli indiscutibili successi diplomatici dell’Italia e del "padrone di casa", sorge spontaneo commentare alcuni dei risultati.

Il G8 ha preso misure in favore dei Paesi poveri e in particolare per l’Africa. Lo sforzo è stato lodevole, ma ciò non può bastare. Ormai paradossalmente la situazione di povertà per questi Paesi non solo non si arresta ma addirittura, se non si cambia metodo, si potrebbe anche aggravare. Proveremo a spiegare il perché.

Sono decenni che si commettono sempre gli stessi errori ! All’Africa infatti non servono soldi, bensì una vera valorizzazione della dignità della Persona che sappia realizzare un’autentica emancipazione educativa, economica e politica tale da consentire a quella gente di non dover mai più chiedere aiuto con il cappello in mano.

Come ci insegna il missionario Piero Gheddo (L’Africa e l’incomprensione dei ricchi, 13.7.09 Il Corriere della Sera) per affrancare dal bisogno questi Paesi bisogna capire poche ma essenziali cose:

1) Bisogna insegnare loro le tecniche per essere autosufficienti nella produzione di cibo.

2) Non ci vogliono tanti denari perché come spiega bene l’economista dello Zambia Dambisa Moyo, consulente della Banca Mondiale e della Goldman Sachs: "negli anni la crescita economica del continente africano è stata appena dello 0,2% all’anno nonostante gli ingenti capitali che vi giungono". E le crescite economiche sono un disastro perché spesso vanno nelle mani di governi corrotti com’è successo per decenni con Yasser Arafat (dopo la sua morte si scoprì che aveva, in un proprio conto corrente presso una banca svizzera, 5 miliardi di dollari stornati dai generosi aiuti allo sviluppo concessi dall’UE alla popolazione palestinese che nel frattempo viveva e vive al di sotto della soglia della povertà).

3) La ricetta propinata a piene mani negli anni ’70-’80, quella della rivoluzione marxista e socialista e le conseguenti guerre di liberazione hanno solo aumentato i disastri.

4) Lo sviluppo non è un fatto solo tecnico ed economico, ma parte anzitutto dalla cultura e dall’istruzione. "L’educazione però è un processo lungo e paziente che non si fa con interventi d’emergenza ma vivendo assieme a un popolo".

5) Non è vera quella tesi che sostiene che la povertà dei poveri è "colpa" dei ricchi. E’ falso scrivere sui libri che, prima dell’incontro con la colonizzazione occidentale, i popoli africani o gli indios amazzonici, vivevano una vita naturale, felice, pacifica, solidale. Questo è quello che ci ha propinato per decenni la cultura illuminista: "l’uomo nasce buono, è la società che lo rende cattivo". Ma questa è una visione ideologica del tutto contraria alla realtà storica. Del resto basta leggere quello che hanno scritto i primi missionari dalla scoperta dell’America in poi: "i nativi vivevano in modo disumano, poco al di sopra della vita degli animali".

6) Non è vero che c’è la fame perché ci sono troppi uomini. La prova è il Giappone, che ha la densità umana più alta del mondo, (342 abitanti per chilometro quadrato), è coltivabile solo per il 19% del suo territorio, ha un clima infelice ma che è pienamente autosufficiente.

7) Bisogna discutere della necessità dell’educazione, intesa non solo come scuola o alfabetizzazione, ma come formazione a quei valori che hanno la loro radice nel Vangelo e hanno creato lo sviluppo dell’Occidente, cioè il valore assoluto della persona umana, della libertà, dell’uguaglianza fra tutti gli uomini e le donne e così via.

In conclusione, se il G 8 si limiterà ad inviare risorse finanziarie ai Paesi poveri, probabilmente avrà acquietato le proprie coscienze ma, è matematico, tutto rimarrà come prima. Se invece opererà con le sagge parole del missionario Piero Gheddo, forse una svolta riuscirà a determinarla.

Alessandro Pagano

Domenico Bonvegna

Dim lights Embed Embed this video on your site