La nuova barbarie

Due settimane fa sono partiti i primi processi in cui il Comune di Milano si è costituito parte civile contro i graffitari. Con questo termine vengono indicati artisti, ma molto più spesso vandali, che spray alla mano lasciano le loro scritte su muri pubblici e privati.

Senza dubbio sono forme di espressione che non migliorano l’ambiente in cui vengono realizzati anche se qualcuno si ostina a chiamarle opera d’arte. Sono, invece, ombra di quella devianza sociale che scaturisce nel vandalismo puro.

Non è infatti ammissibile che chiunque possa sentirsi in diritto di imbrattare tutto ciò che capita a tiro con scarabocchi o poco più!

Spesso questi teppistelli imbrattano persino monumenti storici o opere d’arte di valore inestimabile e la cosa più grave è che lo fanno indisturbati!

Recentemente studenti giapponesi sono stati sanzionati per aver sporcato i muri della città di Firenze mentre erano in gita. Per noi italiani invece tutto ciò ci lascia indifferenti.

Cosa si può fare per risolvere la situazione? Vogliamo continuare a vivere in ambienti urbani degradati ed essere sottomessi da ragazzini grafomani o peggio ancora da quegli "squatter" eredi della peggiore tradizione sessantottina?

Intanto la "piaga" dell’imbrattamento dei muri sta assumendo proporzioni sempre maggiori ed è chiaro che c’è una tendenza culturale irrefrenabile verso ciò che è "caos e bruttura". Al di là della ricerca delle cause sociali di tale malcostume mai come adesso è opportuno regolamentare con maggiore fermezza l’attuale disciplina estendendo le ipotesi di reato, oltre che al deturpamento e imbrattamento delle opere di interesse storico-monumentale, anche a tutti i manufatti che disegnano con i loro affacci l’immagine della città e che è ciò che, da un punto di vista urbanistico, ha immediata percezione.

Ecco perché il PDL ha presentato una proposta di legge, primi firmatari l’On. Sabatino Aracu e l’On. Alessandro Pagano, al fine di tutelare anche le zone dei quartieri periferici per le quali è altresì necessario mantenere il decoro estetico degli edifici che spesso versano in condizioni di degrado proprio a causa, appunto, delle scritte murali; pratica, quest’ultima, che non risparmia né abitazioni private, né scuole, né chiese.

Lo scenario urbano che ne consegue è assolutamente desolante, senza considerare il danno economico che i comuni, gli organismi competenti ed i privati sono costretti a sostenere per ripristinare l’edificio.

Contro la stupidità di questi vandali, purtroppo, non sono sufficienti l’impegno e gli sforzi che le Forze dell’Ordine, i Carabinieri e la polizia municipale prodigano per prevenire tali fenomeni, poiché è difficile, per non dire impossibile, tenere sotto costante controllo tutte le strade di tutti i quartieri.

Pertanto, l’ iniziativa, si propone una riformulazione dell’articolo 639 del codice penale, estendendone le sanzioni a chi deturpa o imbratta con scritte e segnaletica varia i muri pubblici e privati, le attrezzature per il tempo libero, le panchine, i plessi monumentali, i contenitori di igiene pubblica e i porta rifiuti, ed in genere le cose mobili o immobili altrui: le pene possono arrivare, nel caso di recidiva, anche alla reclusione fino a tre mesi, e alla multa da 200 euro a 500 euro oltre che all’obbligo di sostenere le spese di ripristino e ripulitura.

Queste norme finalmente ci metterebbero in linea con la normativa degli altri Paesi occidentali, ma soprattutto l’operazione risulterebbe vincente anche e soprattutto sotto un profilo culturale.

Le nuove generazioni sarebbero infatti educate al rispetto dell’ambiente che li circonda.

Alessandro Pagano

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