Una Legge per i Partiti o i Partiti per una Legge?

IL PRINCIPIO DEMOCRATICO

E’ stato detto che la Democrazia è una forma di governo non completamente attuabile.

Rousseau, padre di ogni teoria democratica aveva affermato che si può avere una perfetta Democrazia solo in una società di angeli.

Bisogna educare il popolo alla libertà e non è sufficiente introdurre nelle scuole, come materie d’insegnamento, l’educazione civica.

Bisogna coraggiosamente stimolare il popolo alla vita politica, promuovere riforme capaci di influire sul costume e sullo spirito del popolo, cioè sulla coscienza individuale e collettiva. Dare mano a radicali riforme di struttura.

I PARTITI POLITICI

Più volte 2 politologi (Maranini, Ruini) hanno avanzato la proposta di un controllo degli statuti dei partiti e dei loro principali atti così da garantire il rispetto e l’osservanza delle regole democratiche della stessa vita di partito rispetto al contesto sociale.

Nello Stato partitocratico infatti sono proprio i partiti che dispongono del potere sovrano in quanto costituiscono il Governo e quindi la volontà dello Stato. Pertanto spontaneamente nessun partito accetterebbe di sottoporsi ad una disciplina che ne limiti il potere d’azione e le fonti di finanziamento.

Forse ciò è possibile in quella che Raymond Aran chiama "Democrazie stabilizzate", ma è difficile da realizzare in democrazie instabili come quella italiana.

Il pericolo, dimostrato dai fatti, è che i partiti possono esondare rispetto alla funzione di educazione, preparazione, istruzione e guida per trasformarsi in strumenti per la conquista del potere, dopo essersi inseriti nell’apparato istituzionale dello Stato.

La crisi che porta a questo processo è morale, prima che politica e si è tradotta in "uno scomposto ribellismo di massa contro tutti i valori di libertà e autentica democrazia" (Ortega y Gasset).

I partiti hanno perso mordente sui popoli, che stanno covando nuove forme di ribellismo.

Spesso i partiti, dominano lo Stato perché si sono insediati nei posti chiave con funzioni di governo (PRASSI LENINISTA).

Essi sono diventati incontrollabili e pertanto confondono la volontà partitocratrica con la volontà della Nazione.

In uno stato partitocratrico unico sovrano è il Partito o i Partiti della coalizione.

La partitocrazia è dunque il male segreto che lo Stato moderno ha covato sin dalla nascita. "E’ un male che ha la sua prima e profonda radice nella corruzione degli uomini politici", prima che nell’inefficienza degli istituti giuridici (Lorenzo Caboara, La Partitocrazia cancrena dello Stato, 1975)

Questa crisi sociale genera dapprima insoddisfazione, poi rabbia, infine indignazione, e protesta, talvolta anche sollevazione popolare.

Come ieri i Movimenti studenteschi del ’68, così come oggi i "girotondini" e "i grillino", le masse protestano e non sapendo far altro rifiutano lo schiavismo partitocratrico.

Ma i contestatori (per usare un termine corrente) non sanno che già oltre 2000 anni fa Aristotele diceva che "il popolo non deve limitarsi a sterili atti di protesta collettiva ma ricercare la Giustizia attraverso la conquista individuale".

Già nel 1877 Francesco De Sanctis, che fu Ministro della Pubblica Istruzione scriveva: «Capisco che un Partito politico, venuto al Governo, abbia in sé una cattiva fermentazione di bisogni illegittimi; ma non è degno di stima se non abbia virtù di creare in sé una forza morale che lo tuteli da quegli elementi corrotti. Peggio ancora quando il malo esempio venga dall’alto, e si incoraggino, e non si frenino, i cattivi istinti. Una maggioranza perde ogni prestigio quando nel Paese si formi questa opinione: che ci sieno colà dentro affaristi, sollecitatori,.. soverchiatori e che so altro, e che ivi appunto il Governo cerchi la sua base e la sua forza. Una opinione simile, quando diventi persuasione generale, getta giù non solo i Ministeri, ma i Partiti. E non c’è niente di più doloroso che cadere con la macchia in fronte di uomini disonesti... Non è quindi meraviglia che si formino nei Consigli comunali, provinciali e parlamentari, associazioni di cointeressati, le quali, sotto qualsivoglia maschera, sono vere associazioni di malfattori... E costoro guardano con un certo sorrisetto caratteristico di commiserazione quelli che ne pigliano scandalo... Ci deve essere nella nostra cultura qualcosa di evidentemente falso, che conduca a questo fatalismo di gente viziata... E m’oda bene la Maggioranza: quando non abbia l’orgoglio della sua indipendenza e della sua incorruttibilità, risecando da sé gli elementi putridi che per avventura vi si siano infiltrati, essa cadrà nel modo più ignobile, cadrà nel fango.. E il fango………. spruzzerà il viso anche ai buoni ». (M. Minghetti, I partiti politici e l’ingerenza loro nella giustizia e nella amministrazione, Roma 1881)

Il fenomeno peggiora quando un partito si scinde in piccoli gruppi o correnti che non rispettano più neppure quel principio della disciplina di partito che, per quanto deprecabile, perché viola il principio della libertà di coscienza, tuttavia, almeno all’interno di ogni partito, è un fattore di unità e di coesione. « Quando in un partito di massa si formano gruppi o correnti, ogni corrente diventa un focolaio di intrigo, in cui si sfogano le ambizioni personali. I gruppi patteggiano l’un l’altro, e dalle loro combinazioni, magari formate segretamente e improvvisamente, possono venir successivamente costituiti e rovesciati vari ministeri, con danno del progresso legislativo e della continuità della politica nazionale ». (L. Caboara, idem 1975, e J. Bryce, Democrazia moderna, Milano 1931)

Alla ricerca di un rimedio, anche il Bryce, come il Thornton, si propone la questione se non sia possibile uno «Stato senza i partiti ». Ma risponde che ciò sarebbe possibile «solo in una società dove i cittadini si conoscano l’un l’altro così bene, da scegliere i membri del potere legislativo ed esecutivo con riguardo al loro merito personale, e dove i legislatori siano di una virtù così pura da discutere di ogni questione alla stregua soltanto della verità e del vantaggio dello Stato ». E ciò non può accadere, come aveva detto con fine ironia il Rousseau, che in una democrazia formata da angeli.

Lo Stato moderno è concepito con la rappresentanza del popolo (Parlamento) e il Governo Esecutivo che è appannaggio della maggioranza. Ciò ha suscitato negli uomini politici il bisogno della captazione dell’elettorato ed è stato questo bisogno che ha gettato il seme della corruzione.

Già nel Risorgimento è stato registrato il deprecato fenomeno del "clientelismo" che sta alla base della corruzione, sia pre-elettorale che post-elettorale degli uomini politici.

Anche L. Sturzo in (Parlamento e partitocrazia) scrisse che "la cosa grave oggi è l’ingerenza dei partiti nell’attività parlamentare ".

Ritengo che non esista una legge elettorale perfetta, ma l’ ideale è che non si debba consentire ad un partito di scegliere chi far eleggere. (Esempio: La triplice preferenza era una dittatura perfetta, la lista bloccata è dittatura perfetta).

DEMOCRAZIA E PARTECIPAZIONE

VIRTU’ PUBBLICHE:

  1. Il potere politico è legittimato dal popolo
  2. Universalismo. Ogni cittadino contribuisce al progetto
  3. Rappresentatività. Si dice ogni governo è lo specchio della Nazione
  4. Responsabilità. Chi è eletto ci mette la faccia
  5. Rendiconto politico. Mediamente chi fa viene rieletto

Pur tuttavia negli ultimi 20 anni ci sono criticità che stanno minando le basi dello stesso modello democratico:

VIZI PRIVATI:

  1. Una volta eletti i rappresentanti politici si impegnano a mantenere il potere e non rispettare le promesse elettorali.
  2. Impennata fisiologica della spesa pubblica durante le campagne elettorali.(addirittura Prodi oggi che è in crisi e quindi in campagna elettorale perenne aumenta la spesa sempre)
  3. Solo una parte della popolazione va a votare. Chi non vota mediamente sono i gruppi sociali più marginali economicamente.
  4. Gli eletti rappresentano gli interessi di lobby organizzate rispetto ai singoli.
  5. Non esiste un sistema serio di controllo dell’eletto. Tutto è affidato al suo senso di responsabilità

BUROCRAZIA E PARTITOCRAZIA

  1. In Italia la burocrazia ha due privilegi:
    • esenzione da ogni responsabilità
    • organo e potere permanente dello Stato.

    Di fatto si è creato un abuso nell’uso del potere.

  2. La burocrazia nasce su un terreno moralmente inquinato. Il ministro Scolari lo spiegava nel 1863 quando ben 6 amministrazioni (ma alcune di loro ereditarie di altre amministrazioni), furono annesse nel Regno d’Italia. Il governo del nuovo Stato di fronte a questa massa pletorica di impiegati incapaci e/o disonesti non ebbe il coraggio "per ragioni politiche, non umanitarie di operare una epurazione morale" (Ministro Rattazzi).
  3. Conclusione: non basta cambiare il sistema elettorale se poi non si fa anche la riforma della burocrazia.

On.le Alessandro Pagano