Educare a servire la vita

La questione non è: è meglio stare bene o stare male? La vera domanda è un'altra: che cosa è lecito fare all'uomo di fronte a una malattia grave, a una menomazione, a un handicap. Si può uccidere per pietà? La risposta è che non si può uccidere mai una persona innocente, nemmeno se lei stessa lo desidera. Questo giudizio vale sia per i credenti che per i non credenti. Gli esperti la chiamano "indisponibilità della vita".

Pensiamo al suicidio. È un atto illecito, anche se l'ordinamento non lo punisce per ovvie ragioni. Togliersi la vita è un atto grave non solo sul piano morale, ma anche nella prospettiva giuridica. Infatti, la nostra vita è immersa in una rete di relazioni, e non possiamo dire che ucciderci è una faccenda che riguarda soltanto noi.

Del resto, bisogna chiedersi: perché allora esiste nel codice penale di molti Stati il reato di "istigazione al suicidio"?

Detto tutto questo, chiariamo un fatto: fra eutanasia e suicidio c'è una differenza molto importante, decisiva.

Nel suicidio chi si uccide fa da sé. Dunque, non viene coinvolta una volontà terza. Invece, nell'atto eutanasico occorre necessariamente che una persona diversa dal sofferente (può trattarsi del medico, dell'infermiere, di un funzionario incaricato dallo Stato, di un parente, di un coniuge). Sul piano giuridico c'è un salto di qualità drammatico, enorme: perché per legalizzare l'eutanasia, in qualsiasi forma, occorre autorizzare qualcuno a togliere la vita ad un altro uomo innocente, cioè che non voglia nuocere alla vita o all'incolumità di qualcuno.

Nel 1939 Adolf Hitler mise in piedi, con la collaborazione del suo medico personale, il dottor Karl Brand, una organizzazione che fosse in grado di eliminare in segreto una serie di tedeschi di pura razza ariana, con problemi di handicap. Qui dunque il razzismo non centra nulla.

Nel 1935, dunque qualche anno prima dell'iniziativa sciagurata di Hitler, in Gran Bretagna viene fondata la "British Euthanasia Society". La promuovono alcuni intellettuali liberali che però avevano un tragico punto in comune con la follia nazista: ergersi a padroni della vita, e a giudici della qualità di vita.

Certamente nella Germania di Hitler la gente veniva uccisa senza il proprio consenso, o addirittura contro la volontà delle vittime. Ma dobbiamo riconoscere che le ragioni di principio che muovevano Hitler erano simili a quelle dei moderni fautori dell'eutanasia. Infatti, il percorso logico è il seguente:

  1. ci sono persone che, secondo un nuovo criterio di vita umana, conducono un'esistenza priva di significato;
  2. riteniamo che queste vite siano fonte di sofferenza per chi le conduce e per chi sta vicino a queste persone;
  3. non abbiamo alcun sentimento di odio nei confronti di questi sofferenti, anzi li consideriamo meritevoli di stima;
  4. non per odio ma per amore, per compassione vogliamo che queste persone siano finalmente liberate dal giogo di una vita biologica assurda;
  5. per fare questo, lo Stato deve organizzarsi e garantire una via di uscita indolore.

Ci sono esempi recenti come il caso dell'Olanda, dove si è scoperto che ogni anno vengono "terminati" dei pazienti per i quali non vi è traccia del modulo di richiesta. E nessuno di loro, ovviamente, è tornato per lamentarsi del trattamento ricevuto. In secondo luogo, c'è il problema della definizione di questo consenso… scritto, orale, in preda al dolore, riferito da un parente. In terzo luogo, c'è il problema di tutti quei pazienti che non potranno più, o non potranno mai, a causa della loro patologia, esprimere una qualsiasi richiesta. Pensiamo a un handicappato grave fin dalla nascita; a un neonato; una volta accolto il principio dell'eutanasia per non far soffrire chi la chiede, come potremo negarla ad esempio a un bambino?

Chi o che cosa traccerà l'esile linea di demarcazione fra un paziente che merita di essere terminato e un altro che non lo merita? I politici? I medici? I giudici? Lo Stato?

Il dolore si combatte con il sostegno umano, la carità e i farmaci, non con l'eutanasia.

Le manipolazioni genetiche, l'aborto, la contraccezione, le varie forme di eutanasia costituiscono, secondo il magistero di Giovanni Paolo II, una immensa congiura dei nuovi potenti contro i poveri, i nuovi poveri di questa società in cui domina un concetto di libertà assolutamente falso.

Una libertà senza Verità è infatti soltanto un arbitrio dei potenti contro i deboli. E quando le strutture sociali e politiche assecondano questa congiura si inizia il cammino verso il totalitarismo

Alessandro Pagano