I giovani fra agio e disagio

 I giovani fra agio e disagio

Relazione dell’On. Alessandro Pagano

I dati che utilizzerò in questa relazione sono stati raccolti dall’IDIS (Istituto per la Dottrina e l’Informazione Sociale), che con il patrocinio dell’Assessorato Regionale ai Beni Culturali e Ambientali e alla Pubblica Istruzione, ha svolto tra l’Ottobre ed il Dicembre 2004 un’indagine sugli "Stili di vita degli adolescenti", allo scopo di giungere ad una migliore conoscenza del mondo giovanile e di individuare le ragioni di un eventuale disagio, sfociante talvolta nell’uso di sostanze psicotrope.

L’indagine è stata effettuata attraverso la somministrazione di un questionario anonimo, in formato elettronico, ad un campione di 1950 studenti frequentanti le classi seconde e quarte di dodici Scuole Medie Superiori di diverse province siciliane, rappresentativi dell’Universo degli studenti siciliani.

I criteri adottati per la selezione delle scuole sono stati:

L’eterogeneità delle scuole selezionate ha permesso di ottenere un campione di studenti con una notevole variabilità relativa al livello socioculturale di appartenenza degli stessi.

Per tale motivo, considerata anche l’elevata numerosità del campione, i risultati ottenuti possono essere considerati utili all’approfondimento degli stili di vita tipici degli adolescenti siciliani.

L’indagine ha consentito l’esplorazione di diverse aree tematiche che vengono di seguito descritte.

  1. Rapporto con la famiglia pag. 2
  2. Influenza del gruppo amicale p. 4
  3. Impegno del tempo libero p. 5
  4. Propensione alla trasgressione p.5
  5. Giudizio relativo al consumo e livello di percezione del rischio p.7
  6. Indicatori di disagio p.8
  7. Conclusioni p.8
  8. Conseguenze giuridiche e politiche della 4° Rivoluzione p.10

1) Rapporto con la famiglia.

Un primo risultato inequivocabile mette in luce l’importanza che i ragazzi attribuiscono alla famiglia. Infatti, l’82,5% considera la famiglia come l’ambiente dei veri affetti (nell’analoga indagine condotta a Roma lo stesso giudizio era stato espresso dal 68% dei ragazzi).

I giovani siciliani, dunque, credono ancora nella famiglia come punto di riferimento fondamentale e ciò avviene in misura maggiore rispetto agli adolescenti romani che certamente sono portatori del vissuto di una metropoli.

Si evidenzia anche un altro dato interessante: la famiglia è giudicata positivamente soprattutto dai ragazzi che dichiarano di accettare le regole e di avere progetti per il futuro rispetto al gruppo dei ragazzi che ammettono condotte trasgressive e si focalizzano solamente sul proprio presente.

Ma ciò che fa la differenza tra i due gruppi è soprattutto lo stile educativo dei genitori. Infatti, laddove i genitori tendono a cedere o a concedere tutto di fronte alle richieste dei figli, sono presenti maggiori tendenze trasgressive da parte dei ragazzi, che in genere si accompagnano anche ad altri segni di disagio come ad esempio la presenza di pensieri suicidi.

Un atteggiamento troppo permissivo da parte dei genitori determina, dunque, nei figli la tendenza ad oltrepassare sempre più i limiti perché non incontrano degli argini sufficienti e ciò non consente loro di interiorizzare regole e valori, presupposti fondamentali per la comprensione della distinzione tra bene e male, tra ciò che è giusto e ciò che è sbagliato.

Oltretutto la mancanza di punti di riferimento forti e autorevoli con i quali identificarsi impedisce, a sua volta, la formazione di una personalità sana e forte nel ragazzo.

Anche quando i genitori impongono senza dialogare ciò sembra produrre effetti negativi in termini di depressione e disagio.

L’atteggiamento di imposizione non adeguatamente motivato e supportato dal dialogo ostacola, infatti, lo sviluppo del senso critico e l’identificazione positiva con i genitori, suscitando talvolta reazioni estreme di contrapposizione e più spesso un ripiegamento su se stessi, causato dallo sviluppo di una carente autostima e di una personalità fragile.

Quando, invece, i genitori dialogano con i figli ma allo stesso tempo mantengono le regole, il giudizio positivo sulla famiglia è più diffuso, sono meno frequenti i litigi, i ragazzi si sentono maggiormente spronati e stimati dai familiari ed in generale ciò determina un minore disagio ed una più scarsa incidenza di comportamenti trasgressivi.

Emerge chiaramente, quindi, la necessità che la famiglia abbia una funzione normativa oltre che affettiva. I ragazzi hanno, infatti, bisogno di punti di riferimento fermi che sappiano trasmettere loro regole e valori sui quali improntare le proprie scelte; ed allo stesso tempo è necessario che vengano sostenuti ed adeguatamente motivati nel proprio delicato percorso di crescita.

Spesso i genitori si lamentano della mancanza di tempo da dedicare al dialogo con i propri figli o del disinteresse di questi ultimi in tal senso. Ma basterebbe riflettere anche solo sul fatto che in ogni famiglia sono presenti in media più di due televisori, per capire non soltanto quanto tempo venga dedicato ad attività poco importanti ma soprattutto quanto siano responsabili i genitori del fatto che spesso i figli si isolano nelle proprie camere a guardare la televisione. In tal modo, inoltre, si favorisce la diffusione tra i ragazzi di una cultura massmediatica che veicola messaggi a volte pericolosi e che in quanto tali andrebbero sottoposti al vaglio attento dei genitori per effettuare una revisione critica insieme dei contenuti trasmessi dalla televisione.

L’indagine conferma anche la relazione esistente tra disagio e disgregazione della famiglia: i ragazzi che non vivono con entrambi i genitori dichiarano più comunemente rendimento scolastico precario, minore rispetto e consapevolezza delle regole, consumo di spinelli, minore motivazione al sacrificio ed alla rinuncia.

I ragazzi con genitori separati costituiscono circa il 10% del campione siciliano (nell’indagine romana si rilevava un’incidenza del 20%).

L’atteggiamento di "fermezza e dialogo" è più diffuso nelle famiglie con i genitori che vivono insieme piuttosto che nelle famiglie con genitori "single". Si notano, però, differenze significative tra le risposte di chi vive con la sola mamma e di chi vive solo con il papà.

L’atteggiamento di "imposizione" pare più diffuso tra le mamme "single"; tra i ragazzi che vivono con la sola mamma sono più diffusi i comportamenti trasgressivi, più frequenti i litigi in famiglia e si esprimono più comunemente timori verso il proprio avvenire.

I papà "single" tendono, invece, ad assumere un atteggiamento più accondiscendente, mantengono di meno le regole e spronano di meno i propri ragazzi.

Sembrerebbe che il ruolo materno (maggiormente volto all’accudimento fisico ed affettivo) e quello paterno (importante per la trasmissione delle regole e del senso del dovere) vengano a snaturarsi nel momento in cui non sono più rivestiti in maniera complementare dai due genitori ma assunti entrambi da un’unica persona. In ambo i casi si ha una ricaduta negativa sull’educazione dei figli.

È impossibile non evidenziare, dunque, come il diritto riconosciuto dalla legge ai genitori di separarsi e divorziare abbia contemporaneamente negato ai figli il diritto di avere accanto entrambi i genitori, sovvertendo quello che può essere considerato l’ordine naturale delle cose.

2) Influenza del gruppo amicale.

È stata posta particolare attenzione sul rapporto affettivo con gli amici per un duplice motivo.

Da una parte, il fatto di avere degli amici su cui poter contare rappresenta una condizione importante per il benessere psicologico di qualsiasi individuo; e ancor di più lo diventa per un adolescente che sente il bisogno di rispecchiarsi all’interno del gruppo per costruire la propria identità.

Dall’altra, il gruppo potrebbe fungere da catalizzatore per comportamenti trasgressivi o devianti, affievolendo il senso di responsabilità dei singoli ed accentuandone l’atteggiamento goliardico.

Dall’indagine emerge che gli amici sono i confidenti preferiti per il 40% dei ragazzi; il 27% indica, invece, la mamma; il 15% i fratelli o le sorelle; il 5% il papà; il 4% altri parenti. Desta preoccupazione quel 7% di ragazzi che affermano di non avere nessuno con cui confidarsi in quanto l’isolamento sociale è un importante indicatore di disagio.

Sebbene la maggior parte dei ragazzi indichi gli amici come confidenti preferiti, il 65% dichiara, comunque, di non avere più di un amico "vero". Ciò significa che il gruppo è composto più che altro da coetanei con i quali non si ha una relazione stretta. Nonostante ciò la tendenza ad adeguarsi al gruppo nelle scelte trasgressive viene ammessa da circa la metà dei ragazzi (anche se non viene dichiarato apertamente il timore di perdere gli amici).

Si evince chiaramente, dunque, l’influenza esercitata dal gruppo sugli atteggiamenti del ragazzo che talvolta arriva ad annullare il proprio senso critico per non discostarsi dalle condotte degli altri.

Ai ragazzi andrebbe, allora, ricordata la necessità di saper andare contro corrente per diventare leaders all’interno del gruppo e non semplici gregari. Ciò non significa mettere in atto comportamenti trasgressivi (che possono anche essere imitati all’inizio ma perdono subito il proprio fascino, lasciando il posto al biasimo da parte degli altri) ma piuttosto essere capaci di scelte positive ed autonome (che producono la stima altrui in quanto si viene considerati come persone degne di fiducia e di ammirazione).

In questo senso gli adulti devono sapersi porre come modelli positivi da imitare, non temendo essi stessi di difendere le proprie idee ed i propri valori anche quando un atteggiamento di questo tipo può risultare impopolare, suscitando la contrapposizione degli altri.

3) Impiego del tempo libero.

Si è ritenuto utile conoscere il modo in cui i ragazzi trascorrono il tempo libero ed in particolare l’eventuale frequenza di associazioni con diverse finalità (sportive, religiose, culturali, di volontariato, …).

L’impiego del tempo libero in attività associative impegnative ed allo stesso tempo gratificanti può, infatti, permettere che la carica di energia tipica dell’adolescente venga indirizzata verso esperienze costruttive piuttosto che verso comportamenti distruttivi.

Inoltre, esperienze di questo tipo hanno anche la funzione di rafforzare l’autostima del ragazzo, proteggendolo da influenze negative provenienti dall’esterno.

La frequenza di associazioni viene dichiarata da circa l’80% dei ragazzi (il 42% con continuità ed il 37% saltuariamente).

Sebbene la partecipazione ad associazioni sia notevole, bisogna evidenziare che oltre la metà dei ragazzi non ha riferimenti significativi al di fuori della propria famiglia o della propria cerchia di amici. Questo risultato sembra confermare il ruolo cruciale che tuttora svolge la famiglia, all’interno della quale, nel bene e nel male, il ragazzo cresce, si forma, sviluppa i propri orientamenti ed i propri comportamenti.

Una differenza degna di nota, rilevata dal confronto tra l’indagine siciliana e quella romana, riguarda la partecipazione dei ragazzi alle funzioni religiose (77% in Sicilia e 58% a Roma), probabile segno di un maggiore radicamento dei valori religiosi nel contesto siciliano.

4) Propensione alla trasgressione ed al consumo di sigarette, alcolici e stupefacenti.

Dalle risposte si evince che il consumo di sigarette è il più diffuso (38,3%), segue l’abuso di alcolici (33,2%) e di spinelli (23,4%); le ragazze (41%) fumano più dei ragazzi (35%).

Non tutti i ragazzi che hanno "provato", continuano oggi a "consumare".

L’area della "prima volta" è più estesa rispetto all’incidenza del "consumo attuale": oltre la metà dei ragazzi, infatti, ammette "una prima sigaretta", quasi la metà ha sperimentato una sbronza, oltre il 30% ha provato lo spinello.

D’altra parte questo significa che sebbene alcuni ragazzi si limitino semplicemente a provare per curiosità determinate sostanze, senza poi andare avanti, per la maggior parte non è così. Basti fare riferimento a quel 23% di ragazzi che dichiarano di fare regolarmente uso di spinelli, che è una percentuale poco più bassa rispetto a coloro che ammettono di avere provato almeno una volta (il 31%).

Ciò smentisce l’idea, diffusa nell’opinione pubblica e che supporta certi atteggiamenti permissivisti, secondo cui l’adolescente dopo aver soddisfatto la sua curiosità in merito all’uso di determinate sostanze le abbandona subito; anzi dimostra che è vero esattamente il contrario: il ragazzo si affeziona immediatamente a delle condotte che considera piacevoli, diventandone inconsapevolmente dipendente.

È altresì importante sottolineare che oltre la metà dei ragazzi sperimenta la "prima volta" tra i 13 ed i 16 anni: indicazione rilevante per indirizzare correttamente la politica di prevenzione.

La trasgressione è più comunemente ammessa dai ragazzi che dichiarano di non accettare le regole, che confessano l’abuso di alcolici ed il consumo di spinelli.

Nell’area del consumo e del rifiuto delle regole la vita sembra più focalizzata sul presente;

il "trasgressivo", infatti, confida un po’ di meno nel proprio futuro, "si sacrifica" un po’ meno per raggiungere un obiettivo e va un po’ meno bene a scuola.

Questa considerazione, già emersa nell’indagine romana, è confermata dalle risposte dei ragazzi siciliani, così come si conferma il fatto che il trasgressivo lamenta una maggiore depressione e pensa più frequentemente al suicidio, sebbene l’estensione del fenomeno sia più limitata in Sicilia[1].

Tali risultati mettono in evidenza la relazione esistente tra consumo e trasgressione da un lato, difficoltà esistenziali dall’altro. Suggeriscono, quindi, cautela nell’ assimilare il consumo alla "normale" espressione di "sperimentazione" piuttosto che ad una spia di possibili difficoltà.

Nel confronto con l’indagine romana, sia i fenomeni trasgressivi (42% vs 34%) che il consumo di sostanze (32% vs 23%) appaiono più contenuti tra i giovani siciliani.

5) Giudizio relativo al consumo e livello di percezione del rischio.

Si è ritenuto opportuno indagare sui giudizi che i ragazzi esprimono sulla liceità del consumo.

Opinioni e giudizi di valore costituiscono, infatti, un sistema capace di influenzare potentemente le scelte di un individuo imprimendogli una direzione piuttosto che un’altra.

Qualora un determinato comportamento venga considerato lecito, normale o addirittura auspicabile, le probabilità che esso venga messo in atto (in presenza delle condizioni necessarie alla sua realizzazione) sono elevate.

Dall’indagine emerge chiaramente che tra i ragazzi che fanno uso di cannabis vi è una prevalenza del giudizio di indifferenza (55%) nei confronti del consumo; il 34% lo giudica invece corretto e soltanto l’11% sbagliato. Ogni ulteriore commento sarebbe superfluo.

Si è cercato di comprendere anche fino a che punto i ragazzi siano consapevoli dei rischi connessi all’uso di determinate sostanze.

La mancanza di informazioni adeguate o la scarsa percezione del rischio possono, infatti, allentare le difese psicologiche (in termini di rifiuto) dell’individuo nei confronti di sostanze altamente nocive per la propria salute psico-fisica.

Un dato molto interessante emerso, in tal senso, è rappresentato dal fatto che i consumatori di spinelli considerano questa sostanza meno dannosa della sigaretta (probabile effetto delle numerose campagne di informazione contro il fumo, mentre sono quasi assenti quelle che evidenziano i danni delle droghe cosiddette "leggere").

Ai ragazzi bisognerebbe ricordare che la cannabis non soltanto può essere causa di tumori (come le sigarette) ma può indurre anche diversi problemi psichici (deficit nella concentrazione e nella memoria, disturbi dell’umore, disturbi d’ansia e, nei casi più gravi, anche disturbi psicotici) che limitano notevolmente ed in maniera irreversibile le capacità intellettive di un individuo.

Sebbene meno temuta della sigaretta, la cannabis è indicata come mediamente pericolosa da circa la metà (47%) dei ragazzi che ne ammettono il consumo. Ciò non sembra, però, costituire un valido deterrente nei confronti dell’uso di tale sostanza. Probabilmente la spiegazione del fenomeno è da ricercare o in un’eccessiva focalizzazione sul presente, che porta a non curarsi delle conseguenze delle proprie azioni, o in un’errata convinzione di reversibilità dei danni che induce a sottovalutare gli stessi.

6) Indicatori di disagio.

È stato ritenuto importante, infine, rilevare l’eventuale presenza di alcuni fattori che possono essere considerati indicatori di un disagio psicologico più o meno grave.

Poco più del 14% dei ragazzi dichiara di sentirsi spesso "demotivato, angosciato o depresso". L’area più critica, costituita dai ragazzi che dichiarano di pensare frequentemente al suicidio, rappresenta circa il 3% del campione siciliano. Di questi, oltre il 60% ammette di sentirsi "spesso depresso" e poco meno del 20% dice di non avere nessuno con cui confidarsi.

Sebbene, ancora una volta, il disagio rappresentato dalla frequenza di pensieri suicidi sia più esteso tra i giovani romani, viene confermato il dato di fondo: il disagio emerge soprattutto laddove sono presenti tendenze trasgressive e la pedagogia familiare è improntata ad un’eccessiva accondiscendenza o alla mancanza di dialogo.

Tra i ragazzi che dichiarano frequenti pensieri di suicidio sono presenti: timori per il proprio futuro, minore disponibilità al sacrificio, noia, scarso rendimento scolastico, consumo di spinelli, trasgressione (soprattutto tra i ragazzi), depressione (soprattutto tra le ragazze), frequenti litigi in famiglia.

Bisognerebbe, forse, chiedersi anche in che misura i pensieri di suicidio siano influenzati dalla diffusione nella società moderna di una cultura della morte che attraverso l’aborto e l’eutanasia arriva a calpestare il valore sacro della vita.

In una cornice culturale di questo tipo non è difficile, infatti, arrivare a pensare che se il proprio modo di vivere non è soddisfacente è il caso di porvi fine.

7) CONCLUSIONI

7.1 I punti di forza

Il legame affettivo con i familiari è saldo, e lo è, "provvidenzialmente" quasi per tutti. Laddove questo legame viene a mancare si apre piuttosto, un pericoloso varco verso lo smarrimento.

Proprio tra i ragazzi che confidano di pensare frequentemente al suicidio, si evidenziano significative difficoltà di rapporto in famiglia e si rilevano anche preoccupanti sintomi di disagio; è l’aspetto più problematico che viene evidenziato dall’inchiesta.

Tale conclusione era emersa anche nella precedente indagine condotta a Roma; ma rispetto alla indagine capitolina ci sono anche delle differenze.

Nel confronto con la situazione romana: i genitori siciliani appaiono un po’ più risoluti con i propri figli; sono più rari i genitori "single" ed i figli unici[2]; i ragazzi siciliani frequentano di più le funzioni religiose; il profitto scolastico è mediamente migliore; le consuetudini trasgressive sono meno diffuse; c’è un minor consumo di spinelli e soprattutto minore incidenza di pensieri suicidi. In sintesi, sembra un’ adolescenza meno problematica.

Non è soltanto un luogo comune, dunque, il fatto che in Sicilia alcuni valori siano più profondamente radicati rispetto ad altri contesti culturali. E ciò, naturalmente, si ripercuote in maniera positiva sugli stili di vita degli adolescenti.

7.2 I punti di debolezza

Sono confermate alcune preoccupanti conclusioni dell’indagine romana, anche se in misura più contenuta.

La nuova famiglia abdica di fronte alla sua funzione culturale e finisce con il non ritenere proprio compito il presiedere alla nascita sociale dei figli. E ciò ovviamente ha effetti nefasti sul processo di crescita dei ragazzi, così come effetti negativi si notano laddove le relazioni tra i genitori sono critiche.

Manifestazioni trasgressive, come consumo di spinelli ed abuso di alcolici, forniscono indicazioni di malessere piuttosto che indicare normali espressioni di divertimento o di sperimentazione adolescenziale. Ciò si evince dal fatto che tali comportamenti sono presenti laddove emergono anche altri segni di disagio e la pedagogia familiare è improntata ad un’eccessiva accondiscendenza o alla mancanza di dialogo.

Un’ombra temibile che traspare dall’indagine è la solitudine sociale della famiglia, come è testimoniato dal fatto che la metà dei ragazzi non ha una persona adulta di cui si fida o a cui confiderebbe un segreto al di fuori del nucleo familiare.

In questo scenario la responsabilità dei genitori diventa determinante. L’ambiente familiare, la solidità delle relazioni, la pedagogia praticata dai genitori, la consapevolezza del processo di maturazione hanno un ruolo decisivo nello sviluppo dei ragazzi.

Tale indicazione è importante non soltanto per i genitori ma anche per tutte le Istituzioni che, a vario titolo, sono deputate a supportare la famiglia nel suo delicato compito educativo.

8) Le conseguenze giuridiche e politiche della 4° Rivoluzione:

La Rivoluzione sessantottina, definita dal Prof. Plinio Correa de Oliveira, la 4° Rivoluzione, quella dei costumi e degli stili di vita, non ha inventato "cose" nuove. Nella società ci sono sempre stati questi comportamenti, contro la famiglia, la vita, la proprietà, Dio, ecc.. solo che erano nettamente minoritari.

Dopo quarant’anni di questa Rivoluzione culturale, i dati sociologici li avete sentiti in questa relazione che sintetizzo:

  • La società di oggi è coriandolizzata, vige cioè il primato della soggettività e del relativismo (De Rita 41 rapporto CENSIS). Ancora De Rita riprendendo Zigman Bauman : dice, che abbiamo una società liquida, cioè senza forma, non strutturata.
  • Se si vuol cambiare qualcosa bisogna cambiare gli orizzonti della società cioè come dice la Dottrina Sociale Naturale e Cristiana: AMARE DIO E AMARE IL PROSSIMO.
  • Il ’68 ha tagliato ciò che si ritenevano "catene". Dopo anni ci si è accorti che invece erano "cordoni ombelicali" che salvavano la società.
  • Dopo 40 anni ricaviamo che il ’68 ha generato un’antropologia senza storia e senza futuro. Insomma un uomo nudo.
[1] Tra i ragazzi che NON ammettono il consumo di spinelli, i frequenti pensieri di suicidio sono dichiarati dal 6,6% dei romani e dall’1,2% dei siciliani; tra i ragazzi che ammettono il consumo di spinelli, sono dichiarati dal 17,3% dei romani e dal 7,7% dei siciliani.

[2] Meno del 10% dei ragazzi siciliani dichiara di essere figlio unico (9,7%), quasi il doppio tra i ragazzi romani (17,1%).