La grande crisi/Perché l’Europa condivide la soluzione-Tremonti

L’orientamento è emerso abbastanza chiaro dall’ultimo Ecofin informale di Nizza. In quella sede – senza dirlo formalmente – Commissione e ministri economici europei hanno concordato (nei corridoi) che Bruxelles non sarà più così stringente sul rispetto del percorso di azzeramento del deficit entro le date previste.

In altre parole, ed usando un linguaggio "in codice" ("i Paesi possono utilizzare per intero l’elasticità concessa dal Patto di Stabilità"), l’Europa ha deciso che affronterà la crisi chiudendo un occhio se qualche Stato membro non rispetterà il percorso di rientro del deficit.

Ed il primo occhio che chiuderà sarà proprio per le spese per investimenti in infrastrutture e per le riforme strutturali. Per queste ragioni, l’Europa ha accolto con particolare piacere l’idea di Tremonti di modificare la missione della Banca europea per gli investimenti (Bei) e di orientarla per finanziare le grandi infrastrutture europee, in raccordo con le Casse depositi e Prestiti dei diversi paesi europei.

Tremonti ha offerto a Bruxelles la soluzione ad un problema comune: finanziare grandi infrastrutture fuori dal perimetro del deficit. In tal modo, i diversi Stati (sotto questo ombrello) possono realizzare spese per infrastrutture senza contabilizzarle nel deficit.

Lo schema, discusso a Nizza, ha trovato tutti d’accordo. Ma per non inviare messaggi fuorvianti ai mercati, l’Ecofin ha preferito non dirlo apertamente. E si è agganciato – nel comunicato finale – all’utilizzo dell’elasticità del Patto di Stabilità. In altre parole: anche a Bruxelles hanno iniziato a canticchiare (sottovoce) "si fa, ma non si dice".

Quando nel 2004 Berlusconi propose agli altri Capi di Stato e di governo una modifica del Patto di Stabilità non poteva prevedere la crisi dei mutui sub prime; tantomeno gli effetti che questa crisi sta producendo sull’economia globale. La propose perché quel Patto era troppo rigido e poco adattabile alle diverse fasi congiunturali.

Dopo qualche critica iniziale, la modifica nel Patto venne approvata dal Consiglio europeo. E forse oggi quell’elasticità concessa nel percorso di rientro del deficit dei singoli Stati diventa uno dei ganci al quale l’economia europea può agganciarsi per tamponare gli effetti della crisi.

Legare la riduzione del deficit al ciclo economico (interventi più decisi in caso di ciclo positivo; possibilità di avvicinarsi al 3% quando l’economia va male) è la valvola di sfogo per impedire ai singoli Stati di appesantire ulteriormente la perdita di potere d’acquisto dei cittadini. E quindi attenuare gli effetti della crisi.

La commissione europea, e più ancora il consiglio dei ministri economici, hanno chiaro che la crisi finanziaria che sta mettendo in ginocchio l’economia globale ha contorni diversi dalle crisi precedenti. Ne consegue che per affrontarla, gli strumenti del passato non possono più essere utilizzati. Vale a dire, che l’architettura europea, che ha come primo obbiettivo l’azzeramento del deficit entro il 2011, dev’essere rivista.