Esercizi spirituali per i politici - 1^ serata

"Testimoniare in maniera credibile la novità Cristo Gesù’"

Esercizi spirituali per i politici 3 -5 Marzo 2008

Primo giorno: Lunedì 3 Marzo

L'impegno dei cristiani in politica

                  Prima Parte: Commento al Vangelo Lc 14,1.7-14 "Gesù invitato in casa di un fariseo"

Leggendo il Vangelo da una certa angolatura, si è finito per fare dei farisei il prototipo di tutti i vizi: ipocrisia, falsità,doppiezza, i nemici per antonomasia di Gesù.

Una simile idea di farisei non è del tutto corretta. Tra di essi c’erano certamente molti elementi che rispondevano a questa immagine, ed è con essi che Cristo si scontra duramente. Ma non tutti erano così. Nicodemo, che va da Gesù di notte e che più tardi lo difende dinanzi al Sinedrio, era un fariseo. Fariseo era anche Saulo, prima della conversione ed era certamente persona sincera e zelante, anche se ancora male illuminata. Fariseo era anche Gamaliele che difese gli apostoli davanti al Sinedrio (Atti 5,34 ss).

Il rapporto di Gesù con essi non furono dunque soltanto conflittuali, Alcuni, come nel nostro caso, lo invitano perfino a pranzo in casa loro. E sanno che per il fatto di invitarlo, Gesù non sarà impedito di dire quello che pensa. Gesù coglie l’occasione per correggere alcune storture e portare avanti la sua opera di evangelizzazione. Durante il pranzo, quel sabato, Gesù diede due insegnamenti importanti: uno rivolto agli invitati, l’altro all’ invitante:

- Al padrone di casa, dopo essersi reso conto chi erano gli altri invitati, Gesù disse:

"Quando offri un pranzo o una cena non invitare i tuoi amici, nè i tuoi fratelli, nè i tuoi parenti, nè i ricchi vicini.. Al contrarioinvita poveri, storpi, zoppi, ciechi e sarai beato. Riceverai la tua ricompensa..".

Significato: non si deve fare il bene per interesse, a chi sta già bene. il vero bene, che merita ricompensa presso Dio, è quello che guarda al bisogno del fratello, non al tornaconto proprio.

- Agli invitati: "Guardando poi come gli invitati sceglievano i primi posti…". Gesù non vuole dare consigli di buona creanza.

Significato: Gesù ci vuole dire che nella vita bisogna scegliere l’ultimo posto, cercare di far contenti gli altri più che se stessi: scegli l’ultimo posto, sii modesto nel valutare i tuoi meriti, lascia che siano gli altri a riconoscerli.

A ragione il libro del Siracide ci dice:

"Figlio nella tua attività sii modesto, sarai amato dall‘uomo e gradito a Dio. Quanto più sei grande, tanto più umiliati, così troverai grazia davanti al Signore" (Sir. 3,28).

L’umile è persona vera, autentica, vive nella realtà, non nell’illusione. E una persona sobria. non è ottenebrata dai fiumi dell’esaltazione. La parola "umiltà" è imparentata con "uomo" e tutte e due derivano da "humus", suolo.Umile è colui che sta in basso, vicino al suolo. E dunque umano essere umile.

"Nella tua attività sii modesto, sarai amato dall‘uomo e gradito a Dio". Ma anche Gesù aveva detto: "Chi si esalta sarà umiliato, e chi si umilia sarà esaltato".

Praticamente l’umiltà è vivere nella verità, cioè essere consapevoli dei doni e delle qualità che si possiedono, ma senza esaltarsi perché vengono da Dio.

Oggi si respira un pò dovunque un’aria di orgogliosa presunzione e arroganza nei comportamenti individuali e nei rapporti interpersonali. E ciò anche all’interno della società.

Seconda Parte: Riflessione socio-politica

Praticare la virtù dell’umiltà e della modestia è necessario non solo per la nostra perfezione cristiana, ma anche per il nostro vivere civile e sociale. Nessuno deve avere la presunzione di essere più degno degli altri nel banchetto del Regno di Dio, nessuno deve ritenersi più giusto degli altri agli occhi di Dio.

Il Vangelo invita alla carità, al rispetto dell’altro, Un servizio fatto con e per amore. Un impegno che interpella il credente cristiano. E questo impegno viene chiesto anche ai laici cristiani impegnati in politica, a tutti coloro che esercitano un lavoro nella vita sociale. La Chiesa non ha mai rinunciato a dire la "parola che le spetta" nelle questioni della vita sociale.

Benedetto XVI nell’enciclica "Deus caritas est" al n. 28 dice: "La Chiesa non può e non deve prendere nel/e sue mani la battaglia politica; non deve mettersi ai posto dello Stato, ma non deve mettersi ai margini nel/a lotta della giustizia. La società giusta, non può essere opera della Chiesa, ma deve essere realizzata dalla politica. Tuttavia l‘adoperarsi per la giustizia lavorando per l’apertura dell‘intelligenza e della volonta al/e esigenze del bene la interessa profondamente" (Deus caritas est, 28).

La chiesa si rivolge, con la sua dottrina sociale ed "esperta in umanità" (Populorum progressio, 13), all’uomo "in quanto inserito nella complessa rete di relazioni delle società moderne" (Centesimus annus, 54). Con il suo insegnamento sociale, la Chiesa intende annunciare ed attualizzare il Vangelo. Non si tratta semplicemente di raggiungere l’uomo nelle società, l’uomo quale destinatario dell’annuncio evangelico, ma di fecondare e fermentare la società stessa con il Vangelo. Prendersi cura dell’uomo, pertanto, significa per la Chiesa coinvolgere anche la società nella sua sollecitudine missionaria e salvifica. La società con tutto ciò che in essa si compie, riguarda l’uomo. Essa è degli uomini, nonché "la prima fondamentale via della Chiesa" (Redemptoris hominis, 4).

Una Chiesa che interpella

Ne consegue, quindi, che la Chiesa trae l’urgenza di confrontarsi in modo sincero con una vera e propria questione morale, che chiede a tutti di ristabilire una corretta gerarchia di valori tra etica, diritto, politica ed economia.

Ci auguriamo, si, che si possa favorire una consapevole e libera partecipazione alla vita politica, ma auspichiamo anche che il nostro futuro sia scandito da un impegno sistematico fatto con rigore e competenza e per additare ad ogni proprio paese la propria simpatia alla "città dell‘uomo".

Quasi un anno e mezzo fa si è tenuto a Verona il 4° Convegno Ecclesiale nazionale italiano (16-20 ottobre 2006): "Testimoni di Gesù Risorto, Speranza del mondo". Risultava chiaro l’intento del Convegno che è stato quello di testimoniare in maniera credibile la novità Cristo Risorto quale unica novità capace di rispondere agli interrogativi e alle speranze più profonde degli uomini di oggi. Ovviamente il compito della testimonianza impegna tutta la Chiesa, ma in particolare, l’attenzione viene rivolta ai fedeli laici.

Si coglie da più parti, oggi, l’esigenza della presenza di un laicato adulto, che possa agire con consapevolezza e responsabilità, con dedizione e con fedeltà. Il laicato cattolico deve stare in guardia dalla tentazione dello "straniamento delle sorti del proprio Paese".

Esistono dei principi che definiscono radicalmente l’impegno dei cristiani nella società, principi che si possono dire irrinunciabili quali la ricerca del bene comune, la solidarietà, l’attenzione attiva per gli ultimi, il rispetto per la vita, la responsabilità morale nell’esercizio della libertà. Molti di questi principi sono condivisi anche da persone che non sono credenti. Sono tanti i problemi che interpellano l’impegno e la presenza dei laici nella società.

L’impegno politico e la cura della città restano le forme più alte di carità altrettanto forte però deve essere la convinzione che la politica non si esercita solo nei luoghi di rappresentanza politica e nelle istituzioni.

La carità in politica si esercita nella cura della città, ma anche nell’amorevolezza verso le persone, verso le famiglie, verso i poveri e i deboli. E nell’impegno sociale, nella creazione di legami e azioni solidali e di cura, che si esercita quella tenerezza che allena alla pratica del governo e crea le condizioni per la formazione di una classe dirigente attenta e responsabile verso le persone e la comunità.

Sono convinto che un forte impegno sociale può aiutare a frenare la disaffezione alla partecipazione socio-politica. E grande il compito che ci si attende per ridare forza alla società civile e ridefinire il ruolo delle istituzioni politiche. Ricordiamoci che il sociale diventa il luogo privilegiato della testimonianza dei cristiani chiamati a costruire e a partecipare nuovi modi e nuove forme d’annunciazione e di liberazione.

Si è chiamati a rendere attuale, con il proprio comportamento, con l’impegno e con i fatti, il messaggio della Speranza cristiana attraverso l’ascolto, l’attenzione, l’incontro e il dialogo con le speranze degli uomini del nostro tempo. Siamo immersi in processi di complessificazione e frammentazione sociale che fanno emergere delusioni ma anche segnali di speranza che attendono di divenire realtà.L’azione dei cristiani deve pertanto orientarsi a ricercare, cogliere, valorizzare, custodire, costruire e alimentare i luoghi della speranza.

I luoghi che ritengo siano i terreni sensibili alla costruzione di un percorso di speranza su cui impegnarsi sul piano politico e sociale sono: il lavoro, la famiglia, il contrasto alle povertà e alle disuguaglianze, il superamento dei divari territoriali.

Il lavoro deve tornare ad essere centrale per la produzione di ben-essere per le persone, per la società e per un buon futuro.

La famiglia nel corso degli ultimi decenni, quelle italiane, sono state attraversate e interessate da rilevanti trasformazioni: nuovi modelli di convivenza si sono diffusi, sono cresciuti i divorzi e le separazioni, sono aumentati e sono cambiati i bisogni materiali e immateriali, è diventato più impegnativo e difficile il suo ruolo nella società. La famiglia non va solamente tutelata a livello economico e normativo, occorre pensare alla famiglia come soggetto.

C’è poi il problema della povertà. Se da un lato il mondo diventa più ricco, dall’altro diventa anche più diseguale tra e dentro i Paesi. Bisogna prendere atto che nuove forme di povertà sono tornate ad essere presenti anche in Italia. E la povertà non è semplicemente la mancanza di guadagni o di risorse finanziarie. C’è la mancanza di accesso ad una alimentazione adeguata, all’istruzione e al sistema sanitario, all’occupazione. all’informazione e all’impegno politico, ai servizi e alle infrastrutture.

Bisogna avere un quadro chiaro dell’interrelazione dei bisogni per impostare politiche efficaci. C’è da considerare il superamento dei divari territoriali sapendo però che le differenze tra Nord e Sud non si riducono alle sole questioni economiche c’è oggi il rischio che la divaricazione possa avvenire sul piano sociale e culturale. Bisogna rideterminare i nuovi tratti dell’unità nazionale che tenga conto delle differenze e delle peculiarità da inserire in un contenuto ancor più vasto rispetto a quello nostro italiano.

Sono solo degli esempi per citarne alcuni. Ce ne sono ancora tanti altri.

Ecco allora cosa viene chiesto ai cristiani: un impegno socio-politico. E bisogna avere coscienza e consapevolezza che la presenza bi-millenaria del cristianesimo ha lasciato tracce profonde nella cultura etica e sociale del nostro paese.

Circa l’impegno socio-politico dei cristiani ricordo che bisogna essere attenti alla dimensione e al sentire popolare della Chiesa. Non si tratta di rifiutare o restringere le istanze di rinnovamento, ma di inserirle in un percorso che orienti pazientemente quel cattolicesimo popolare molto diffuso nella nostra società verso la maturazione di un’esperienza cristiana più carica e vigorosa.

L’annuncio del vangelo non può mai essere separato dalle opere e queste si esercitano nella realtà sociale, nella politica e nelle istituzioni dove occorre essere presenti con le parole, i gesti e un "fare" che evidenzi la potenzialità del vangelo e della dottrina sociale della Chiesa.

E’ questo il tempo di superare i particolarismi, le chiusure, i piccoli recinti, per costruire percorsi di fraternità vera di comunione.

E’ pertanto necessario metterci in "rete" e "fare opere" con il desiderio di produrre frutti di rinnovamento sociale ed ecclesiale, una nuova visionarietà segnata dalla testimonianza. Occorre instaurare nuovi rapporti con la politica.

Intanto mi sembra giusto fare buona memoria dell’esperienza e della testimonianza che i cattolici hanno espresso nell’impegno politico-istituzionale cui oggi si vorrebbe guardare con sufficienza.

Una grande responsabilità spetta oggi ai laici cristiani. Se da un lato la Chiesa educa alla politica, sa bene anche che lascia ai laici la piena responsabilità e autonomia di decidere le forme e i modi in politica, sia in termini individuali sia organizzati.

Va fatta qualche precisazione ancora:

Ci si chiede: nello specifico come impegnarsi?

Ho trovato interessante una risposta data dal cardinale Carlo Maria Martini, allora arcivescovo di Milano, nel 1995 in occasione del Convegno delle Chiese d’Italia, a Palermo.

Giovanni Paolo II era ritornato a dire che "la Chiesa non deve e non intende coinvolgersi con alcuna scelta di schieramento politico o di partito, come del resto non esprime preferenza per l’una o per l’altra soluzione istituzionale che sia rispettosa dell‘autentica democrazia", aggiungendo però che comunque non si può "ritenere ogni idea a visione del mondo compatibile con la fede", né accettare "una facile adesione a forze politiche e sociali che si oppongono, o non prestino sufficiente attenzione, ai principi della dottrina della Chiesa sulla persona e sul rispetto della vita umana, sulla famiglia, sulla libertà scolastica, la solidarietà, la promozione della giustizia e della pace".

Il cardinale Martini si è espresso, invece, in merito all’impegno dicendo che:

Cosa si chiede, allora al politico cristiano? Uno "stile cristiano" di fare politica che si fonda sul Vangelo e che il cristiano che si impegna nell’attività politica non può non far proprio

Lo stile cristiano in considerazione della sfera politica, pensato al negativo proibisce:

Lo stile Cristiano sempre nell’ambito della sfera politica, pensato in positivo impone; il distacco dal danaro e un tenore di vita semplice e modesto;

Solo quando l’uomo saprà anteporre l’universalità alla parzialità, la collettività all’individualità, il solidarismo all’egoismo, solo allora sarà in grado di resistere alle manipolazioni e alle suggestioni che tanto indeboliscono la Democraziia.

Sac. Angelo Spilla
Parroco