Domenica, 16 Giugno 2024


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Niscemi, come ai tempi di Peppone e Don Camillo

(Tratto da: "Diocesi di Piazza Armerina") - Singolare la vicenda di una chiesa

Questa sarebbe una storia di campane, un pò alla maniera di Giovanni Guareschi, il fortunato autore di Peppone e Don Camillo, se non fosse che c'è anche un risvolto un pò singolare, che ha a che fare con la magistratura siciliana, la stessa che concede, nel nome del sacrosanto principio dell'utilità dei pentiti, la libertà di tornare a casa ogni mese e mezzo, a Giovanni Brusca (per chi non lo ricordasse, autore di decine e decine di omicidi, nonché "manina" che fece saltare in aria Falcone e il seguito e squagliò nell'acido il piccolo Giuseppe Di Matteo).

Ma ricordiamo i fatti, che risalgono a poche settimane fa. Su un quotidiano siciliano viene pubblicala, l’1 ottobre, la notizia che le tre campane della chiesa delle Anime Sante del Purgatorio di Niscemi, grosso comune in provincia di Caltanissetta ma diocesi di Piazza Armerina, confiscate dal pretore nel 1997 perché troppo rumorose, saranno... messe in vendita! È infatti questa la "risposta" che la prima sezione penale della Corte d'Appello di Catania, presieduta da Giuseppe Torresi, accogliendo l'istanza del sostituto procuratore generale Francesco Bua, dà a chi - vescovo di Piazza Armerina e nuovo parroco della chiesa Anime Sante del Purgatorio - ha chiesto la revoca della confisca e la restituzione delle campane.
Una vicenda intricata, risalente al 1994, quando un gruppo di cittadini niscemesi, stanchi di dover sentire frequentemente il suono delle campane, a loro dire assordante e fastidioso, si rivolse al pretore, che condannò l'allora parroco Nunzio Saita disponendo anche la confisca delle campane, "colpevoli" del reato di disturbo della quiete pubblica. Il parroco ricorse in appello, ma anche la Corte d'Appello lo condannò e rigettò anche la domanda del nuovo vescovo Mons. Michele Permisi, che aveva chiesto la restituzione delle campane: a doverla richiedere, infatti, secondo la Corte d'Appello avrebbe dovuto essere il legale rappresentante, cioè il parroco, quello nuovo, Pasquale Buscemi; ma anche questo atto sarebbe stato inutile, essendo ormai la confisca delle campane passata in giudicato e diventata definitiva. E dunque? Dunque, a quel punto le campane potevano essere messe all'asta nonostante il fatto che nel frattempo non solo fosse cambiato il parroco ma che il vescovo Pennisi avesse emanato un apposito decreto per regolamentare l'uso delle campane. In esso il presule stabiliva che il suono delle campane "deve essere regolato in funzione esclusiva dell'esercizio pubblico del culto", "va pertanto escluso per ogni altro scopo quale, ad esempio, la segnalazione delle cadenze orarie", 'Va regolato in modo da rispettare la vigente normativa volta a tutelare la quiete pubblica e privata" e cioè in modo da non superare i decibel previsti dalla stessa normativa, e, infine, va ristretto, con opportuna moderazione, all'annunzio delle funzioni e delle cerimonie religiose secondo le tradizionali cadenze" e solo in particolari circostanze - come per la festa del Patrono o per la Pasqua - è consentito uno scampanìo a festa ma tale sempre "da non arrecare fastìdio alla quiete delle persone".
"Precauzione non sufficiente, tuttavia, ad ottenere la revoca della confisca delle campane di Niscemi. n caso, a questo punto, investe direttamente l'assessorato regionale ai Beni culturali il cui titolare, Alessandro Pagano, dopo qualche indagine, interviene ricordando che la chiesa delle Anime Sante del Purgatorio è stata già da tempo dichiarata edificio monumentale ed è dunque sotto la tutela della Soprintendenza ai Beni culturali di Caltanissetta. "Ergo", le campane non possono essere rimosse e tanto meno essere messe all'asta. Anzi, non avrebbe potuto neanche confiscarle. Gli "strumenti" del reato resteranno perciò al loro posto.
Lieto fine, allora? Diciamo di sì, ma riflettiamo intanto sul fatto che in tutta la vicenda nessuno ha considerato che le campane erano e sono di comunità, che con la loro vendita sarebbe stata dunque privata di un "documento" storico e culturale importantissimo. Ci chiediamo poi in quale Sicilia, anzi in quale Europa, ci troviamo a vivere se è diventata importante una questione del genere, mentre le nostre coste e il nostro patrimonio storico ricevono da anni scempi e distruzioni di ogni genere e d'ogni gravità senza che alcuno senta il bisogno di "aprire un'inchiesta"; mentre le nostre strade, nei paesi come nelle città, sono dalla mattina alla sera sconvolte dal chiasso più assordante senza che nessuno intervenga mai a sequestrare macchine e motorini rumorosi; mentre assistiamo impotenti alla diaspora dei nostri giovani laureati che con i Beni culturali siciliani e col turismo potrebbero invece vivere e lavorare e progredire e rendere questa terra finalmente l'Eldorado sempre promesso e mai mantenuto... Ma ancora scherziamo con queste stupidaggini?

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