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L'impossibile integrazione dell'Islam ... secondo il Beato Charles de Foucauld - La testimonianza insospettabile di chi ha consacrato la sua vita al dialogo con i musulmani - di Massimo Introvigne
Sabato 06 Novembre 2010 10:10
Il Beato Charles de Foucauld (1858-1916) si è consacrato a lungo – prima di essere ucciso a Tamanrasset, in Algeria, nel 1916 – a testimoniare la fede cattolica presso i musulmani con la comprensione, l’amicizia e la testimonianza. Nessuno lo ha mai accusato di “islamofobia"preconcetta. La sua opinione sulla possibilità che un musulmano, rimanendo musulmano, possa diventare “veramente francese"(o tedesco, o europeo) è dunque insieme autorevole, perché deriva da una lunga esperienza dell’islam, e insospettabile. Trascrivo la parte centrale di una lettera inviata da Tamanrasset al suo futuro biografo René Bazin (1853-1932) il 29 luglio 1916, pubblicata in Bulletin du Bureau catholique de presse, n. 5, ottobre 1917 e riprodotta in numerose opere biografiche sul Beato. Certamente nelle opere del Beato si trovano alte espressioni di amicizia e di stima nei confronti di musulmani, apprezzamenti per espressioni specifiche della cultura islamica ed esortazioni alla pazienza e alla carità nei loro confronti. Esse - a scanso di equivoci - sono del tutto in linea con il Magistero della Chiesa e assolutamente condivisibili, ma non sono affatto in contraddizione con questo lucido giudizio, il quale tratta della diversa questione della possibilità di una vera e piena integrazione di un musulmano che rimanga musulmano nella cultura europea. È chiaro che si tratta qui della questione culturale dell'integrazione, a sua volta diversa dalla gestione politica di un "islam francese"(o italiano) cui le autorità pubbliche oggi sono comunque chiamate a fronte della presenza in Europa di un gran numero di musulmani. Questo testo è in qualche modo “l’ultima parola"del Beato sulla delicata questione dell’integrazione, essendo stato scritto sei mesi prima del suo martirio.
Nella corrispondenza con Bazin egli considera sbagliata “ogni politica che non miri a convertire i musulmani"alla vera fede cattolica, e ritiene che solo questa conversione possa trasformare “veramente"un musulmano in francese.
È anche interessante notare che nella stessa corrispondenza il Beato spiega che il passaggio dei musulmani al laicismo e al libero pensiero, “quello della Turchia”, non è una soluzione: ne nascerà “una élite che avrà perso ogni fede islamica ma che ne manterrà la prassi per potere attraverso questa influenzare le masse”; alla fine questa élite post-musulmana “si servirà dell’islam come di una leva per sollevare la massa"e attaccare l’Occidente. Far diventare i musulmani laicisti – la “soluzione turca"– dunque secondo il Beato non serve. Occorre senza reticenze proporre loro la conversione al cattolicesimo.
Ecco dunque la parte centrale della lettera del 29 luglio 1916:
“I musulmani possono diventare veramente francesi? In via eccezionale, sì; ma in maniera generale, no. Molti dogmi fondamentali della religione islamica vi si oppongono. Con alcuni di questi vi possono essere degli accomodamenti; ma con uno, quello del mahdì, non c'è spazio di mediazione.
Ogni musulmano (non parlo dei liberi pensatori nati musulmani e che hanno perso la fede) crede che, all'arrivo del giudizio finale, arriverà il mahdì che dichiarerà la guerra santa e stabilirà l'islam su tutta la Terra, dopo aver sterminato o sottomesso tutti i non musulmani. All'interno di questa visione di fede, il musulmano considera l'islam come la sua vera patria e ritiene che i popoli non musulmani siano destinati, presto o tardi, ad essere sottomessi da lui, o al massimo dai suoi discendenti.
Se è governato da una nazione non musulmana, egli considera questa situazione come una prova passeggera; la sua fede lo rassicura che ne uscirà e trionferà su coloro che al momento lo tengono sottomesso. La saggezza lo incita a subire questa sua prova con calma: “l’uccello preso in trappola che si dibatte perde le piume e si spezza le ali; ma se rimane tranquillo si ritroverà integro nel giorno della sua liberazione”, dicono. Per questo, i fedeli islamici possono preferire una nazione a un'altra, possono preferire la sottomissione ai francesi piuttosto che ai tedeschi, perché sanno che i primi sono più accondiscendenti; possono essere affezionati a questo o a quel francese, come si è affezionati a un amico straniero; si possono battere con grande coraggio per la Francia, con sentimento d'onore e carattere guerriero, con spirito di corpo e fedeltà di parola, come i soldati di ventura del XVI e XVII secolo.
Ma, in un senso più generale e salvo eccezioni individuali, finché sono musulmani, essi non saranno francesi, perché attenderanno, più o meno pazientemente, il giorno del mahdì, quando sottometteranno la Francia.
Da questo deriva il fatto che i nostri algerini musulmani sono così poco interessati a domandare la nazionalità francese: perché chiedere di far parte di un popolo straniero che, essi lo sanno, in futuro verrà irrimediabilmente sconfitto e sottomesso da quella stessa nazione alla quale loro stessi oggi appartengono?"
Massimo Introvigne