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Dalla parte della Famiglia
Sussidiarietà: un criterio essenziale per qualificare le politiche per la famiglia - (Editoriale)
Il convegno nazionale dell’AFI (Associazione delle Famiglie), tenutosi il 31 agosto scorso a Caltanissetta al quale ho partecipato con vero piacere, mi suggerisce di ritornare sul tema, non per ripetermi ma per aggiungere quanto, per ragioni di tempo, allora non ho detto.
A tale sollecitazione di agosto si aggiunge la notizia della costituzione, ormai prossima, nella nostra provincia del "Forum delle Associazioni Familiari", realtà alla quale guardo con simpatia, fiducia e speranza. E alla quale auguro un proficuo lavoro.
Ma andiamo al dunque.
La famiglia nonostante le tempeste culturali e sociali, specie quelle dagli anni sessanta in poi, ha mostrato la sua vitalità e capacità di adattamento.
Ed anche se fosse superficiale dire che il peggio è passato, non mancano però tentativi di recupero di forme tradizionali che si mescolano a ulteriori tendenze disgregatrici.
Una cosa comunque rimane chiara: la famiglia è rimasta una istituzione essenziale.
La persona umana entra nella società attraverso la famiglia; il primo esercizio della sua socialità naturale avviene nella famiglia. Per sua natura, l’essere umano, a differenza di altre specie animali è indifeso ed incapace di badare a se stesso per un certo periodo della propria vita. Il "farsi uomo" dell’uomo e quindi il suo "farsi cittadino" è un processo affidato in primis alla famiglia come società originaria e fondativi. La prima socializzazione e la prima educazione dell’uomo dipendono dalla famiglia.
La famiglia è stata, è rimasta ed è, la cellula madre della società.
Essa è la prima scuola di virtù morali e sociali, di cui appunto necessitano tutte le società.
Possiamo dire, senza timore di essere smentiti, che nonostante queste verità essenziali, da qualche decennio l’attacco alla famiglia è stato continuo, violento e subdolo, giuridico e massmediatico, sistematico e talvolta sottile.
Pensiamo al disprezzo del matrimonio, diffuso attraverso la letteratura, gli spettacoli, le arti.
Pensiamo a come è stata diffusa l’idea del matrimonio come realtà puramente convenzionale e culturale, frutto di un’epoca, e destinato ad essere superato con il tempo.
Pensiamo alle proposte di nuove modalità di unione della coppia "consone ai tempi", come il matrimonio temporaneo o ad esperimento o amichevole.
Pensiamo alla approvazione del divorzio ed al suo divenire mentalità e fenomeno di massa.
Oggi corriamo nuovi grandi rischi. Tutti, dopo l’ubriacatura sessantottina, parlano della famiglia e della sua difesa. Anche quanti in qualche modo hanno contribuito ad attaccarla nel recente passato. Il grande rischio è che la "questione famiglia" diventi uno slogan, una pura forma priva di significato, condivisa da tutti perché ognuno la immagina come vuole e la pensa come crede.
Provate infatti ad interrogare tanti proclamatori di slogan sul tema della indissolubilità, delle famiglie di fatto, sui matrimoni omosessuali, sull’aborto e vedrete quanti appunti e quanti distinguo, anche in ambiti che dovrebbero brillare per chiarezza.
E i "distinguo" magari in nome della "tolleranza". Così in nome di essa, parola "magica", vera e propria parola "talismano", una patologia sessuale, si vorrebbe elevarla a norma morale e giuridica.
Noi non possiamo tacere come alle tante povertà da tutti conosciute, oggi siamo di fronte a nuove povertà delle quali occorre occuparsi. I figli dimezzati e disperati di matrimoni andati in fumo, i tanti mariti e le tante mogli abbandonati alla loro solitudine, le cui uniche compagnie sono l’alcool e la droga. I tanti minori in difficoltà lasciati per strada dalla dimissione pratica degli istituti di beneficenza. E poi la solitudine, tanta solitudine creata da un mondo che tanto aveva promesso e poco o nulla ha saputo offrire.
Forse da un Assessore Regionale al Bilancio ci si attendono riflessioni di carattere economico sugli incentivi alla famiglia o una meditazione sullo Stato assistenziale che va e il nuovo Stato sociale che viene.
Ma ho voluto innanzitutto scrivere da "padre" di quattro figli, da "genitore e marito". Ho voluto riflettere a voce alta da "educatore" visto che sono un docente, da "uomo" preoccupato e al tempo stesso consapevole che il problema economico non è la prima e unica questione per la maggior parte delle famiglie italiane ma la grande questione morale la precede e di tanto.
Dopo l’èra dello Statalismo occorre attivare una vera politica che rispetti il principio di sussidiarietà: ciò che la famiglia o le associazioni di famiglie possono far da sole lo facciano, la funzione dello Stato è sussidiaria.
Occorrerà ovviamente guardare alle famiglie numerose, non come a realtà da combattere, ma a nuclei da aiutare e da incentivare.
Occorre lanciare una serie di politiche tariffarie favorevoli alle famiglie, sostegni alla genitorialità guardare ai tempi sociali e ai tempi della famiglia. Costruire poi un’autentica parità scolastica, tra scuola pubblica statale e scuola pubblica non statale, è ormai irrimandabile.
Avviare a tutti i livelli una profonda riflessione sulla positività degli strumenti televisivi e su internet ma con coraggio e intelligenza meditare anche sui rischi che comportano per una crescita autentica e completa dei nostri figli.
Due contrapposte concezioni della famiglia ancora oggi si scontrano: dobbiamo lavorare per far vincere quella che non sia figlia dell’utopia e della menzogna, che sono l’eredità che abbiamo ricevuto dal tempo sempre più lontano delle ideologie.