Giovedì, 06 Giugno 2024


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Intervento dell’On. Alessandro Pagano all'Assemblea Annuale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili

 

 

Prima riflessione

L'opposizione, nella sua contrapposizione globale e ininterrotta al governo, ha costantemente denunciato una duplice incapacità dell’esecutivo: quella di non saper individuare rimedi per reagire alla gravissima recessione e quella di  non saper/voler ridurre l'evasione fiscale che sarebbe comprovata dalle dimensioni incalcolabili di un’ economia sommersa.


 

La maggioranza, nonostante sia stata accusata di monopolizzare l’informazione, non è riuscita a dare sufficiente voce alle proprie difese, anche se non sarebbe stato difficile spiegare che le due accuse della minoranza sono tra loro contraddittorie: se le dimensioni del sommerso fossero veramente quelle gridate dalle pagine dei giornali, non ci sarebbe la recessione. Se invece la recessione fosse veramente quella che la minoranza denuncia, l'economia sommersa non potrebbe certo avere le dimensioni che vengono sbandierate.

Seconda riflessione

La verità, come i commercialisti sanno bene, è che in Italia c'è un notevole dinamismo economico, c'è domanda interna in molti settori e c'è anche domanda estera per quei prodotti italiani di alta qualità. Ciò che manca è la liquidità. In particolare le banche non danno credito alle imprese in ossequio alle regole dettate dalle banche centrali e dai parametri europei.

L’effetto di questa situazione è che imprese che hanno superato o potrebbero superare la crisi economica avendo ordini di clienti in portafoglio, non possono dare seguito agli ordini per mancanza di credito.

Terza riflessione

Non di rado concorrono alla mortalità dell'impresa anche la rigidità della riscossione fiscale e la severità con cui si tende a qualificare come evasione da riscossione il mancato versamento di tributi per indisponibilità finanziaria.

L'omesso versamento sanzionabile in via amministrativa e penale è punito in pratica più severamente dell’infedele dichiarazione che ha fruito fino, a qualche tempo fa, della riduzione a 1/8 delle sanzioni.

Quarta riflessione

In un simile contesto non mancano momenti di panico e di perdita di lucidità. Invece di individuare con fermezza e freddezza i fattori di criticità fiscale, maggioranza e opposizione da fronti contrapposti evocano radicali riforme fiscali a mo’ di panacea.

Non si varerà alcuna vera riforma fiscale finché non si avrà il coraggio culturale di affermare che non esiste una sola idea di fiscalità, ma sono possibili tanti modelli di fisco quanti possono essere i modelli di Stato.

La fiscalità italiana è affetta da socialismo, da egualitarismo, da “filosofia del sospetto”, da perfezionismo, da “ipertrofia normativa”.

La vera riforma fiscale di cui l'Italia ha bisogno è quella di una fiscalità sussidiaria, ma prima bisogna passare per una moratoria fiscale: il blocco delle norme, con la sola eccezione delle norme di  manutenzione conseguenti al monitoraggio dell'esistente. Solo interventi correttivi di vera semplificazione potranno ridare certezza al diritto, migliorando le norme già esistenti.

Quinta riflessione

Norme più efficienti e amministrazione pubblica più efficiente.

Nonostante le criticità croniche della fiscalità, l’amministrazione fiscale italiana è oggi al pari, forse superiore, a quella degli altri Stati.

L’Agenzia delle Entrate, in particolare, ha fatto cambiamenti che potrebbero essere presi a modello dalle grandi imprese private.

Perché l’Agenzia possa perseguire l’obiettivo strategico ultimo, quello della tax compliance occorre però che il ministero dell’Economia non la vincoli più  con gli obiettivi monetari.

Per crescere in efficienza strategica, occorre che l’efficacia dell'obiettivo monetario non dipenda da politiche legate ad accertamenti e “ganasce fiscali”.

Occorre mutare gli obiettivi, assegnando all’Agenzia delle Entrate obiettivi a medio termine di incremento del gettito spontaneo frutto di un’amministrazione fiscale credibile ed equilibrata.

Sesta riflessione

La pretesa impositiva dovrà essa stessa diventare più equilibrata e meno oppressiva: solo alleggerendo il prelievo si potrà aumentare il gettito.

Se l'iceberg del sommerso esiste, allora proviamo a lasciarlo emergere alleggerendo il peso fiscale. Il contribuente si troverà disincentivato ad evadere, verserà meno di quello che gli si chiedeva prima e che spesso non ha mai versato.

Bisogna invertire il vecchio slogan socialista “pagare tutti per pagare meno”, in un nuovo slogan liberista “pagare meno per pagare tutti”.

I dottori commercialisti sono in questo momento realmente “utili al Paese”, come recita lo slogan dell’Assemblea odierna, e proprio perché sono utili al Paese devono sostenere una grande battaglia culturale di tipo antropologico.

In atto c'è un fermento culturale piuttosto vivo, in cui si vogliono emulare i modelli sociali di altri Paesi, specie del nord Europa perchè si ritengono moderni e sviluppati, rispetto ai modelli italiani giudicati invece retrogradi:

1) Si pensi alle Aziende di grandi dimensioni. Per anni si è affermato che le nostre PMI fossero troppo piccole per reggere il confronto internazionale e per anni si è cercato di sconquassare il sistema delle micro, piccole e medie imprese cercando di ingigantirle, come se fosse un'operazione da fare a tavolino.

I fatti hanno dimostrato invece che le nostre PMI hanno nicchie di mercato mondiale fantastiche. Esse reggono le sfide del mercato proprio perchè sono aziende familiari molto flessibili.

2) Si pensi al prelievo  fiscale assurdo  (+ 8 volte dal 1972 al 2000) che si è voluto altissimo al fine di aumentare le entrate statali. Le quali poi dovevano sostenere il  Welfare State.

Dopo 40 anni di tasse esagerate l'esperienza ci ha detto invece che bisognava perseguire un'altra strada, quella della nostra tradizione, e cioè la SUSSIDIARIETA'.

3) Si pensi alla delocalizzazione. Per anni ci hanno detto che le nostre imprese per restare competitive dovevano andare là dove il costo della manodopera costasse meno. Dopo 10 anni di risultati non particolarmente avvincenti  si sta comprendendo il fallimento di quelle politiche e le imprese italiane stanno ritornando in Italia. Le PMI sanno essere competitive anche dentro i nostri confini.

4) Si pensi a quanti volevano trasformare la nostra economia da manifatturiera in finanziaria (tentativo fallito grazie al buon senso degli imprenditori italiani).

5) Si pensi a quanti volevano trasformare il sistema bancario italiano da locale a  Universale Internazionale con il risultato che tali banche hanno perso il contatto con il territorio. E se oggi non avessimo avuto le piccole, ma gloriose, Banche di Credito Cooperativo il sistema sarebbe ancora più in difficoltà.

6) Si pensi a quanti hanno immaginato di creare PIL a danno delle famiglie, mediante un sistema finanziario che tendeva ad indebitare le stesse. Esperimento quest’ultimo fallito grazie alla recente legge sul credito al consumo.

I commercialisti devono dire no a questa tendenza disordinata e sostenere norme che abbiano a cuore la difesa del nostro ethos nazionale.

Roma, 25 maggio 2011

Auditorium Conciliazione, Ore 9.30  

 

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