Domenica, 16 Giugno 2024


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IL FALLIMENTO DELL'OCCIDENTE HA FAVORITO L'INSTABILITA'

 

 

 

 

 

Molti mi chiedono spiegazioni su quanto sta succedendo in medio oriente e nel mondo arabo dopo le cosiddette "primavere arabe".


Capire quello che è successo non è uno sterile esercizio intellettuale ma una intelligente attenzione di ciò che accade dietro casa nostra e che potrebbe riguardarci da qui a breve. 

Il nostro capogruppo in commissione esteri, Fabrizio Cicchitto ha elaborato uno scritto sintetico ma anche completo e comprensibile  a vantaggio di  tutti

Ve lo propongo come lettura del fine settimana.

 Un mondo di bene.

Alessandro Pagano

IL FALLIMENTO DELL'OCCIDENTE HA FAVORITO L'INSTABILITA'

Vista la drammatica situazione attraversata dalla maggioranza dei Paesi dall’altra sponda del Mediterraneo  è indispensabile aprire su tutto ciò una riflessione critica e autocritica. Anche per ciò che riguarda quest’area del mondo non si può fare a meno di rilevare che dopo il crollo del comunismo non è affatto “finita la storia” , ma il minimo che si può dire è che esistono molteplici versioni religiose e politiche dell’islamismo,e che alcune di esse esprimono durissime tendenze eversive che si stanno moltiplicando anche per una serie di errori commessi dall’Occidente .

C’è stata una versione del tutto ottimista e acritica delle primavere arabe: la caduta dei dittatori avrebbe sicuramente determinato libertà, progresso economico e democrazia, specie secondo i maitre a’ penser vicini ad Obama. Così non è stato, anzi, talora è avvenuto l’opposto.

Poi c’è il ruolo svolto dagli errori politici. In Iraq, mentre Bush padre segui una linea ragionevole, Bush figlio, abbattendo Saddam, mettendo fuori legge il Baath e sciogliendo l’esercito ha provocato l’esplosione del terrorismo sunnita, ha consegnato il potere agli sciiti e quindi ha involontariamente favorito l’Iran. Ormai la situazione in Iraq è a tal punto andata fuori controllo che è emersa una nuova forza di jihadismo selvaggio (l’Isil) che si intesta l’ipotesi di un califfato dotato di una carica così aggressiva da arrivare “fino a Roma”. Non parliamo poi degli errori che hanno caratterizzato la “gestione” della Libia e della Siria. Per un verso si è seguita una linea fondata su due pesi e due misure: fu deciso su impulso americano, francese e inglese che bisognava eliminare Gheddafi con un intervento militare massiccio mentre non fu appoggiata la rivoluzione siriana malgrado che, nella prima fase, essa fosse espressa da forze positive e democratiche. Il risultato è stato catastrofico: in Libia attualmente c’è un collasso dello Stato e gli islamisti, armi alla mano, impediscono alle forze laiche che hanno vinto le elezioni di poter governare il Paese. In Siria si è di fatto favorito il recupero di Hassad, sostenuto dalla Russia, mentre fra le forze ribelli stanno prevalendo quelle estreme, sostenute dal Qatar. In Egitto, per tutta una fase, gli Usa hanno appoggiato la Fratellanza Musulmana che però è fallita nella gestione del governo per cui, dopo grandi manifestazioni popolari, è tornato al potere l’esercito, guidato dal generale Al Sisi, con la possibilità in futuro di un percorso democratico. Dopo il crollo dei dittatori e la crisi delle primavere arabe l’unica possibilità positiva è che Usa e Unione Europea sostengano la linea relativamente moderata seguita dall’Egitto, dalla Giordania, dall’Arabia Saudita e dagli Emirati Arabi. Invece vanno contrastate le tendenze integraliste portate avanti dall’Iran, dal Qatar e purtroppo dalla Turchia che allo stato stanno sostenendo e utilizzando le spinte estreme espresse dalla Fratellanza Musulmana nelle sue varie diramazioni  in Egitto,in Libia e in Palestina. A maggior ragione tutto ciò vale per ciò che riguarda il dramma palestinese- israeliano. Lì per un verso sono trascorsi mesi interi di trattative inconcludenti, senza un aiuto incisivo alle forze palestinesi guidate da Abu Mazen e neanche senza condizionare realmente Israele per ciò che riguarda gli insediamenti. Poi, proprio in questi giorni, in un momento cruciale delle trattative, il dipartimento di Stato ha sostenuto proposte che andavano bene alla catena Hamas- Qatar- Turchia-Iran e ciò ha provocato non solo la reazione di Israele, ma anche degli altri Paesi Arabi. Fortunatamente questo gravissimo errore è stato corretto da Obama, ma esso ha contribuito a lasciare la situazione allo sbando con le conseguenze tragiche che vediamo. Dal dramma di Gaza non si esce se non viene adottato il piano egiziano, se Gaza non viene smilitarizzata e quindi restituita ai Palestinesi, ed essi non devono essere costretti a essere lo scudo delle iniziative terroriste di Hamas e l’oggetto della reazione durissima di Israele


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